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Si soffermò ad osservare i ragazzi e le ragazze attorno a lui.
Eliot rimase interdetto.

Cosa ci facevano loro qui?

Se ne stava seduto con le gambe strette e le mani nelle tasche.
Il viso coperto dai capelli chiari che si ostinava a tener così lunghi. Gli occhi senza luce, troppo spenti e scuri per appartenere ad un sedicenne in crescita.

Ma lui non era uno dei tanti ragazzi che giravano nella sua scuola.
Gli sarebbe bastato, esserlo.
Anzi, lui desiderava ardentemente assomigliare a loro, sarebbe stato quasi felice di confondersi tra la massa.
Voleva essere invisibile, e in fondo, faceva di tutto per poterlo diventare.
Forse, aveva già fatto tutto il possibile.

Poi aveva capito una cosa.
Era doloroso, tremendamente sbagliato.
Ma vero.
Dannatamente vero e vicino.

Fu lì che lo conobbe.
Lui aveva iniziato a fare parte della sua vita quando Eliot aveva solo quindici anni.
Da allora, non aveva più smesso di ascoltarlo.

Gli chiedeva consiglio, faceva ciò che gli sussurrava all'orecchio, e soffriva per quello che gli ringhiava.
Era tremendo... Ma vero.

Rinunciava a molte cose, pur di perdersi tra le persone. Aveva eretto un muro di massiccia tristezza contro i suoi genitori, per colpa sua.

Aveva stretto la cintura dei suoi jeans, ed era asfissiato dentro.
Non capiva che piano piano si stava soffocando da solo.
E ogni volta che un mattone cadeva dal muro, lui ne aggiungeva altri venti per rinchiudersi in una bolla che non si sarebbe mai dovuta rompere.
Non sapeva che sarebbe accaduto se si fosse rotta, e non voleva saperlo.
Non voleva provarlo.

Si aggirava tra i corridoi guardando in basso, ma subito rialzava la testa per paura che la pelle sotto il mento si accumulasse e gli altri lo vedessero.

Cavolo, se era diverso.
E lui si odiava per esserlo.
Voleva strapparsi la pelle e gettarla via, voleva distruggerla.

Allora stringeva la cintura.

Stava giorni immobile senza toccare cibo per stringere finalmente la cintura. Per sentirsi lentamente più apprezzato, più uguale agli altri.
Quella sensazione non arrivava mai, però.

Lui gli diceva di continuare e non faceva altro che ripetergli che se la prossima volta avresse stretto di due punti la cintura, sarebbe stato bello.
A Eliot bastava essere normale.
Bello non era neanche lontanamente il suo obbiettivo.
Lui non era bello, e lo sapeva bene.

Una volta aveva visto dei ragazzi della sua età senza maglia.
Aveva cercato di non guardare.
Lui non voleva guardare, perché se lo avesse fatto avrebbe dovuto stringere il cuoio ancora e ancora a ancora.
E non sarebbe stato abbastanza.
Nulla era abbastanza.

E allora pensò con rabbia alle persone che sedevano in cerchio attorno a lui.
Perché erano lì?

C'erano molte ragazze, e lui era l'unico maschio assieme ad un ragazzo con il cappuccio e il dottore.
Provò un tale ribrezzo che per poco non gli fece rimettere a terra il cibo che non aveva in corpo.
Quel giorno aveva mangiato solo una mela, ed era fiero di sé.

Magari la prossima volta sarò come gli altri.
Quando finirò i buchi della cintura, allora sarà finita davvero...

Le ragazze erano tutte bellissime.
Lo pensò davvero, tanto che dovette rimettere gli occhi apposto quando una di loro lo sorprese a fissarla.
Questa arrossì violentemente.

Lui gli rimbombò in testa.
Gli urlò di stare fermo, perché loro non lo avrebbero mai guardato come guardavano gli altri. Perché lui era diverso, e loro volevano chi era uguale agli altri.

Lui Non Mi Lascerà Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora