Lui non mi lascerà

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Quel giorno smise
di contare.
Quel giorno i numeri
erano finiti.

Lui li osservava silenzioso, non voleva ancora entrare nei loro pensieri.

Si limitò quindi a fingersi un ricordo lontano, perso in zone remote dei loro corpi deboli e magri.

Tirò i fili che aveva aggrovigliati alle dita e mosse le braccia pallide, contrasse le labbra e formulò frasi per nascondersi.

I ragazzi reagirono, ma non si opposero, ormai era troppo tardi per liberarsi di quella sensazione.

Lui stropicciò la bocca in una sorriso.

Rise dei nomi che gli venivano affibbiati.
Ne aveva sentiti di assurdi.
Malattia, lo aveva colpito particolarmente.

Guardò i due ragazzi dall'alto.
Erano così piccoli e condizionati dal mondo che avevano intorno, che quasi gli dispiacque di avere parlato anche a loro.

Ma in fondo, chi erano loro in mezzo ad altri migliaia di ragazzi identici l'uno tra l'altro?

Sogghignò.

Nessuno.
Non erano nessuno.

Perché Lui si era preso quello che di più umano avevano.

Loro erano Suoi.

Questo gli bastò per ricominciare a gridare nelle loro orecchie.

***

Stava immobile sul pavimento.

Era freddo, un po' scomodo, ma si disse che forse non era neanche tanto male. Forse se lo meritava, forse era una punizione.

Si toccò la guancia congelata.
Si alzò e raggiunse il bagno.

Il rumore dei suoi passi risuonava ovattato nel silenzio, smorzato da quello furioso nel suo petto.

Raggiunse lo specchio.

Era bello, non sentire più nulla.
Aveva smesso di contare, era finita, era finita sul serio.

Tre, due, uno.

La cintura era stretta fino all'ultimo buco. Era bello, ora.

Senti sé stesso sprofondare in una strana pace, una sensazione anomala che gli colpì lo stomaco e gli strinse la carne.

Sorrise.
Davanti al suo riflesso sfuocato, Elliot sorrise.

E non fu un sorriso felice, fu amaro, doloroso, sofferto, come se alla fine di tutto quello che aveva fatto, stesse comunque cercando ancora di convincersi che stava bene.

Vedeva buio là dove un tempo aveva visto la sua ragione di vita.

Vide ricordi, in un mondo dove lui non aveva mai vissuto veramente.

Era così che andava.

Sentiva ragazzi urlare, quando tutto quello che avrebbe voluto sentire era un silenzio piatto e assordante che avrebbe potuto assopirlo.

E il problema era che nessuno gridava.
Nessuno gli diceva che era brutto oppure che era sbagliato.

Lui lo sentiva, sentiva come la voce di Lui lo colpiva anche quando tutto in torno era rumoroso.

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