Non era chi sembrava

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Quando qualcosa che potesse anche solo leggermente solleticare la sua mente così strana appariva nella sua vita, nel cervello di Dennis si creava una sorta di black out. Come se dopo aver ricevuto delle particolari informazioni, l'intero sistema informatico di un computer cominciasse ad andare in tilt fino alla distruzione totale.

Dopo la minaccia velata di quel pomeriggio, Dennis vide suo padre e Dimitry parlare di qualcosa, cercando però di non farsi sentire da nessuno.

Non gli fu comunque difficile capire che, ovviamente, stavano parlando di lui e della sua condotta. Dimitry, rispetto alle sue vittime precedenti, era sicuramente molto più intraprendente e non voleva lasciarsi intimorire dalle probabilità di perdere il posto di lavoro.

Difatti, la sera stessa, James decise di parlare con Dennis di questo suo strano atteggiamento nei confronti degli altri. Quei discorsi perenni che facevano sia suo padre che sua madre ogni volta che qualcuno ficcava il naso lo facevano arrabbiare di più. Ma come succedeva anche le scorse volte, Dennis disse che avrebbe provato a controllarsi, che avrebbe misurato le parole e che si sarebbe impegnato ad essere più gentile con gli altri.

Il sabato successivo James portò nuovamente suo figlio al lavoro, e per tutto il tempo in cui rimase lì, Dennis non disse una parola né emise un verso, rimase semplicemente seduto alla scrivania di suo padre a fingere di sfogliare libri sui palazzi.

Anche Dimitry, nonostante rimase con la guardia alta, si rese conto di quanto quel ragazzino fosse cambiato dal loro primo incontro. Anzi, Dennis era così tranquillo che James si assicurò più volte che non si fosse offeso o che non fosse arrabbiato per qualche motivo, e il ragazzino davanti a suo padre tornava sorridente come a casa.

Quel sabato, in effetti, Dimitry non potè lamentarsi: aveva potuto lavorare sereno senza rischiare di cadere in qualche discussione scomoda con Dennis.

Mentre tornavano a casa, James decise di assicurarsi per l'ultima volta che suo figlio fosse tranquillo: «Sei sicuro che vada tutto bene Dennis?»
«Si certo, perché continui a chiedermelo?»
«Oggi sei stato molto in disparte, mi sono preoccupato.»

Dennis rise ripensando a quante volte suo padre gli avesse chiesto se fosse arrabbiato: «Sto bene, davvero. Non era quello che volevi?»
«Io volevo che mio figlio si comportasse bene coi miei dipendenti, non che si mettesse in un angolo a fare il soprammobile.»

Si fermarono a un semaforo rosso, dove corsero altri minuti di silenzio. Dennis rimase a guardare fuori dal finestrino le macchine che passavano dal lato opposto al loro.

«Voglio solo che stiate tutti bene insieme, capisci vero?»
«Si si, ho capito.»

***

Anche per i successivi due weekend Dennis fu al pari di un angioletto. Faceva i suoi compiti con diligenza e, quando Dimitry si permetteva di dargli qualche dritta su storia, geometria o grammatica lui eseguiva senza lagne.

Non gli rivolgeva la parola ma nemmeno lo insultava come era solito fare.

Insomma, le cose tra lui e Dimitry sembravano in qualche modo sistemate, perché difatti l'uomo non aveva caffè sui pantaloni e non aveva affrontato discussioni disagianti.

Una volta gli si avvicinò e gli disse, strofinandosi le mani inbarazzato: «Hey piccolo, tuo padre ti ha fatto la ramanzina? Mi dispiace essere stato un po' stronzo con te, ma devi imparare a portare rispetto verso chi è più grande di te.»

Dennnis rimase a guardare le venature del legno della scrivania, in alcuni punti scuro e in altri chiaro, senza reagire.

«Vedi, nella vita sarà una cosa importante, e a volte devi prenderti le responsabilità delle tue azioni.»

Sulle tracce di Dennis LoganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora