12 - Triangoli

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Ero rimasta immobile, tesa come una corda di violino mentre mi avvinghiavo al braccio di Augustus. Wladimir, seduto sul trono al centro, mi aveva scrutata a lungo con i suoi occhi calcolatori, ma non poteva rifiutare la nostra richiesta di fidanzamento senza un valido motivo.

Facemmo un inchino – cosa alquanto imbarazzante – ed uscimmo dalla sala mentre Cordelia si lasciava andare ad un mezzo sorriso. Forse era questo il problema tra noi: temeva che potessi diventare la favorita del marito.

Sospirai, ripensando a quanto fossi terrorizzata per quella conversazione. Si era risolto tutto per il meglio, invece.

«Vieni», disse Augustus rompendo il silenzio. «Ti mostro la tua nuova stanza». Percorremmo un corridoio che non avevo mai visto e sbucammo in un'ala piuttosto luminosa del castello. Le finestre erano molto più ampie ed i demoni indossavano colori più chiari, ma sempre su scale di grigio o rosso.

Il ragazzo si fermò di fronte ad una porta di legno chiaro, che rifletteva la luce. Mi salutò, spiegando che era cattivo auspicio entrare nella camera da letto della propria donna prima della notte di nozze, e si allontanò, svoltando l'angolo.

Afferrai la maniglia, ma prima che potessi aprire e fiondarmi sul letto, una mano calò sul mio braccio. Temendo che potesse essere Wladimir mi voltai di scatto, per poi scoprire che avevo di fronte una ragazza molto alta e con le curve al punto giusto. Che stupida, l'Imperatore era un Bloodwood, non poteva entrare qui. O forse, proprio per la sua carica, aveva l'ardire di fare tutto?

«Sono Adelaide», si presentò lei guardandomi dall'alto verso il basso.

«Io mi chiamo...».

«So come ti chiami», mi interruppe lei. «Sono qui per avvertirti», spiegò puntandomi il dito contro. «Se continuerai il tuo fidanzamento con Augustus, ti renderò la vita un inferno», quasi ringhiò come una belva. Si voltò e se ne andò senza lasciarmi possibilità di replicare.

Entrai nella stanza, piuttosto scossa. Che poteva intendere quella ragazza? Forse era interessata ad Augustus, e la mia comparsa le aveva messo i bastoni fra le ruote. Anche lei, come Wladimir, aveva promesso di rendere la mia vita un inferno. Strinsi le spalle: fra i due, era chiaro chi temessi di più.

Poco dopo un servo bussò alla porta e disse che il Principe mi attendeva nella sua stanza. Ma che aveva in testa?! Ero fidanzata – per quanto poco ne gioissi – e farmi vedere con lui, per di più nella sua camera da letto, avrebbe solo alzato pettegolezzi. Anche se, riflettei mentre mi vestivo, le male lingue erano il minor problema.

Mi feci scortare fino all'ala riservata alla famiglia imperiale, davanti ad una porta di legno scuro, quasi nero. Bussai ed Alexander aprì, facendomi segno di sbrigarmi ad entrare.

«Che vuoi?», chiesi mentre lui chiudeva a chiave la porta.

«Il tuo sangue», rispose svelto.

«No». Mi allontanai istintivamente, ricordando come mi aveva ridotto l'ultima volta.

«Me lo devi, mi hai fatto strozzare», spiegò con un sorriso storto. Sì, come se fosse stata colpa mia...

«Solo se potrò avere il tuo». Non l'avrebbe spuntata questa volta.

«Sono il Principe, non puoi negarmi qualcosa». Ed ecco il maschio alpha: quasi mi mancava.

Discutere non sarebbe servito a nulla. Sospirai, sperando che reagisse come mi ero immaginata, per sfruttare la situazione a mio vantaggio. «E va bene», e gli allungai il mio braccio.

Lui scosse la testa, sorridendo di nuovo, e si avvicinò a me, facendo sfiorare il suo naso sulla mia clavicola. Sapevo che si sarebbe avvicinato, ma non così. Aprii la bocca e lo morsi sul collo prima che potesse spostarsi. Sussultò, mentre io bevevo avidamente, sperando che non si staccasse più. Il suo sapore era qualcosa di meraviglioso, caldo e denso scendeva come lava, come una dolce tortura.

Lui si staccò e mi guardò malissimo, prima che i suoi occhi cadessero sulle mie labbra ancora sporche del suo sangue. Mi aspettavo una sgridata, un «Maledizione, femmina!», ma la sua mano corse leggera dietro la mia nuca, insinuandosi fra i capelli. Quando una piccola goccia di sangue si liberò e scese contro il mento, lui si allungò contro il mio viso e la catturò con il labbro inferiore, provocandomi scintille ovunque. Con la lingua risalì lentamente fino alle mie labbra, pulendo la scia della gocciolina rossa, mentre io ero immobile, stupita.

Non sapevo che intenzioni avesse, ma non mi lamentavo di certo. Alexander si staccò e mi fissò, come se stesse decidendo qualcosa. Scosse la testa e sussurrò un «Al diavolo», per poi avvicinarsi di nuovo a me. Allacciai le braccia intorno al suo collo, mentre lui si stringeva al mio corpo. Prima che le nostre labbra potessero sfiorarsi, dei colpi alla porta ci fecero sussultare.

Alexander si staccò, come se si fosse svegliato da un sogno, e si voltò ad aprire senza neanche guardarmi. Mi spostai in modo tale che non fossi visibile dall'esterno.

«Ciao, Gwendolin», salutò il Principe, in modo piuttosto tranquillo.

A quanto pare la ragazza non sembrava affatto infastidita dalla vista di Alexander che si sporgeva per coprire la stanza con il suo corpo, e lo capii dalla sua voce, che storpiava per sembrare più sensuale. «Principe, vi andrebbe di andare in città? Hanno organizzato una festa a tema settecentesco, e magari...». Puah, gallina.

Alexander non rispose neppure. Chiuse la porta dietro di sé, uscendo e lasciandomi lì a maledire quella maledetta ragazza.

Deimon - La corte del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora