Il tempo finì con il deformarsi a quella disadattata realtà.Non fu semplice, ricostruirne una quotidianità, ma nulla intervenne a farsene ostacolo.
Non Floriana, che accetto con caratteristica passività il suo rifiorire a presenza, incoerente e tragicamente costante nella vita del figlio, ne Anita, che ne parve invece brillare, quasi fosse divenuta sua vitale prerogativa, quella di rendersi accettabile agli occhi del piccolo intruso, che aveva preso a sporadiche occasioni, ad invadere di quiete quel suo appartamento di caos.Non ci tornò spesso, ne spesso finiva Dante per inglobarsi alla sua piccola esistenza, ma fu dolorosamente evidente, nei sorrisi sbilenchi a mostrarne la sproporzione dei dentini, quanto quel padre si fosse reso tale, presente quanto bastava per risorgerne.
Manuel accettò con dovuta diffidenza la sua presenza attanagliate e discontinua, limitandosi a ciò che mai s'era riscoperto a fare, osservare in silenzio il suo alieno raggirarsi fra le mura domestiche, raggomitolarsi troppo spesso fra le braccia del padre, come fosse in quella casa che era porto più di quanto fosse dimora, l'unico ammaraggio sicuro che riuscisse a supporre.
Non era fastidioso, Simone, che sceglieva quasi sempre il silenzio, ma, per quel che Manuel era stato capace di cogliere, non pareva molto più che un povero scemo.
Non era solo il suo starsene zitto, che quasi faticava a comporsi nella conoscenza fisica di quella voce inudibile, ne la morbosità sfacciata e quantomeno ridicola che lo parassitava all'invisibile gonnella del padre.
Manuel non aveva tardato a scoprire, che nonostante l'incredibile giovane età, Simone deificava in più di un contesto.
Se n'era accorto una domenica mattina, nella quale con una inaspettata quanto malaugurata fioritura d'altruismo aveva silenziosamente passato quella palla mezza sgonfia alle sue gambette rigide, non ricevendo altro che un cenno confuso e occhi tanto sbarrati da parere disegnati fuori dal suo stesso cranio.
Ne aveva preso coscienza con una calma invalicabile, tanto che al suo fuggire via non aveva che alzato le spalle con noncuranza, borbottando uno "scemo" a mezz'aria.
La sua conferma definitiva però, veniva da fonti assai certe.
Era stato Dante stesso, nella franchezza di un umile pasto al pomeriggio di un mercoledì, a parlarne con Anita. Aveva, Simone, un terribile difetto di memoria, a renderlo allora, nell'immaginario che Manuel ne faceva, paragonabile poco più che a un cagnolino, che ad un bambino vero, fatto di carne, ossa e tempo da dedicargli.
Chissà, si chiese nell'interrogarsi che quella sera stessa l'aveva attanagliato, se anche quel Jacopo aveva accettato con arrendevolezza d'essere affiancato ad uno scemo di tale portata, chissà se avesse allora predetto l'inevitabile fine nell'oblio dove l'aveva gettato.
Non ne capiva molto, Manuel, di cosa facessero dei fratelli, figurarsi dei gemelli, ma supponeva, e dubitava vi potessero essere fatti a contrastarne il pensiero, che avrebbero dovuto passare davvero tanto tempo insieme, nella pancia stessa di quella mamma troppo seria, addirittura, eppure, quello stupido di Simone, a stesse parole di Dante, ne stava tanto frettolosamente cancellando l'esistenza.
Lo decise alla mattina del Giovedì a seguire, mentre la mamma gli lavava insistentemente i denti millantando un disastroso ritardo all'ingresso all'asilo, che con Simone Balestra, lui il tempo non l'avrebbe mai condiviso, che alla sua esistenza ci teneva, ed anche tanto.
***
"E ti piace andare al parco, Simone?" sentì sua madre domandare stupidamente dall'altro lato della tavolata, la mano stretta in quella di Dante che pareva invece annaspare a fatica, e inseminava le sue stesse parole nella bocca della donna, come la sua fosse disadatta, o non in grado, di proferirne.
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Acquisiti
FanfictionFratelli, no. Non erano fratelli, non proprio, non davvero. Acquisiti, certo, forse. Erano cresciuti lontani, Manuel e Simone, nell'anima come nel corpo, gravitandosi attorno senza mai azzardarsi a sfiorarsi, e poi, d'improvviso, come vittime del...