XI.

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Avevano un sapore strano, i baci nascosti.

Talvolta prendevano il sapore della polvere, o dei detersivi a cercare, come loro, asilo nella piccola dispensa dietro il cucinino, altre sapevano del sole a bruciare il prato del parco, e della plastica degli scivoli a coprirli, altre ancora maleodoravano dei bagni di scuola, e della candeggina a restituire loro dignità.

Si coloravano dell'euforia delle cose proibite, quasi sempre, che si spezzavano al loro sorgere, o nel loro scorrere, nelle risate a liberarsi al sapersi ancora salvi, ed allora ributtarsi nella mischia del rischio, e ritornare ad affogare a labbra che non potevano appartener loro.

Il sapore che Manuel preferiva, però, sapeva vagamente d'ammorbidente, e di notte, e di Simone, quando stretti alla morte del giorno, che la casa non esalava più neppure un respiro, si concedevano, nell'intesa d'essersi compresi, di tornare ad affogare, ed allora lui trascinava il piccolo nella sua porzione di letto, che singolo, tanto legato era all'altro, non si poteva dire più, e lo inchiodava alle lenzuola, cercando di mutare la felicità estrema a risorgere dalle sue labbra con le proprie.

Rimpiangeva solo il buio di quella stanza, che non gli permetteva che di tracciare i solchi del viso di Simone, immaginarne le curvature, illudersi nel riuscire a vedere quella luce trapelare dai suoi occhi, che sentiva invece abbandonare i propri, e cieco restituire a se la purezza di qualcosa che meritava di poter vedere.

Era morbido, Simone. Asciutto, caldo, come caldo era il suo stomaco, tracciato dal palmo aperto esploratore di quella mappatura, dottore esperto di qualunque cosa contribuisse a ridarne esistenza.

Era mosso, Simone, che mai stava fermo.

Fosse solo per ridere, per lasciare che l'aria ne riempisse la cassa toracica, e finisse con lo scuotersi al suo interno, per la gola curvata tanto quanto curvo ne diventava il sorriso,  e puntellata allora, sotto i polpastrelli di Manuel, che speravano di riuscire a tracciarne ogni venatura.

"Ti voglio così tanto"

L'incontrollabile sussurro lasciò le sue labbra per andarsi a schiantare contro la nivea guancia del piccolo, alla quale si pensava troppo impegnato a trascinare il naso, rapirne l'odore, per aver forza di sprigionarne l'ossessivo pensiero.

Tremò, Simone, e fu così bello poterlo sentire contro il proprio corpo.

"Mi hai" gli disse, ma non parve una constatazione, quanto una supplica, che Manuel, mai come allora si sentì buono in qualcosa, capace a qualcosa, fatto per qualcosa, come si sentì nato per prenderlo, possederlo, riscrivere il suo corpo come meglio credeva.

Era ingenuo nel restituire un nome a quella sensazione nella sua coscienza, che passione non era, e mai poteva esserlo.

Mi hai, diceva Simone.

Mi hai, prendimi, ti supplico, pareva voler dire.

"Non possiamo, Simo. Non possiamo, fai troppo casino"

Lo cambiò nel profondo, quella scoperta, che sentì vi fosse un prima e un dopo, in lui, come in quel tessuto goliardico di relazione che lo univa al corpo dell'altro, nello scoprirlo allora, a quello sbuffare, trascinare il suo corpo contro quello di Manuel, alzare il bacino come un matto nella speranza di poterlo sedurre a cedere, tanto impaziente.

Rise allora in quel bacio, Manuel, ed al suo stesso si convinse a restituirne un altro divorando fra le labbra quel broncio che non perdeva la sua ostinazione, come le mani a trascinarsi tanto severe sotto la maglia del suo pigiama.

"Ti prego, ti prego Manu, ti giuro faccio il bravo, ti giuro"

Manuel dovette fermarsi allora, quasi voltare la testa indietro per concedersi quel respiro, supplicare la sua carne pulsante tanto da dolore fra le sue gambe di calmarsi, ricordarsi di sua madre, pensare a lei allora, ad un muro a dividerli, perfettamente addormentata nella certezza dell'innocenza di suo figlio, di suo padre, del loro padre- fu abbastanza, quel pensiero soltanto, a tramutare l'eccitazione in un conato di vomito, che colpa a Simone non poteva attribuirsi, ed allora nel calmare se stesso, si prodigò a calmare anche l'altro in carezze improvvisamente dolci, che non si rincorrevano, in cui non vi era fretta se non quella d'essere fraterne.

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