3 - Latte versato

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Alexander era tornato, e finse di non avermi mai incontrato prima, presentandosi come un perfetto gentiluomo. Puah.

Dopo aver parlato un po' della scuola, il discorso cadde sul vicinato, grazie al cielo.

Il ragazzo continuava a chiacchierare amabilmente con me, ed io rispondevo a monosillabi.

«Che lezioni frequenti domani?».

«Mmm».

«Vuoi che ti passi a prendere domani mattina con la macchina?».

«No».

«Cominci a darmi sui nervi, femmina», sussurrò sottovoce. Il padre, seduto accanto a lui, era sicuramente a portata d'orecchio, ma intuii fosse un maschilista quasi quanto il figlio. Povera Cordelia.

Quando la cena finì e mio padre aprì la porta per farli uscire, da perfetto padrone di casa, il temporale era davvero forte, tanto che il nostro gazebo era crollato sotto la forza della pioggia. Aggrottò la fronte, mentre Cordelia fece un mormorio di sorpresa e protesta. Mio padre si offrì allora di ospitarli, e dato il tempo non poterono che accettare. La stanza degli ospiti sarebbe andata a Wladimir e Cordelia, mentre sul divano-letto avrebbe dormito Alexander.

Strinsi i denti, per nulla contenta di quella piega degli avvenimenti. Salutai tutti, con la scusa della scuola il giorno dopo, ed entrai in camera mia. Mi infilai il pigiama, spensi la luce e mi infagottai tra le coperte. Mi rigirai nel letto per almeno un'ora, per poi capire che non avrei preso sonno. Non sapendo che Alexander era di sotto, con un pigiama sgualcito di mio padre. Scesi per prendere un bicchiere di latte e trovare qualcosa da fare – visto che l'opzione più sensata era rivedere i compiti per il giorno dopo.

Quando aprii il frigorifero, una voce chiese: «Ne dai uno anche a me?». Per la sorpresa mollai il cartone del latte, che cadde e si versò sul pavimento della cucina, non prima di avermi bagnato il pigiama. Mi voltai, stupita di trovare la causa della mia insonnia ancora in piedi.

«Che diavolo...?», dissi.

Lui scosse la testa. «Ma vuoi stare attenta?!». Poi i suoi occhi si posarono sulla maglietta del pigiama bagnata. Fece un passo verso di me, continuando a non staccare lo sguardo dal mio corpo. Ero tesissima: non essendo una persona socievole, ero poco pratica di situazioni simili. Che si fa quando occhi così neri ti guardano così intensamente? Senza pensarci, feci un passo indietro. Gran bella mossa, Augustine: il pavimento scivoloso a causa del latte mi tradì, facendomi scivolare. Alexander si sporse, mettendomi una mano dietro la schiena ed impedendomi di rovinare contro il piano della cucina. La sua mossa era stata fulminea, non di certo calcolata, e questo portò i nostri corpi ad essere troppo vicini. Dopo essermi stabilizzata, lui si spostò, ma per nulla in imbarazzo. Sembrava essere cosciente del proprio corpo e di come facesse effetto sulle ragazze.

Buon senso chiama Victoria! C'è qualcuno là dentro?

Feci un passo indietro, per non essere più a contatto con la sua mano dietro la schiena, ma la situazione mi rese impacciata. Scivolai di nuovo – gran bella giornata oggi, eh? – e poiché lui ancora mi teneva, me lo portai appresso sul pavimento. La mia testa cozzò contro le mattonelle, mentre lui crollava sulla schiena.

«Ma vuoi stare attenta?!», ringhiò mentre si esaminava il pigiama bagnato. Distolsi lo sguardo dalla stoffa che aderiva al petto, e cercai di alzarmi, senza successo.

«Ragazzi, se volevate una piscina potevamo organizzare la cena da noi», disse Wladimir entrando in cucina. Era scalzo, ed anche lui indossava una camicia e dei pantaloni di mio padre. L'unica cosa che lo faceva assomigliare al figlio era lo sguardo severo: i tratti dell'uomo erano duri, decisi e spigolosi, mentre Alexander aveva ereditato i toni morbidi del volto materno.

Poi, con grande grazia, mi porse la mano per aiutarmi, che accettai. I suoi occhi non si staccarono dal mio volto, incurante dello stato in cui si presentava il mio pigiama. Abbassai la testa, in evidente imbarazzo, e mi recai nella mia stanza, alla ricerca di una felpa e dei pantaloncini che potessero sostituire gli indumenti bagnati. Dopo averli tolti e aver toccato la pelle appiccicosa, capii che avrei dovuto farmi un'altra doccia. Aprii l'acqua ed entrai, cercando di fare meno rumore possibile e legando i capelli per non farli bagnare. Uscita, asciutta e leggermente rilassata, tornai in camera. Sul letto ad una piazza e mezzo era sdraiato Alexander, dei semplici boxer neri a coprirlo. Mi misi una mano sugli occhi, sconvolta.

Lui, nel tono più tranquillo di sempre, chiese: «Hai qualche maglietta che mi possa andar bene?».

Lieta di avere una scusa per voltarmi, mi affrettai verso la cassettiera, aprendola e afferrando la prima felpa che trovai. Per la prima volta nella mia vita, ringraziai di avere un guardaroba sportivo e con taglie più grandi della mia. La lanciai approssimativamente dove era il letto – da dietro era un po' complicato – ma un'analisi più approfondita rivelò che non avevo pantaloni che gli entrassero. Gli unici che sarebbero potuto andargli li avevo indosso io, e stavano bene dove erano.

«Niente pantaloni», dissi senza girarmi.

«E' un'affermazione o un ordine?», chiese lui ridendo. Non riuscii a frenare i miei occhi, che si alzarono al cielo. Qualcuno mi dia la forza.

La porta della mia stanza si aprì, ed io mi voltai. Mia madre entrò, esclamando: «Dannazione, Victoria, stiamo cercando di dormire!». Poi si bloccò, vedendo Alexander ancora sdraiato sul letto, sornione, e la felpa a terra.

Io e lui aprimmo la bocca contemporaneamente, ma la donna alzò una mano e ci zittì. Posò gli occhi sul ragazzo, e ringhiò: «Fuori di qui, Bloodwood».

Lui si alzò, afferrò la maglietta e rivolse uno sguardo inceneritore alla donna. «Continua pure, Blackeye, ma sei l'unica da biasimare», le ringhiò vicino, tanto che non fui certa che fossero davvero le parole giuste.

Poi lo sguardo di mia madre si volse verso di me. «Stagli lontana, Victoria».

Strinsi i denti. Aveva smesso di farmi da madre quando ne avevo più bisogno, quando la mia autostima aveva necessità  di una spinta, ed ora si metteva a fare la balia premurosa?! «E' un ordine?».

«Se te lo ordinassi, marceresti seduta stante da lui. E' un consiglio: è pericoloso e porterà solo problemi. Tieni le distanze e tutto filerà liscio». Dai suoi occhi capii che c'era qualcos'altro, un elemento importante che non riuscii a captare. Si voltò ed uscì, e poi sentii la chiave nella toppa girare, mentre mia madre mi chiudeva dentro. 

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Mi scuso per la notifica che vi è arrivata, ma sto correggendo qualche errore di battitura.
Già che ci siamo, vorrei ringraziarvi per essere arrivati fin qui, è un piacere che la mia storia interessi qualcuno ^^
Per opinioni o critiche sono disponibilissima, sia nei commenti che per messaggio.
Un ultimo grazie, per ora :D
Ci sentiamo al prossimo capitolo

Varura

Deimon - La corte del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora