XXVI

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Il soffrire passa,
l'aver sofferto non passa mai

Lilith


Dolore.
È questo quello che provo quando apro gli occhi.
Non so per quanto io sia stata addormentata, ma dalle mie condizioni, direi un bel po'.

Strizzo gli occhi dal dolore e mi guardo intorno, sono legata per i polsi a delle catene di bronzo.
Di bronzo.
O mio dio.

"Aiuto"
Sussurro, vedo sfocato e i polsi bruciano da morire, io, mi sento morire.
Solo dopo un paio di minuti noto una figura molto familiare entrare nella stanza, (credo sia una stanza non vedo quasi nulla) soffoco un urlo e mi sforzo di guardare.

Non è possibile.
La Thornill?

"Mercoledì" esclamo sempre con voce flebile, "oh bentornata nel mondo dei vivi fenice" la sua maledetta voce.
Va'all'inferno traditrice.
La fulmino con lo sguardo ma a lei sembra non importare minimamente, anzi.

Scoppia a ridere, mentre, con gli occhi fissi su di me incatena Mercoledì al soffitto.
"Non puoi fare niente per lei, solo guardarla soffrire" mi sfotte, cerco di muovermi ma un dolore lancinante mi fa crollare a terra, tossisco e poggio la testa contro la parete fredda, sfinita.

"Ti sei svegliata" apro gli occhi, cerco di dire qualcosa ma è come se le parole si rifiutassero di uscire dalla mia bocca.

"Lo devo ammettere, la mossa del mutaforma con la Weems ha quasi funzionato" parla con Mercoledì, che non si è ancora accorta della mia presenza.
"Ma come diceva sempre mio padre, per ingannare i Reietti devi essere più furbi di loro" il respiro si fa affannato, "vedi, la mia famiglia discende direttamente da Joseph Kracston" continua, "anche lei discende da una stirpe di psicopatici, sbalorditivo" la voce di Mercoledì mi risuona lontana, non riesco ad ascoltare il resto del discorso, solo una frase attira la mia attenzione.

"Mercoledì tu sei la chiave" mugulo qualcosa di incomprensibile, "solo un discendete diretto può aprire la bara, ma tu non basti" sento dei passi e, seppur sfocata, riconosco la figura di Lorel.
Perché è così che si chiama, in verità.
Lorel Gaves.

Si abbassa alla mia altezza, ho gli occhi semi chiusi e i polsi bruciano da morire.
"Ci vuole anche una piuma di fenice, ecco perché tu sei qui tesoro" prende un coltello e melo ficca nel braccio, urlo dal dolore.
Bronzo brutta vipera.
"Volevo farti soffrire un po' prima del sacrificio" un'altro colpo alla gamba, una lacrima mi riga la guancia mentre cerco, con le poche forze che mi rimangono, di liberarmi dalla sua stretta.
Ma lei sembra aver perso la ragione, sferra colpi a destra e a manca, facendomi urlare ad ogni affondo.
"Ok, adesso basta con i giochetti" mi tira i capelli costringendomi a guardarla negli occhi.
"Adesso farai la brava, ti trasformerai e io prenderò una tua piuma" mugulo di dolore e scuoto debolmente la testa, "adesso!" Mi urla tirando più forte i miei capelli, "n-no" sussurro ormai priva di sensi, "ah no?" Un'altro colpo.
Non ho neanche più la forza di urlare o fare qualsiasi cosa, così, obbedisco.

Mi sveglio e sento il dolore aumentare, la testa mi pulsa e mi manca il respiro.
Morirò qui.

Ed ecco che lo vedo.
Lui.
L'uomo nero.
Joseph Kracston.

Mi guarda beffardo, per poi rivolgere le sue attenzioni a Mercoledì, "Goody Addams, continui a perseguitarmi, adesso brucia nelle fiamme eterne dell'inferno, dove è giusto che tu vada" gli pianta un coltello nell'addome e lei si accascia a terra, sbarro gli occhi ma non ho la forza di reagire.
Non ci riesco.
Non ce la faccio.

Mercoledì incrocia il suo sguardo con il mio, mi sforzo si sorriderle ma com scarsi risultati.
Tossisco e chiudo gli occhi, bruciate da lacrime amare secche sue mie guance.
Annaspo in cerca d'aria e poggio una mano sul petto, mi sento morire.
Sento che non ho più aria nei polmoni.

"Lilith?" Volto il capo, "mh" tossisco, "sono io" apro lentamente gli occhi, "Goo-dy?" Soffoco scioccata, "guardala" sposta lo sguardo su Mercoledì, che non è messa molto meglio di me, "sai che cosa sto per dirti vero?" Mi intima dolce, annuisco leggermente, "devi fare una scelta" mi sforzo di guardala, "lei" sussurro, Goody non si scompone, mi sorride e poggia la sua mano sulla mia guancia, "sicura?" Annuisco debolmente e tossisco, "d'accordo allora" mi stringe la mano e mi sfiora la treccia con un gesto delicato, la seguo con lo sguardo quando si avvicina a Mercoledì.
Sorrido amaramente.
Ma penso che sia la scelta giusta, sono più di cinquecento anni che scappo, che rinasco in vite diverse, in ambienti a me sconosciuti, che perdo le persone che amo, stanca di non poter innamorarmi, di trovarmi degli amici, perché so che li perderò prima o poi. Sono stanca di trasferirmi da una città all'altra, da un continente all'altro, controllata da qualcuno e non poter vivere una vita serena, tranquilla, spensierata, libera, normale.
Normale.
Senza provare dolore, senza essere giudicata, senza essere constretta a fare cose che non voglio fare, stanca di uccidere e di uccidermi, stanca di prendere ordini e di avere paura di tutto e di tutti.
Di sentirmi sola.
Ogni, singolo, giorno della mia terna e terribile vita, sola.
Soltanto sola.
Non avere nessuno al mondo che ti ama, che ti odia, che ti saluta o che ti abbraccia.
Una vita senza pregiudizi e senza rimpianti.
Soltanto, vivere.
Non sopravvivere, ma vivere.

E se questo non è possibile.
Allora preferisco morire.

Guardo un'ultima volta Goody e Mercoledì, per poi chiudere gli occhi, per sempre.

The new phoenix (Wednesday serie)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora