20. Solo una lettera

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I giorni trascorrevano uno simile all’altro: momento dopo momento, ora dopo ora. Piano piano il dolore di Christina era diventato una sensazione sorda, racchiusa in un angolo del suo cuore spezzato. In un certo senso la ragazza non voleva che sparisse, ormai era l’ultimo legame che aveva con lui.
Sentirne parlare le faceva male, vedere le sue immagini ai telegiornali era ancora peggio e così un po’ alla volta la ragazza si era chiusa in una sorta di isolamento volontario rimanendo rintanata in casa e solo i ricordi dei magici momenti passati assieme sembravano consolarla almeno un poco prima che la consapevolezza che tutto quello che era stato non sarebbe mai più potuto essere ristornasse prepotente a farsi sentire.
Bruce aveva provato in ogni modo a farla tornare alla vitalità di un tempo, ma tutto era stato inutile e alla fine si era ritrovato a cercare di essere una presenza fondamentale nella vita della figlia, rimanendo però nell’ombra e lasciando che il tempo facesse il resto. Che guarisse le ferite.
Anche la scuola era diventata per Christina qualcosa di quasi insignificante. Continuava a studiare e prendeva i soliti voti ma tutti, compagni e professori, si erano accorti della sua vitalità che scemava: quella ragazza stava morendo dentro e lo stava facendo in modo lento e inesorabile.
Dopo “l’incidente”(quella era stata la spiegazione data ai suoi coetanei per le profonde ferite) Christina aveva continuato a sperare. La flebile fiammella di una speranza di cambiamento albergava nel suo cuore aiutandola ad andare avanti ma poco alla volta anche quell’ultimo bagliore si era spento lasciandola nell’ oscurità. E poi un giorno accadde.
Dopo una delle giornate più pesanti che Christina aveva mai affrontato, l’uscita dalla scuola le era sembrata talmente sollevante. Negli ultimi giorni aveva cominciato a sentirsi meglio. Decisamente meglio. Le crisi improvvise di pianto o i momenti di smarrimento erano diventati molto più radi e, forse anche a causa dell’arrivo della primavera, il futuro le sembrava più luminoso e la vita più rosea.
Il pensiero di Joker era diventato sempre meno un punto fisso nella sua testa e per questo rimase di sasso quando in mezzo alla folla vociante aveva scorto una macchia viola e verde muoversi rapidamente.
-Non può essere.- aveva sussurrato a mezza voce, quasi per convincere se stessa.
Da quando lui l’aveva lasciata già un paio di volte le era sembrato di scorgerlo nascosto in mezzo alla folla, mentre la osservava con dolce premura, ma entrambe le volte si era trattato di un malinteso, uno scherzo della sua mente.
Ma questa volta…sembrava tutto così reale.Christina si stropicciò gli occhi con le mani.“Adesso riaprirò gli occhi e capirò che è stata soltanto un’allucinazione” ma quando lo fece vide nuovamente la macchia viola che si dirigeva verso un vicolo oscuro sul lato sinistro della strada.
Senza quasi rendersene conto cominciò a seguire quella figura con il cuore trepidante. Non voleva farsi illusioni, ma possibile che il clown ancora ci tenesse a lei tanto da rischiare per vederla di nascosto tra la folla?
Cominciò a correre. Il respiro affannato.
Quando fu all’ingresso del vicolo si bloccò all’improvviso. Era davvero la cosa giusta da fare? Lentamente il suo cuore stava cominciando a guarire con il tempo, poteva davvero sacrificare tutto il suo dolore per una stupida speranza?
In quel momento la sua continua guerra tra testa e cuore stava per ricominciare. Christina però non voleva aspettare e dimostrando tutta la sua temerarietà entrò a passo deciso nel vicolo fiocamente illuminato consapevole che quello che sarebbe successo avrebbe potuto minare una volta per tutte il suo spirito.
Il vicolo era oscuro: le alte case di mattoni rossi non permettevano alla luce di filtrare ma quando gli occhi della ragazza si abituarono alla penombra il suo cuore perse un battito.
Nessuno.
Nel vicolo non c’era nessuno.
Una calda lacrima si staccò dagli occhi della giovane e disegnò il profilo della sua guancia arrossata dalla corsa e dalle emozioni di poco prima. Era stata un’altra illusione, un’altra allucinazione. Joker non ci sarebbe più stato per lei.
Considerò che era effettivamente quella la cosa che le faceva più male. La consapevolezza che mentre lui era sempre nei suoi pensieri probabilmente il criminale non pensava nemmeno più lontanamente a lei.
Avvolta in questi lugubri pensieri provò a girarsi per tornare indietro, nella luce, nel mondo dei vivi ma le gambe le cedettero, come se lo sforzo sostenuto fino a quel momento fosse stato troppo per il suo fragile corpicino.
Ma qualcosa attirò la sua attenzione. Per terra, di fonte a lei, in mezzo alla strada polverosa un foglio di carta piegato ripetutamente si trovava sotto una carta da gioco. Una carta da gioco rossa come il sangue che raffigurava un Joker.
Con mani tremanti la ragazza prese il pacchetto e lottando contro le lacrime lo aprì. Le mani le tremavano tanto che le parole scritte con un’elegante calligrafia le sembravano quasi incomprensibili.

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