La conversazione con Luca scatenò in Simone più emozioni di quanto si aspettasse, le parole del suo ex fidanzato gli risuonavano nella mente e alternava momenti in cui non poteva che dargli ragione a momenti in cui, invece, negava tutto e si ripeteva che Manuel fosse solo un amico e che Luca si era sbagliato, per un momento era stato anche sul punto di andare da Luca ma l'immagine di Manuel che gli dormiva addosso gliel'aveva impedito. Il minore, dopo essersi reso conto che restare seduto sotto il porticato a prendere il vento di quel giorno non avrebbe portato a niente di buono, si diresse verso l'interno della casa per parlare proprio con Manuel di quanto era successo e chiarire i dubbi che erano nati nella sua mente, sperava il maggiore potesse aiutarlo a ristabilire la pace nella sua testa e nel suo cuore e capire chi fosse, realmente, il destinatario dei suoi sentimenti. Simone però cambiò idea non appena entrò in camera sua e si ritrovò davanti un Manuel, ancora mezzo assonato e con il segno del cuscino sul volto, che lo guardava con il broncio perché si era svegliato senza di lui e, subito dopo, la sua espressione diventava più triste perché, senza di lui, aveva avuto un altro incubo. Perché, ormai, Manuel dormiva bene solo tra le braccia di Simone.
Tutti i dubbi di Simone sparirono non appena si sedette alle spalle del maggiore e – rendendosi conto che le parole in quel momento non gli erano d'aiuto – lo abbracciò per tranquillizzarlo riguardo il suo incubo, in quel momento si rese conto che con Luca, per quanto gli piacesse, non aveva mai provato il desiderio di proteggerlo ma, soprattutto, non aveva mai avuto paura di perderlo.
Luca aveva ragione ma Simone se ne era reso conto troppo tardi.La realizzazione di ciò che provava realmente, per Simone, non era seguita da almeno un tentativo per recuperare il rapporto con Manuel, in realtà aveva deciso di non dirgli nemmeno della sua rottura con Luca per evitare di turbare quell'apparente tranquillità che si stava creando tra di loro. Simone non voleva l'altro si sentisse un ripiego, aveva già sbagliato abbastanza con lui, e soprattutto non voleva fare niente prima di essere certo dei suoi sentimenti e della loro intensità, non voleva illudere nuovamente Manuel e ferirlo ancora una volta, preferiva prendersi un po' di tempo ma essere sicuro di quanto faceva, anche a costo di arrivare troppo tardi ma non voleva nuovamente far soffrire Manuel, non se lo poteva permettere.
Nei giorni seguenti alla fine della sua relazione Simone sembrava avere come unico scopo quello di stare attaccato a Manuel e non solo per tenerlo sotto controllo, per essere sicuro stesse bene, ma perché sentiva il bisogno di avere un contatto con lui, che fosse una semplice mano sulla spalla o stringerlo fino a sentirlo parte di se stesso, ogni scusa per lui era un buon motivo per attirarlo a sé e non lasciarlo andare e, dopo ogni contatto, si rendeva conto sempre un po' di più che Luca aveva ragione: era Manuel la persona di cui era innamorato.
Se però Simone stava arrivando ad una conclusione per Manuel, invece, le cose erano l'esatto opposto, lui di certezze ne aveva sempre meno e il comportamento di Simone non faceva che confonderlo ancora di più. In quei giorni il minore gli stava dando tutto ciò che lui aveva sempre desiderato ma non sapeva il motivo, non sapeva perché Simone si stesse comportando in quel modo e non riusciva neppure a porgli le tante domande che gli stavano vorticando nella testa perché, se lo avesse fatto, temeva di rovinare tutto e perderlo nuovamente. L'unico modo che il maggiore aveva per sfogarsi e dar voce ai suoi dubbi erano i suoi amici, i quali ormai gli facevano anche pena e temeva lo bloccassero ovunque da un momento all'altro, ma anche loro di risposte da dargli ne avevano ben poche, potevano soltanto ipotizzare e dare sostegno morale al loro amico.
Anche quel pomeriggio Manuel, che si trovava ancora alla villa, cercava risposte ai suoi dubbi da qualcuno che, purtroppo, non ne aveva ma che era capace di scatenare la gelosia di Simone.
- "Ce', te lo giuro, nun ce sto capendo più niente." Sospirò Manuel, seduto sotto il porticato – approfittando della bella giornata di fine aprile – di fronte al suo amico ed insegnante di matematica. Da quando era stato dimesso dall'ospedale Manuel non aveva visto Cesare, non perché non volesse ma perché non gli sembrava il caso di invitarlo in una casa sua, soprattutto sapendo che non fosse la persona preferita di Simone, così i due si erano sentiti solo tramite messaggio e qualche sporadica videochiamata ma dopo quindici giorni, e dopo aver chiesto a Dante e Virginia se fossero d'accordo, aveva deciso di vedere Cesare con la scusa delle lezioni di matematica. Quando Simone, il giorno precedente, l'aveva saputo non ne era stato felice, aveva passato l'intero pomeriggio a ripetergli che non aveva più bisogno di Cesare e che sarebbe stato lui a dargli le ripetizioni ma Manuel non gli aveva dato ascolto, anzi gli aveva detto che Cesare fosse ormai una persona importante per lui e che l'avrebbe visto spesso, frase che provocò in Simone un vortice di emozioni e che fece ghignare soddisfatto, ma ancora confuso, il maggiore.
- "A me nun me pare che ce sta tanto da capi'." Scrollò le spalle Cesare e voltò, distrattamente, le pagine del libro di matematica passato in secondo piano. "A Simone piaci."
- "Come amico."
- "Come amico 'n paio de palle, Manue'." Sbuffò il ventitreenne. "Lui prova qualcosa per te." Aggiunse. "E non tirarmi fuori di nuovo tutta la storia di Luca perché mi metto a gridare, te lo giuro."
- "Posso non dirtelo di nuovo ma è la verità." Replicò il diciottenne. "È stato lui a lasciarmi pe' sta' co' Luca."
- "Ed evidentemente s'è pentito." Disse Cesare. "Ti risulta che in questi giorni l'abbia visto?" Chiese.
Manuel si morse il labbro inferiore e ci pensò su per qualche momento.
- "È sempre stato co' me." Rispose lui. "Quindi tranne ner caso in cui l'abbia visto fuori scuola, o abbia saltato scuola quanno ancora nun ce andavo pe' sta co' lui, direi che nun se so' visti."
- "E non ti sembra strano che du' fidanzatini, tanto innamorati, nun se vedano pe' due settimane?"
- "Sì ma l-"
- "Ragazzi!" La voce di Chicca interruppe Manuel, pronto a ripetere per l'ennesima volta la stessa cosa, e fece sospirare Cesare sollevato di non dover essere più solo a convincerlo.
- "Scusate er ritardo!" Aggiunse Aureliano mentre, affiancato dall'amica, li raggiungeva.
Chicca e Aureliano si erano aggiunti al loro gruppo di studio, seppur facessero tutto tranne studiare quando stavano insieme, già da tempo ormai, Manuel aveva parlato loro di Cesare più volte e, alla fine, aveva organizzato un incontro a casa sua per farli conoscere a cui, nelle settimane a venire, erano seguiti tanti altri.
- "Ce semo abituati Aurelia', nun te sta' a preoccupa'." Lo prese in giro Cesare mentre Chicca gli stampava un bacio sulla guancia.
- "Siete voi troppo in anticipo, mica noi in ritardo." Si difese Chicca e, dopo una scrollata di spalle, si sedette accanto a Cesare mentre Aureliano prendeva posto tra lei e Manuel.
- "Proprio vero." La prese in giro Manuel. "Siamo dei gran maleducati a farvi passa' come ritardatari."
Aureliano e Cesare risero mentre Chicca alzava gli occhi al cielo con aria teatrale.
- "Ma che te ridi tu che sei arrivati in ritardo co' me." Chicca ammonì Aureliano e gli diede un colpo leggero sulla spalla. "Ora, se avete finito de fa' e cretini, pure se per voi è naturale." Disse. "Ce dite de che stavate a parla'? Abbiamo visto certe facce."
- "Cesare sembrava sul punto di anda' a fa' testa e muro." Continuò Aureliano.
- "Effettivamente." Gli diede ragione il ventitreenne beccandosi, in risposta, un'occhiataccia da Manuel. "Comunque de che possiamo mai parla'?" Replicò. "Se ve serve 'n indizio: questa è casa sua."
- "Simone." Sospirò Chicca. "Nun te passa proprio, eh?"
- "Non per difendere Manuel." Parlò Aureliano ma venne zittito da Cesare.
- "E parti male." Scherzò lui.
- "Stavo dicendo, non per difendere Manuel." Riprese a parlare Aureliano. "Ma neanche riuscirei a dimenticare qualcuno che prima me spezza er core, poi vuole essermi amico, dopo ancora però se comporta da fidanzato premuroso ma, in tutto ciò, sta co' 'n altro." Disse. "Simone può avere tutte le buone intenzioni de 'sto mondo, può a tenere a Manuel quanto volete ma lui è sempre fidanzato co' quello." Aggiunse. "E non è manco uno a caso ma quello pe' cui ha preso in giro Manuel per mesi." Continuò. "Se io fossi in Manuel sarei impazzito già da 'n pezzo." Concluse.
Chicca si schiarì la voce e attirò l'attenzione su di lei.
- "In realtà le cose nun stanno proprio così." Disse dubbiosa e prese a giocherellare con la zip dell'astuccio azzurro di Manuel.
- "'n che senso?" Chiese il diciottenne.
- "Simone non sta più co' Luca."
Alle parole di Chicca fece seguito un coro dei tre ragazzi.
- "Eh?!" Esclamarono i tre, esterrefatti dalla notizia comunicata dalla giovane.
- "E te che ne sai?!" Chiese Cesare con gli occhi sgranati.
- "Matteo." Sospirò la ragazza. "È diventato molto amico de Lorenzo, er compagno di squadre de Simone."
- "Quello che gli ha fatto conoscere Luca?" Chiese conferma Aureliano, confuso dai tanti nomi presenti nella conversazione.
Chicca e Manuel annuirono.
- "Ieri sera se so' visti e, sapendo che Matteo è amico pure de Simone, gli ha chiesto se sapesse perché è finita tra di loro." Spiegò Chicca. "Matteo, allora, l'ha chiesto a me stamattina ma io nun ne sapevo nulla." Aggiunse. "E immagino nemmeno tu, no?"
Manuel, confuso, scosse la testa.
- "Nun m'ha detto niente." Sussurrò, un po' ferito dall'ennesimo segreto che Simone gli stava nascondendo. "E quanno è successo?"
- "Qualche giorno fa, non so quando precisamente." Rispose Chicca. "Ma c'è altro."
- "Simone ha ammazzato qualcuno? Perché, a 'sto punto, nun me sorprenderebbe." Sdrammatizzò Cesare.
Chicca ridacchiò ma scosse la testa.
- "È stato Luca a lascia' Simone."
I tre ragazzi assunsero la medesima espressione sorpresa, a tratti sconvolta, mentre osservavano Chicca come se fosse un'aliena.
- "Nun ce posso crede'." Commentò Cesare. "E nun riesco manco a capi' perché nun te l'ha detto." Aggiunse, rivolto a Manuel.
Il meccanico sospirò e abbassò la testa sul suo quaderno.
- "Nun so' che dirti." Mugugnò. "Forse non m'ha detto niente per non darmi false speranze." Aggiunse.
- "Per non darti false speranze potrebbe inizia' a comportarsi meno da fidanzatino protettivo." Disse Aureliano. "Non serve nasconderti 'e cose."
- "Secondo me c'è sta altro sotto." Aggiunse Chicca, appoggiata da Cesare che stava annuendo.
Prima però che chiunque tra i presenti al tavolo potesse dire qualcosa la porta che conduceva in casa si aprì e, con uno smagliante sorriso, ne uscì Simone che reggeva un vassoio.
- "Ho visto che siete arrivati anche voi e ho pensato di portarvi qualcosa per la merenda." Disse Simone e poggiò il vassoio, riempito con del succo di frutta all'arancia e delle patatine, al centro del tavolo. "Poi se volete altro, basta chiedere."
- "Grazie." Gli sorrise Aureliano e prese un bicchiere di succo.
- "Manuel." Lo chiamò Simone.
- "Mh?" Mugugnò lui.
- "Domani togli i punti."
- "Eh, 'o so." Rispose Manuel, con la mente però ancora fissa alla notizia ricevuta da Chicca.
- "E starai meglio, potrai muoverti con più tranquillità."
- "Suppongo de sì." Scrollò le spalle Manuel. "Ma perché me lo stai a di'?"
- "Perché, magari, potremmo fare qualcosa insieme." Disse Simone, sorridendo a Manuel e senza nemmeno degnare di uno sguardo gli altri. "Solo noi." Aggiunse.
Il maggiore non fu particolarmente toccato da quella proposta, del resto in quei giorni non avevano fatto altro che stare loro due soli, quella sarebbe stata soltanto un'altra occasione per farlo.
- "Sì, va ben-" Manuel non ebbe nemmeno tempo di finire la frase che Simone prese a sorridergli entusiasta.
- "Perfetto, allora dopo ci organizziamo, mh?" Replicò, contento, lui. "Ciao Aureliano, ciao Chicca, a dopo." Aggiunse e sorrise ai due compagni di classe. "E ciao pure a te, Carlo."
- "Cesare." Lo corresse il ventitreenne ma, Simone, era ormai rientrato in caso. Aureliano e Chicca risero della scenetta appena avvenuta mentre Cesare sbuffava infastidito. "Ce mancava poco che te pisciava addosso pe' marca er territorio." Disse. "Come i cani."
Manuel, che sembrava essere disconnesso dalla realtà, aggrottò la fronte.
- "Perché lo dici?" Chiese.
- "Perché stava a marca' er territorio, era palese." Disse Chicca.
- "Altrimenti perché avrebbe dovuto chiedertelo davanti a noi?" Chiese, retorico, Aureliano. "Vivete nella stessa casa, poteva farlo in qualsiasi momento."
- "E, soprattutto, nun serviva specifica' che sareste voi due da soli." Sbuffò Cesare, infastidito dal voluto sbaglio del suo nome da parte di Simone. "Ma poi è così difficile ricordarsi Cesare? Stamo a Roma, pure e sassi se chiamano Cesare!"
- "Ma secondo me ve sbagliate." Rispose Manuel. "Simone non è geloso di me, anche se nun sta più co' Luca non è me che vuole." Aggiunse. "L'ha detto tanto per, nun c'avrà manco pensato." Continuò e scrollò le spalle.
- "Seh." Arricciò il naso Cesare e incrociò le braccia al petto. "Ne riparliamo dopodomani."