7.

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La incontrava sempre lì.
Mani nelle tasche, occhi persi nell'orizzonte lontano, la schiena contro il muro.

Quello sguardo troppo cresciuto, quella tinta scura che aveva visto troppo per i suoi soli sedici anni di vita.

Quei lineamenti tirati solitamente in sorrisi piacevoli, ora fissavano il cielo nuvoloso con i pensieri persi tra chissà quali paesaggi.

Ogni volta così.
La figura immobile della ragazza la cui mente viaggiava veloce come nessun'altra.
Lei, di cui non conosceva il nome, né la storia, né il futuro.

La ragazza dai lineamenti particolari.
Solo... Lei

Era già sotto il portico quando lui usciva dall'edificio.
Ogni singola volta, lei era lì ad aspettarlo.

Elliot si convinceva che fosse così, perché quel pensiero gli infondeva una rassicurante sensazione che lo accompagnava fino a quando non si appoggiava al muro accanto a lei.

Non si dicevano molto.
Lei parlava del cielo, e lui la guardava mentre sorrideva alle nuvole.
Non si vedevano i colori del tramonto, quando uscivano dalle sedute il sole si era già tuffato oltre il mare che erano le case.

Andava bene così.
Questo permetteva a Elliot di sperare che il giorno seguente la luce lo aspettasse, attendendo fino a che i suoi occhi non fossero fissi su di lei, prima di sparire.

Frequentava le sedute da sei settimane, e sei settimane erano un mucchio di tempo, molto più di quanto pensasse di aver a disposizione.

Non ascoltava molto delle voci confuse che si susseguivano una dopo l'altra durante quell'ora, ma alla fine sapeva esattamente come si dovevano sentire i ragazzi attorno a lui.

Un po' meno vuoti.
Un po' meno sbagliati, meno diversi.

Perché, ora dopo ora, ritrovarsi con persone che avevano il loro stesso sguardo, rendeva tutto più sopportabile.

Elliot si ritrovò a controllare l'orologio, impaziente di vedere di nuovo la ragazzina con i capelli sul viso, il ragazzo atletico che una volta lo aveva sorpreso a fissarlo, e che poi gli aveva sorriso mestamente.

Impaziente di ritrovarsi appoggiato al muro accanto a lei, in un mare di pioggia che oscurava il cielo, estraniando entrambi dal mondo.

"Quando smetterà di piovere succederà" diceva la ragazza in un sussurro.

"Cosa?" Elliot la guardava, seduto sul marciapiede, in attesa dell'autobus.

"Lo vedremo" Gli occhi brillavano di una luce che non vedeva da tempo.
"Vedremo il tramonto, e allora sarà tutto finito"

Lui guardava oltre la nube di nebbia e rifletteva su quelle parole.
Ogni volta, ogni singola volta lei diceva quella frase e lui si trovava sempre a pensarci attentamente.

Sarebbe finita? Sarebbe scomparso?

No, non l'avrebbe fatto.
Lui non scompariva mai.
Era ovunque.
Nelle parole, nelle decisioni, nei sogni.
Lui lo comandava ancora.

E se prima le parole della ragazza erano in qualche modo di conforto, alla fine il significato mutava sempre in qualcosa di tetro, di amaro, come se fosse impossibile evitarlo.

Ogni volta abbassava la testa.
Percepiva il cuoio bruciare la pelle sotto la felpa.

Non aveva smesso di pensarci.
Non lo avrebbe mai fatto.
Forse, se Lui lo avesse lasciato, il resto sarebbe affievolito e Eliot si sarebbe svegliato come dopo un brutto sogno.

Lo sperava, ma col tempo aveva capito che illudersi non portava al miglioramento, piuttosto alla sua distruzione, lentamente, in un modo che solo lui poteva notare.

E questo forse lo rendeva più consapevole che persino i colori più belli che il tramonto poteva dargli non lo avrebbero salvato dall'oscurità del vuoto che portava dentro.

Chiudeva gli occhi.
Si era impegnato, mancava poco.
Ancora uno, si ripeteva. Ancora uno e spiccherò il volo come la più perfetta delle farfalle.
Piena di colori, piena di libertà, piena di tramonti.

Piena di vita.

Eliot girava la testa e vedeva la ragazza sempre accanto a lui.
Non l'aveva più sentita parlare con il dottore, e sembrava più in forma, il volto non era più scavato e pallido, ma aveva un bel colorito roseo e pieno.

Si chiese che sensazioni si provassero ad appoggiare le labbra su tali colori.
Colori vivi.
Colori vicini, ad un passo da lui.

E sentiva qualcosa nascere in sé ogni volta che se la ritrovava accanto.
Bella, perché tra tutti i ragazzi in cerchio lei era la più bella e viva.

Lui, dento il suo cuore aveva graffiato e gridato, ma per la prima volta, per la prima volta da quando conosceva la sua voce, Eliot si sentì indipendente dalle sue urla.

Lui ci sarebbe sempre stato, lo sapeva, ma poteva dimenticarsi della sua esistenza per il tempo necessario per guardare la ragazza negli occhi.

Solo un attimo.
Solo il tempo di sentirsi vivo, poi poteva cadere nel vuoto senza più svegliarsi.

"Si" diceva.

Lei si girava nella sua direzione e lo guardava negli occhi chiari.
Passava nei loro sguardi un'intesa incantevole, quella consapevolezza che se avessero cantato insieme, la voce di Lui sarebbe stata un po' meno rumorosa.

Potevano stare bene.
Solo un attimo, solo un attimo prima di cadere.
Giusto il tempo di sentirsi vivi...

"Un giorno vedremo il tramonto" si sentiva nell'aria. "E nessuno potrà impedirci di perderci tra i suoi colori"

Nessuno.
Nemmeno Lui.



Lui Non Mi Lascerà Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora