Capitolo 3: Falena

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La notte calò sull'imponente struttura che era il quartier generale, le luci rimasero accese ma l'atmosfera era più quieta. Nero camminava con suo solito passo svelto tra i portici esterni dell'edificio, per poi entrare, salutando colleghi ed eventuali suoi superiori. Aveva un compito molto semplice, doveva stilare un rapporto scritto sull'andamento dell'addestramento delle nuove reclute, per poi lasciarlo tra le scartoffie dell'ufficio di Mustang. In genere era sottinteso dovesse anche fare un po' di ordine mentre l'ufficio era vuoto. Nero si fermò un attimo a pensare.

Sostanzialmente il colonnello aveva trovato un modo per farlo lavorare senza che i due interagissero.

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Scossi la testa scacciando i pensieri che m'infestavano la mente, e mi misi subito a lavoro.

In circa un'ora conclusi il rapporto, mi avviai verso l'ufficio del colonnello. Poco prima di aprire la porta, sospirai.

Niente avrebbe potuto prepararmi a cosa avrei trovato all'interno.

Ad aspettarmi, lo stesso colonnello Roy Mustang. Appisolato sulla sua scrivania, il lume della luna risplendeva sui suoi capelli corvini. Vari documenti erano sparsi sulle scrivanie dei suoi subordinati più fidati, sulla sua, alcuni persino in terra. Appollaiata sulla finestra da fuori, coprendo parzialmente la luna, una grossa falena scura.

Deglutii.

Una goccia di sudore mi scese sulla fronte, il mio cuore pulsava agitato. Ma non persi la mia compostezza.

Il mio fiato si fece silenzioso come i miei passi, svolsi il mio lavoro come se il colonnello non fosse presente nella stanza. Lui aveva un udito fine, ma l'ironia della sorte è che da piccolo mi addestrò per avere un passo felpato, utile in varie missioni di assassinio.

Fu un'interminabile mezz'ora. L'ultima cosa che misi a posto fu il rapporto che scrissi la sera stessa. Lo misi nel cassetto della scrivania del colonnello. Non toccarlo fu un'impresa che necessitò di una precisione chirurgica.

Con ciò il mio lavo si concluse, eppure...

La falena alla finestra volò via nella notte, lasciando entrare la luce lunare.

Per quanto tesa l'atmosfera, era da molto tempo che io e il colonnello non passavamo del tempo assieme da soli. Lo osservavo minuziosamente, facendo attenzione a non svegliarlo, anche se non ne vedevo il rischio; quello che prima era un pisolino si era trasformato in un sonno profondo, tant'è che iniziò a russare. Pensai che così indifeso, era necessario avere qualcuno al suo fianco per proteggerlo. Ma in fondo sapevo che era una scusa.

Finalmente compresi le falene, attirate dalle luci delle fiamme.

E come ipnotizzato dalla luna, la mia mano si mosse da sola, carezzandogli i capelli.

Poi il mio volto si avvicinò alla sua nuca. Gli diedi un singolo bacio.

Ero felice.

Lì, nel cuore della notte isolati in quella stanza illuminata solo dalla luna piena.

Ero molto felice.

Ma fui portato alla realtà rapidamente, da un paio di occhi concentrati e indiscreti.

Mi voltai verso la porta dell'ufficio, che lasciai stupidamente socchiusa. La tenente Hawkeye osservava la scena con un'espressione indecifrabile.  

Il Caporale e il Colonnello di fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora