26. Faro nella tempesta

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Quando si fosse fatto buio, avrei sempre potuto orientarmi con la luce del faro.

Ernest Hemingway


Marah


Rimango ferma con gli occhi puntati sulla porta.

La vista offuscata dal pianto, il respiro soffocato, il cuore che batte all'impazzata, il petto che si alza e si abbassa per recuperare aria.

Non provavo più nulla da giorni, mentre ora mi sento di nuovo sopraffatta.

La mia pelle brucia dalla testa ai piedi al ricordo di essere appena stata a stretto contatto con il corpo di quell'uomo per la seconda volta. No, non è disgusto, al contrario una sensazione del tutto familiare.

Troppe volte avevo rievocato nella mia testa il nostro primo incontro al museo, quando mi aveva scambiata per Lana, eppure uno strano senso di nausea mai provata prima mi monta nello stomaco, misto a una rabbia del tutto inattesa.

È vero: in questi giorni non ho pianto perché mi ero come spenta per non soffrire e per non pensare alla morte terribile di Niklaus. Ho smesso di pregare e di cercare di ritrovare la mia forza in Dio. Ero così stanca del mio dolore che ho perso perfino la voglia di vivere, ma solo Kam è riuscito a sbloccarmi e a far riemergere tutto.

Ma il modo in cui l'ha fatto... Come posso accettare di essere trattata così?

E come posso accettare questa folle prigionia?

Non è da me rispondere alla violenza con altra violenza, ma se quel terrorista voleva una reazione, allora l'avrà.

Mi alzo in piedi e afferrando la maniglia prima che possa rinchiudermi di nuovo a chiave, tiro forte verso di me.

Lui è ancora lì dietro l'uscio, ma dalla sua espressione sembra quasi che mi stesse aspettando.

Gli tiro uno schiaffo per cancellargli il ghigno soddisfatto sulla faccia, pur sapendo che riuscirà a schivarlo con una sola mossa, ma al contrario non lo fa.

Continua a guardarmi divertito, come se gli avessi fatto semplicemente il solletico.

Vorrei dargli una seconda sberla, ma temo di sembrare ancora più ridicola. Inoltre, la mano mi fa un male cane, sia per aver stretto con troppa foga la maniglia, sia per l'impatto con la sua mascella volitiva.

Con una rapida occhiata, cerco di guardare oltre le sue spalle per capire se vi siano vie di fuga. So di non essere agile come Lana, ma l'istinto ha preso ormai il sopravvento. Se lei è riuscita a fuggire, forse posso farcela anch'io.

«Cosa pensi di fare?» mi domanda come se mi avesse appena letto nel pensiero, mentre con le braccia appoggiate ai lati della porta, mi sbarra il passaggio.

Questa volta la sua espressione è seria.

Cerco di fermare le lacrime che inondano il mio viso, ma ormai sembra che il mio slancio di poco prima abbia prosciugato tutte le mie ultime energie.

Le mie ginocchia tremano e, per non ritrovarmi a terra, sollevo le braccia per appoggiarmi alla prima cosa che ho davanti.

La testa mi gira forte, probabilmente perché non metto nulla nello stomaco da giorni, così chiudo gli occhi e per qualche secondo perdo del tutto la cognizione dello spazio. Sbatto contro qualcosa di solido, ma non capisco se sia ancora in piedi o stesa per terra.

Mi reggo forte a qualunque cosa riescano ad afferrare le mie mani e quando provo a riaprire gli occhi, mi ritrovo tra i pugni chiusi la maglietta di Kam e la faccia incollata al suo petto granitico.

Heart Blast - Un'esplosione nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora