Capitolo 18: Quiete

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"Il nostro villaggio a malapena appare sulle carte geografiche, non ha una gran storia da raccontare. Però se cerchi una vita tranquilla e panorami incontaminati mozzafiato, Ortjence non ti deluderà."

"Certo... questo dipende da quanto decidi di restare. Noi non abbiamo mandato alcuna segnalazione del tuo ritrovamento, dato che sei un soldato di Amestris ho pensato che avresti preferito dettarmi tu il tuo rapporto una volta sveglio."

"O-ovviamente non te lo dico per metterti fretta o simili, prenditi tutto il tempo che ti pare... Nero, giusto? I tuoi documenti erano tutti annacquati, ma ancora leggibili."

"Wow, certo che non rendi le conversazioni facili... Spero di non essere troppo pressante."

Le sue parole rimbalzavano contro un silenzio assoluto. Ora che ero vigile e cosciente, iniziavo a sentire il peso delle mie vicende. Racimolavo i miei pensieri come una pila di libri destinata sempre a cadere.

"Signor Amon. Non c'è bisogno di scrivere alcun rapporto. Non ho alcun posto in cui tornare."

L'uomo mi guardò confuso, gesticolò come per dirmi di continuare a parlare affinché lui potesse afferrare meglio il concetto.

"Vede... ad essere completamente onesto, non ho idea di che fare della mia vita adesso."

Amon si sedette vicino a me, sul letto.

"Non hai persone in pensiero per te? Non vuoi tornare alla tua vecchia routine?"

"Per come stanno le cose adesso, è impossibile. Sia il mio corpo che la mia mente rigettano questo prospetto. Non so cosa fare."

L'uomo mise la sua mano sulla mia, metallica e fredda.

"Non ti va di parlarne? Magari sfogarti un po' ti aiuterà a chiarirti le idee, o magari starai anche solo un po' più leggero, per me sarebbe già una grande conquista."

Per l'ennesima volta, risposi col silenzio. L'uomo sospirò e si alzò dal letto, poi in procinto di uscire dalla mia stanza mi parlò.

"Sappi che per me puoi restare quanto ti pare, e ti darò tutto il mio supporto. Difatti, domani iniziamo la riabilitazione per imparare a farti muovere le tue braccia nuove di zecca. Quindi non dormire fino a tardi! Se hai bisogno di qualcosa e io non sono a casa, puoi chiedere a Otis di chiamarmi."

"Otis?"

"Il mio primogenito. È piccolo ma molto responsabile!"

Guardai Amon allontanarsi da casa attraverso la finestra. Camminava lungo uno stretto sentiero di campagna, attraverso infiniti campi di coltivazioni varie.

Rimasi nella mia camera in silenzio coi miei tormenti.

-

Dopo alcune ore, riaprii gli occhi in un sussulto. Realizzai che mi ero assopito e lo sguardo di alcuni occhi indiscreti mi aveva svegliato.

"Chi va là?" Domandai.

La testa di un bambino di circa dieci anni fece capolino dallo stipite della porta.

"Wah! Sono davvero metalliche!"

Il bambino rimaneva dietro la porta, nel suo sguardo innocente leggevo un misto di eccitazione e preoccupazione.

"Ma tu sei un robot buono o uno cattivo?"

"Non sono un robot."

"Oh..."

A piccoli passi, sconfisse il suo imbarazzo ed entrò nella stanza, si avvicinò al letto e con un piccolo sforzo vi salì. Osservava con grande fermento i miei automail, i suoi grandi occhi castani brillavano increduli.

"Posso toccarle?"

Feci di sì con la fronte.

Al primo tocco, la mano del bambino si allontanò sorpresa.

"C-che fredde! Sono di vero acciaio!"

"Non so i materiali o la lega precisa."

"La lega?"

"Una lega è una combinazione di due o più elementi di cui almeno uno è un metallo, il materiale risultante ha proprietà metalliche differenti da quelle dei relativi componenti."

"Oh... è tipo... una specie di minestrone metallico?"

Fui sorpreso dalla capacità del bambino di afferrare il concetto, sebbene reinterpretato a parole sue.

"L'acciaio che prima hai nominato, è una lega tra il ferro e il carbonio."

"Woah! Sai un sacco di cose! Per caso sei uno di quelli... come li chiamano- alchimistri?"

"No, non sono un alchimista. Questa è semplice chimica, son sicuro che te lo avrebbe insegnato tuo padre, all'evenienza."

Il piccolo mi porse la mano, in segno di saluto.

"Io mi chiamo Otis. Tu sei Nero giusto? Papà mi ha detto di non disturbarti, ma a me sembri simpatico."

"Non posso ricambiare la tua stretta. Non riesco ancora a muovere le braccia."

"Ah, che peccato! Allora spero che tu ti rimetta presto."

"Otis!"

La voce di Amon colse Otis di sorpresa, facendolo scendere dal letto in un lampo.

"Ti avevo detto di non disturbare il nostro ospite."

L'uomo si avvicinò sospirando, poggiando la mano sulla testa del figlio.

"Nero sa un sacco di cose papà! Mi ha insegnato cos'è una lega metallica!"

"Ah sì? Guarda che lo so pure io!"

Amon arruffò i capelli di Otis affettuosamente.

"Come stai Nero? Questo birbante non ti ha dato fastidio vero? Quando è curioso diventa inarrestabile."

"Il bambino non è un problema."

"Com'è andata oggi papà?"

"Bene, il frutteto se la cava."

La voce dell'uomo conteneva un filo di stanchezza. Ad osservarlo, era sudato e sfibrato, ma intuii che cercava nascondere l'enorme fatica che gli portava lavorare i campi dal pomeriggio alla sera.

"Beh, io vado a farmi una doccia e poi si cena. Otis, controlla tuo fratello."

"Sì, sì, lo so pa'"

In poco tempo si dileguarono tutti dalla mia stanza. Poi mi fu portata la cena, mangiai quasi tutto.

A notte inoltrata chiesi di stare solo, augurando sia a padre che figlio un buon riposo.

Inghiottito nel silenzio e sommerso dalle tenebre, parte di me desiderava dissolversi insieme al buio ed essere spazzato via col sole sorgente. In questo modo, di me sarebbero rimaste solo le lacrime.

Il Caporale e il Colonnello di fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora