Più guardavo Gabriele più non riuscivo a capirlo.
Aveva lasciato in me una sensazione di vuoto immenso, i suoi occhi rimasero spenti anche lungo il viaggio di ritorno, teneva le mani ferme sulle gambe pur di non farle tremare e la testa rivolta verso l'esterno per evitare di incrociare sguardi tristi.
Lo zio e la zia erano particolarmente silenziosi, be, dopo tutto quello che era successo avrei sfidato chiunque a trovare delle parole per spezzare quel momento così freddo.La mia schiena si staccò di colpo dallo schienale, eravamo arrivati.
Zio inserì il freno a mano e apri' la portiera per scendere dalla macchina e aiutare Gabriele ad arrivare in casa.
Si mostrò collaborativo ma molto triste, si appoggiò alla spalla di Rachel.
Tirava molto vento, le foglie si scagliavano come pietre sulla grande facciata della casa, gli alberi si piegavano come burro e i miei capelli seguivano il movimento dei rami.
Mi guardai attorno, L'isolato era vuoto e tranquillo, c'era solo la nostra macchina che faceva capolino in tutta quella distesa di asfalto.
Andai verso Gabriele, aprii la porta di casa e li aiutai ad entrare.
Si sedettero sul divano mentre io mi offrii di fare del caffè per provare a tirare su un po' tutti quanti.
Mi avvicinai alla macchinetta posta sul piano della cucina, nell'angolo vicino al forno a microonde, la girai verso di me per inserire la cialda e la accesi.
Faceva un rumore strano ma forse erano solo i chicchi di caffè che si stavano sciogliendo, infatti, dopo qualche secondo iniziarono a scendere delle gocce nella tazzina riproducendo lo stesso suoni dell'orologio che tintinna.
Aspettai la fine dell'ultimo e cercando di non far cadere le tazzine le portai verso la sala.
"Grazie Alice"
Accennò Rick con un sorriso raggiunto anche da Rachel e Gabriele.
Gabriele si era steso sul divano poggiando la testa sul braccio guardando un punto vuoto nello spazio per non guardare noi ma quando gli allungai la tazzina fu costretto ad alzarsi e i nostri occhi si incontrarono; potevo vedere la sua piena tristezza in quei due occhi azzurro ghiaccio.Mi sedetti sul divano di fronte a loro, mi piegai sulle ginocchia sorseggiando dalla mia tazza quel caffè che mi scottò le labbra.
Il divano era comodo, riuscii a sentirmi sprofondare dentro e mi persi nel tessuto davanti a tutti.
"Adesso non importa"
Mi svegliai con la voce di zio Rick che si rivolse a Gabriele con quella frase accarezzandogli la mano.
" l'importante è che adesso tu ti riprenda"
Aggiunse Rachel con un filo di voce.
Alzai lo sguardo cercando quello di Gabriele che tardò ad arrivare.
Aveva gli occhi stanchi e consumati dalla notte che aveva appena passato in ospedale, sottolineati da un velo di occhiaie violacee.
"Sto bene"
Mi guardò ed accennò queste due parole mettendosi seduto poggiando la schiena sullo schienale per mettersi comodo; onestamente non sapevo cosa rispondere, cosa avrei potuto rispondere per aiutarlo a parole in una situazione del genere?"
"Lo so Gabri ma adesso devi iniziare a farlo per davvero"
Cercai queste parole nella mia testa, nell'Angolo più sicuro e confortevole, avrei davvero dovuto provare ad aiutarlo, sapevo che sarebbe stato difficile ma dovevo farlo.
Scostò la testa verso la tazza che teneva in mano e se la avvicinò alla bocca macchiandosi il labbro superiore con il caffè caldo.Le lancette dell'orologio in sala girarono rapidamente verso destra e il tempo le rincorse così velocemente che nel giro di due minuti erano passate 3 ore, eravamo tornati alle due e mezza e d'un tratto si erano già fatte quasi le 6.
Nel corso di quelle ore zio e zia erano rimasti con Gabriele accendendo la tv facendo partire un canale casuale per distrarlo mentre io ero rimasta lì seduta sul divano col telefono in mano.
"Dai, sta sera sushi! Vi va?"
Esclamò zio Rick alzandosi di colpo e mettendosi in piedi.
"Mi piacerebbe"
Rispose Gabriele con un filo di voce dettato dalla stanchezza e rimettendosi seduto.
