20. Sospetti

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Io sono del mio amato
e il suo desiderio è verso di me.
Vieni, amato mio, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
Di buon mattino andremo nelle vigne;
vedremo se germoglia la vite,
se le gemme si schiudono,
se fioriscono i melograni:
là ti darò il mio amore!

Cantico dei Cantici 7, 11-13



Marah

Sono immobile da parecchi minuti, mentre nella mia testa rivivo le immagini di ciò che è successo nell'ufficio di Lana con quell'uomo sconosciuto.

Mi focalizzo su tutti i dettagli, anche se ripercorrere all'indietro ogni istante, fino al momento in cui ho sentito le sue mani su di me, mi fa sentire doppiamente colpevole.

Vorrei dimenticare quello che è successo, trovare una giustificazione a quelle sensazioni contrastanti che ho provato, ma è impossibile.

Cerco di dimostrare a me stessa che non ho fatto nulla di male: ho dovuto mentire, e soprattutto ho lasciato che quell'uomo mi mettesse le mani addosso perché volevo scoprire a ogni costo cosa nascondesse la dottoressa Marchenko, con il risultato di essermi solo cacciata in una situazione più grande di me.

Ma cosa avevo in testa in quel momento da non rendermi conto del pericolo che potevo correre?

Sono stata imprudente e oltremodo avventata.

Ora quell'uomo sa che io so e dubito che me la farà passare liscia: ricordo bene il suo sguardo minaccioso, i suoi occhi profondi e tenebrosi come due pozzi neri.

Eppure, il suo tocco non è stato lascivo; non si è spinto oltre i limiti; non mi ha palpeggiato come avrebbe fatto un uomo viscido con intenti perversi. Le sue carezze non mi hanno disgustato: erano delicate, forse anche troppo, al punto che ho quasi avvertito la sensazione che quei suoi gesti fossero forzati, finti.

Aveva fretta di avere quella statuetta e basta. Non gli interessava di Lana, né di fermarsi con lei più del tempo necessario.

Mi soffermo su questo particolare più del dovuto, non riuscendo a spiegarmene il motivo.

Le sue mani su di me, non significavano nulla... nulla...

Rivivo quella scena mille volte, come se fosse ancora reale, aggrappandomi a ogni appiglio pur di giustificarmi per non averlo fermato.

Ma il punto è: lo avrei fermato se mi avesse molestato sul serio? O avrei continuato a rimanere inerme permettendogli di continuare?

Quando si è reso conto dell'errore, lui per primo si è allontanato da me.

Per una frazione di secondo ha esitato, ma mi è bastato per non lasciarmi sovrastare dalla paura.

È stato solo un attimo, quasi impercettibile, che la mia parte più istintiva ha colto subito.

Avrebbe dovuto terrificarmi dalla paura, ma i suoi occhi magnetici mi hanno come ipnotizzato. È per questo che non ho avuto la forza di reagire?

Avrei dovuto?

Possibile che in me non è scattato neanche un briciolo di quell'istinto di sopravvivenza che ti spinge a lottare? A non rimanere così passiva?

I pensieri frullano nella mia mente passando da un'ipotesi all'altra, su ciò che avrei dovuto fare o non fare.

Ora cosa succederà?

È possibile che anche Lana saprà che sono a conoscenza dell'esistenza di quella statuetta. Questo ora cosa implicherà?

Heart Blast - Un'esplosione nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora