Una luce bianca invase i miei occhi che stavano piano piano cercando di aprirsi.
Un odore di lattice, disinfettante e sterilizzante mi pervase le narici.
Spostai la testa verso sinistra cercando un qualche cosa di familiare ma davanti a me solo un muro bianco spezzato orizzontalmente da una linea azzurra cielo.
DIN DIN DIN
sentii un rumore alle mie spalle e mi girai sentendo un dolore allucinante alla testa si espanse lungo tutta la spina dorsale.
Al braccio vidi un ago che era collegato ad una macchina che monitorava il mio cuore che molto probabilmente aveva smesso di funzionare.
Mi posizionai dritto su quel lettino bianco latte cercando una posizione che alleviasse quel dolore atroce, le mie braccia non rispondevano quindi mi spostai usando esclusivamente il busto.
Sopra di me un soffitto bianco che racchiudeva tutta quella situazione assurda assieme a quelle pareti.
Mi sentivo stordito e non riuscivo a capire a pieno cosa stesse succedendo, che ero in ospedale ne ero certo, di come ci ero arrivato no.
Paradossalmente è assurdo non sapere dove ci si trova ma è altrettanto assurdo sapere che era il luogo giusto dove sentivo di dover stare in quel momento.Entrò un uomo vestito di bianco con in mano un piccolo Taquino.
"Gabriele, ben svegliato"
Mi disse andando a controllare il macchinario.
"Perché sono in ospedale?"
Chiesi girandomi verso di lui seguendolo con gli occhi.
"Sei finito in rianimazione, avevi così tanta droga in corpo che non pensavamo che ti potessi svegliare".
Abbassai lo sguardo nascondendomi nella vestaglia azzurra che mi avevano messo e qualche lacrima iniziò a scendere, mi vergognavo come un ladro ed ero davvero deluso da me stesso, stavo per uccidermi.
" devo avvisare..."
Dissi alzandomi di colpo catturando l'attenzione del medico.
"Fermo fermo, sono qua fuori ad aspettarti"
Mi rispose invitandomi a ristendermi sul lettino.
Avrei voluto avvisarli, avrei voluto alzarmi per andare da loro ma oltre all'uomo che mi fermo' iniziai a provare un senso di vergogna talmente tanto profondo da risucchiarmi completamente incatenandomi a quelle 4 gambe di plastica.Attesi sdraiato per quasi un ora quando la porta si aprì di colpo.
Davanti a me si presentò Alice e dallo scorcio della porta potei vedere zia Rachel che dormiva sulla spalla di zio Rick, anche lui intento a dormire su quelle sedie bianche classiche nelle stanze d'attesa.
"Gabriele..."
Le sue guance iniziarono a bagnarsi di lacrime mentre si avvicinava a me con paura.
Davanti a lei mi sentivo così piccolo e fragile, era solo pieno di vergogna e non riuscivo a non darlo a vedere.
"Per favore esci"
Le dissi a bassa voce cercando di camuffare i miei singhiozzii.
Continuò ad avvicinarsi e si sedette su un piccolo sgabello e si mise di fianco a me.
"Perché?"
Mi chiese asciugandosi gli occhi
"Perché cosa?"
Chiesi confuso tenendo sottocchio la macchina collegata al mio braccio.
"Perché hai cercato di ucciderti"
Io non ho cercato di uccidermi, non ci ho minimamente mai pensato e sapere che pensava un qualcosa del genere su di me mi distruggeva dentro.
"Cosa stai dicendo"
Risposi innervosito
"Ti ho visto sul divano, con quella schiuma che ti usciva dalla bocca e ho pensato solo al peggio"
"Non voglio togliermi la vita, è una cosa assurda, non permetterti mai più di dirmi una cosa del genere"
Spostai lo sguardo dai suoi occhi evitandoli completamente.
Mi prese la mano ed iniziò ad accarezzarmela.
"Non serve arrivare a tanto, se hai bisogno di parlare ci divide solo una stanza in casa, non sono nemmeno 7 metri"
Non parlavo con qualcuno dei miei problemi da un bel po' e non avrei sicuramente iniziato a farlo proprio ora perché l'altra persona non avrebbe fatto altro che giudicarmi.
"Non ne ho bisogno"
Risposi freddo togliendo la mano.
Il suo volto si riempì di tristezza, incrociò le gambe abbassando la testa, notai le sue guance diventare rosee e una ciocca di capelli le taglio' il viso in due parti.
Non volevo farla sentire in colpa per quella situazione, ero io, non gli altri e lei non avrebbe dovuto intromettersi ma d'altronde era solo preoccupata e sconvolta.
"Non serve affrontarlo in questo modo il dolore"
Mi disse alzando gli occhi che stavano annegando in acqua salata.
Cosa ne poteva sapere lei di dolore?del mio dolore, di quello che avevo passato e che dovevo affrontare.
"Cosa ne vuoi sapere te Alice di questo tipo di ferita"
Le dissi colpendola con lo sguardo.
"Non significa che se non mi sono mai drogata non posso conoscere il dolore che ti ha spinto verso quella strada, ci sono modi diversi di affrontarlo"
Mi rispose innervosita stringendosi la felpa con le mani.
"Io ho deciso di drogarmi invece, non riesco a fare nient'altro, sono dannatamente soffocato dentro me stesso che non riesco a respirare se non aspiro qualcosa, non riesco a rimanere concentrato se non assumo qualcosa, non riesco a vivere senza drogarmi".
Mi guardò con gli occhi spalancati e si spostò quella ciocca che aveva davanti al naso dietro alle orecchie.
Si alzò dolcemente sistemandosi la felpa portandosi i capelli dietro alle spalle, si avvicinò lentamente a me e mi accarezzò una guancia.
"Non serve mostrarsi sempre forti"
Quella frase, cosi corta ma così intensa mi colpì in pieno petto e dopo questo lancio uscì dalla porta lasciandomi galleggiare su quelle parole come un marinaio alla deriva.Rimasi a fissare il soffitto da solo quando entrarono Rachel e Rick che corsero verso di me.
"O mio dio, pensavo di morire, non farlo mai più ti prego"
Rachel mi abbracciò così tanto da farmi risentire quel dolore allucinante ed emisi un verso di dolore
"Ai"
Si allontanò da me scusandomi e immediatamente Rick si inginocchiò ai piedi del lettino piangendo.
Mi sentivo davvero uno schifo per aver provocato tutto quel dolore in famiglia, sapevo che avevano altro a cui pensare e di certo non ero stato d'aiuto.
Restammo molto a parlare e più li vedevo guardare la macchina preoccupati più il mio cuore sprofondava ma d'altronde è stata tutta colpa mia, avrei dovuto reggere tutto quel dolore in un altro modo.La giornata fu particolarmente lunga finché non mi lasciarono il permesso di ritornare a casa con l'impegno di partecipare a degli incontri.
Tornai a casa con dei dubbi che mi continuavano a riempire la testa e con di fianco Alice era tutto più difficile, l'avevo davvero distrutta e avevo distrutto anche me.Forse l'evadere attraverso percorsi immaginari che ti distruggono mente e corpo non è distruttivo solo per te stesso.
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Il filo blu
RomanceUn filo può tendersi e spezzarsi ma può anche unire e legare due anime. Ognuno dentro di se possiede un filo che lo lega o lo allontana da qualcuno ma comunque ne rimarrà per sempre unito. Questa è la storia del filo che ha cucito la storia di Alice...