Capitolo 9: Presagio

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Il ragazzo correva in un corridoio senza luce col cuore in gola. Nemmeno il tempo di voltarsi per controllare se il suo inseguitore gli stesse alle calcagna. Purtroppo per lui, quel corridoio non avrebbe mai avuto fine.

L'infinita oscurità venne scacciata via da una scintilla di fuoco che rimbalzava da parete a parete, vincendo il ragazzo in velocità e colpendo le sue gambe, riducendole rapidamente in carbone con una violenta fiammata. Il giovane guardava le sue gambe con orrore e urlava, ma nessun suono fuoriuscì dalla sua bocca. Gli arti inferiori carbonizzati si frantumarono e lo fecero cadere a terra, sulle ginocchia, mettendo fine al suo breve tentativo di fuga.

Dei passi approcciarono il ragazzo da davanti, una voce maschile gli fece alzare lo sguardo, rivelando il volto del suo assalitore.

"E così è questo che celavi nelle profondità del tuo cuore, caporale?"

La figura del colonnello Roy Mustang torreggiava quella di Nero a terra. L'uomo, con un espressione di forte disgusto, si sistemò i guanti con i quali eseguiva la sua alchimia di fuoco.

"Pensare che la tua mente possa generare pensieri così deviati e malsani. Evidentemente ho sbagliato qualcosa con te. Anzi. Avrei dovuto lasciarti bruciare insieme alla tua vecchia dimora. Ma forse ho ancora la possibilità di rimediare al mio errore."

Con un secco schiocco di dita, un'altra scintilla fu indirizzata verso il giovane, generando un'esplosione di voraci fiammate che ne consumarono il corpo. Mentre i liquidi e i grassi del ragazzo evaporavano, il giovane allungò una mano verso Roy, in un gesto di pietà. Questo con un altro rapido schiocco di dita, lo travolse con un vortice di fuoco. La mano che cercava di raggiungerlo si indurì e si ruppe insieme all'intero braccio. Ciò che ora restava di Nero era un frammentato cumulo di cenere e tessuti carbonizzati vagamente antropomorfi. L'intero insieme crollò su se stesso, ma in quale modo, era ancora vivo. I suoi occhi osservavano il colonnello dal pavimento, dilaniati dall'agonia. Furono intercettati da uno sguardo freddo e impassibile.

"Mi piange il cuore nel vedere il tuo corpo ardersi e cadere a pezzi. Ma aver lasciato i tuoi bellissimi occhi intoccati è una magra consolazione. Addio, Nero."

-

Mi svegliai di colpo. Respiravo affannosamente e mi asciugai il sudore con le lenzuola. Realizzai di aver avuto un incubo. Rimasi scombussolato e incapace di riprendere sonno. Inoltre, ormai era giorno.

Per via della conversazione che ebbi con Keith la notte precedente, andammo entrambi a letto all'alba. Sostanzialmente avevo dormito per tre ore e basta.

Non ero il tipo di persona da rimuginare sui sogni o attribuirgli chissà quale significato nascosto, ma la mia mente non poté che viaggiare di fantasia e collegarlo a ciò che mi disse Keith.

Lasciar andare il colonnello.

Solo pensarlo mi sembrava un'assurdità. Provai a immaginarmi il dopo, e non vedevo nulla.

Mi alzai dal letto, sciacquai la faccia e poi misi l'uniforme.

Io e il colonnello stavamo vivendo un brutto periodo, ma lo avremmo superato. Il mio posto era al suo fianco, e quella era la mia unica certezza.

Una volta uscito dalla stanza aspettavo davanti la porta, con le mani tenute dietro la schiena.

Appena Keith mi incrociò, mi salutò.

"Che espressione seria. Certo, mai seria quanto le tue occhiaie. Vuoi un po' di correttore?"

"Non vi è bisogno. A meno che non esigiate nuovamente che mi presenti nel modo che più vi aggrada."

Keith assunse un'espressione delusa.

"Come vuoi. In ogni caso partiamo tra dieci minuti, raggiungici in macchina. Faremo colazione fuori."

Il Caporale e il Colonnello di fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora