Guardare le nuvole per conoscersi

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I'm only looking just to live through you vicariously

I've never really been in love, not seriously

I had a dream about a house behind a picket fence

Next one I choose to trust, I hope I use some common sense

-People watching, Conan Gray

Gli angeli volavano veloci, così tanto che poteva sembrare che fermassero il tempo ma quello che stava avvenendo in quel momento era molto distante da quella sensazione. Non seppero per quanto tempo rimasero così fermi, mani contro mani e occhi dentro occhi. Sembrava che si fossero ritrovati dopo secoli di ricerche. Eppure, il destino aveva mosso i suoi fili fino a farli incontrare. Stare vicino a Kaye per Azrael era qualcosa di riparatore, il dolore che provava si affievoliva. Guardare i suoi occhi era come immergersi in un prato in piena primavera, non sapeva come definire quei sentimenti. Non aveva mai provato nulla del genere. Doveva capirlo dalla prima volta che si erano guardati che c'era qualcosa che li legava, qualcosa di più profondo e oscuro del marchio che le aveva lasciato Azrael.

Il loro incontro, così innaturale che ancora non aveva distrutto l'intero universo. Quanto pesava nella bilancia della morte una vita strappata alle sue mani? L'angelo pensò che nonostante quella quiete non poteva permettersi distrazioni, dopo quei mesi poteva accadere di tutto. Pensandoci bene, se il mondo fosse finito in quell'esatto momento lui non se ne sarebbe neanche accorto, era impegnato a guardare Kaye che gli sorrideva.

«Hai fame? Puoi salire se ti va e mangiamo qualcosa insieme, gamberi e zucchine possono piacerti?», gli propose e Azrael dovette risvegliarsi dalla sua trance.

Annuì e lei lo prese per mano per poi trascinarlo in casa. «Perdona il disordine, non pensavo di avere ospiti», gli sorrise gentile.

«Non preoccuparti, sono arrivato senza alcun preavviso e senza un dono, sono davvero pessimo», abbassò lo sguardo.

Kaye si fermò all'istante, senza lasciare la sua mano alzò la testa per incontrare i suoi occhi azzurri. «Non sapevi di dover essere a casa mia oggi, quindi non preoccuparti».

Azrael annuì e si guardò attorno, non aveva mai visto una stanza così colorata e disordinata. Si sedette sul divano con le mani tra le cosce mentre curioso continuava a guardare. Socchiuse gli occhi per guardare meglio, notò che le pareti erano state appena tinteggiate, poteva sentire ancora l'odore della vernice. Guardò chiudendo gli occhi a fessura e rimase sorpreso di trovare parole in enochiano su tutta la stanza, si sporse verso il corridoio e notava che le scritte continuavano anche in quella direzione. Si chiese cosa avesse fatto Kaye in quei mesi. Prima di volgere lo sguardo verso di lei una parola catturò la sua attenzione. Accanto alla finestra risaltava: "Munkar e Nakīr", da quanto non sentiva quel nome, saranno stati secoli che nessuno lo chiamava in quel modo.

«Immagino che tu abbia fatto ricerche su di me», si alzò per raggiungerla.

«Forse un pochino angioletto», Kaye sorrise aprendo il frigorifero e cercando qualcosa.

«Sarei molto curioso di sapere cosa hai scoperto», la incalzò con un sorrisetto.

«Tutto e niente, quello- indicò il graffito più vicino- è uno dei tuoi nomi, ho pensato che così sarei riuscita a contattarti in qualche modo, se giri per casa penso tu possa trovarli tutti. Ho provato e provato a mettermi in contatto con te per settimane, ma non riuscivo mai a chiamarti, erano solo emozioni quelle che riuscivo a percepire.», iniziò a cucinare con aria assente, non si vergognava di aver passato la maggior parte del suo tempo libero a cercare di capire come funzionasse il legame tra loro, ma ora era a disagio.

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