"Allora io e zia andiamo a fare la spesa e poi passiamo direttamente dal ristorante"
Ci disse con un sorriso.
"Certo, va benissimo"
Risposi ricambiando quel sorriso.
"Mandatemi poi tutto su Whatsapp"
Disse Rachel riferendosi al menu mentre si stava infilando il suo giaccone viola scuro.
Aprirono la porta e nel fare per uscire zio Rick ci lanciò un sorriso dall'uscio"Restammo li, sul divano, guardando fissi quell'enorme televisione.
Gabriele era seduto sul lato destro del divano e aveva le gambe appoggiate su tavolino di fronte.
Volevo provare, adesso che eravamo soli, ad avere una sorta di dialogo per chiedergli come stesse davvero, magari di fronte a zio e zia mentiva per non farli stare troppo male.
"Vuoi farlo davvero?".
Chiesi girandomi con la testa verso di lui rimanendo salda nella mia posizione.
"Mh?"
Mi chiese confuso, forse non aveva capito la domanda o forse la voleva solo ignorare.
"Vuoi davvero stare bene?o è solo una stupida copertura?"
Chiesi precisando l'oggetto della frase, adesso non avrebbe potuto ignorarla.
"A te cosa fa stare bene?"
Mi chiese accennando un sorriso di sfida, non aveva ignorato la mia domanda ma l'aveva sviata, il che era peggio.
"Rispondi alla mia domanda, non rigirarla"
Gli risposi spostandomi con tutto il corpo verso di lui e mi posi in maniera più severa.
"Come fai a sapere cosa fa star bene una persona?"
Mi chiese girandosi anche lui.
"So che fa star bene ciò che non uccide"
Risposi convinta.
"Tu stai bene se dipingi no? Stai bene dipingendo perché sei una persona felice che ha bisogno di esternare questa sensazione di felicità, ma una persona triste e depressa cosa dovrebbe esternare?"
Mi rispose sedendosi comodo per continuare a guardarmi negli occhi.
"Ripeto, fa star bene ciò che non uccide"
"E come puoi credere che la droga non possa far felice una persona depressa, come puoi credere che una persona depressa cerchi la vita e non la morte"
Mi rispose avvicinandosi col busto.
"No, no ha se..."
"E come puoi credere che la droga non mi faccia star bene"
Mi interruppe alzando il tono di voce.
"E come puoi credere che io cerchi la vita e non la morte!"
Fini' il discorso alzando il tono di voce finendo per urlarmi contro.
In quel momento venni invasa da una sensazione di disagio e imbarazzo, come potevo aiutare una persona che non voleva farsi aiutare, come potevo aiutare a far vivere una persona che voleva morire, come avrei potuto aiutarlo se in realtà stavo male anche io, se non avevo coraggio a cercare nemmeno io quella vita così tanto bella che gli dicevo che stava perdendo.
Strinsi i pugni e mi chiusi in quel piccolo divano, una lacrima mi scese lungo la guancia destra bagnandomi il colletto della felpa.
"E come puoi credere che io sia felice sapendo che vuoi ucciderti!"
Mi alzai gridandogli conto, prendendo tutto il coraggio che avevo mi avvicinai a lui.
"Tu non hai coraggio"
Gli dissi guardandolo negli occhi.
E il tempo si fermò, i suoi occhi si muovevano più lentamente e la sua bocca si muoveva da una parte all'altra accompagnando il movimento di ciglia.
Da lì vicino potei notare che aveva delle sfumature di blu in quegli occhi che prima mi sembravano tanto azzurro ghiaccio, erano più profondi.
Mi prese per il polso che avevo fino ad adesso irrigidito, si avvicinò a me ed io caddi nei suoi occhi.
Mi baciò le labbra tenendomi sempre per il braccio, il tempo non rallentò, si congelò del tutto e io mi ritrovai sospesa nel vuoto con lo stomaco che fluttuava in giro per tutto il corpo.Morbide, calde, dolci e forse le avevo sempre immaginate così.
STAI LEGGENDO
Il filo blu
RomanceUn filo può tendersi e spezzarsi ma può anche unire e legare due anime. Ognuno dentro di se possiede un filo che lo lega o lo allontana da qualcuno ma comunque ne rimarrà per sempre unito. Questa è la storia del filo che ha cucito la storia di Alice...