25. Prigionia

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Non c'è niente di più facile che condannare un malvagio,
niente di più difficile che capirlo.

Fëdor Dostoevskij



Marah


Sono sicura di avere le allucinazioni.

Immobile come una statua di sale, non riesco a muovermi. Sbatto più volte le palpebre, ma ogni volta che riapro gli occhi, Leyla è sempre lì.

«Marah, che ti hanno fatto?»

La figura di fronte a me mi stringe forte e poi mi scuote come se cercasse di farmi uscire dal mio stato di trance.

No, non può essere vero...

La visione appoggia le mani ai lati del mio viso, fissando il suo sguardo nel mio.

«Sono io» sussurra.

Sollevo le mani per toccare le sue braccia. «Leyla?» chiedo mentre i suoi palmi caldi sulle mie gote fanno scomparire ogni dubbio.

«Leyla!» esclamo sperando con tutta me stessa che sia reale.

«Sì, Marah, sono io!» ripete stringendomi forte in un altro abbraccio che ha il sapore di tutte le cose perdute adesso ritrovate.

«Mi dispiace» mormora, «non dovresti essere qui».

Io invece sono felice di essere con lei. Non m'importa se siamo all'inferno: se lei è con me, posso sopportare tutto, anche che mi lacerino l'anima, più di quanto non lo sia già.

Entrambe versiamo lacrime sul viso dell'altra, mentre ci soffochiamo di baci, ma dura poco, perché all'improvviso non sento più il conforto della stretta della mia amica.

Qualcuno l'ha allontanata di forza da me. Tra le lacrime che offuscano la mia vista, riconosco Ibrahim alle sue spalle.

«Leyla, basta! Ora ritorna subito in camera tua!» le ordina senza smettere di guardarmi negli occhi con una strana espressione che non riesco a decifrare.

«An- ancora un mo- un momento...» balbetta la mia amica scossa dal pianto.

«Sta arrivando il capo» l'ammonisce suo fratello, questa volta con un po' di dolcezza. «Sai che se ti trova qui sono guai...»

Leyla si porta le mani sulla bocca come una bambina spaventata; mi guarda per qualche secondo come se le costasse tanto lasciarmi, ma poi abbassa lo sguardo e, con un ultimo gemito che rimbomba nella stanza, esce allontanandosi di corsa.

Con una mano mi asciugo le lacrime e solo in quel momento avverto lo sguardo di Kam su di me: l'uomo è sempre stato al mio fianco, spettatore silenzioso di quel momento che è bastato a lenire tutte le ferite del mio cuore.

Sollevo lo sguardo appena, ma quando incrocio i suoi occhi così gelidi, lo distolgo subito e torno a nascondere ogni mia emozione.

Quale sarà il mio destino ora? Ho ritrovato la mia amica, ma siamo entrambe prigioniere senza possibilità alcuna di poter fuggire.

Mentre rimugino sugli ultimi eventi, un rumore di passi attira la mia attenzione.

«Saif, ch'è successo?»

Nel momento stesso in cui risollevo il mio sguardo, mi ritrovo di nuovo davanti il volto orribile dell'assassino di Niklaus.

«È fuggita!» urla ai suoi compagni mentre entra nella stanza.

Heart Blast - Un'esplosione nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora