Il dossier di DL killer

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Wallace raggiunse la sala conferenze a passo spedito, seguito da Dry e la dottoressa Roys. Fishwell e il profiler criminale del dipartimento Moore, invece, li stavano aspettando già seduti al tavolo, con davanti le cartelline delle vittime con tutte le informazioni sui casi, purtroppo, ancora aperti. Quando furono tutti pronti, la dottoressa Roys accese la lavagna LIM nella sala e fece il punto della situazione: era arrivato il momento di scrivere il dossier completo del DL killer.

La squadra era ormai assolutamente sicura di avere materiale a sufficienza per mettere su carta che tipo di killer stavano cercando, anche se gli elementi più importanti ancora rimanevano nascosti nell'ombra, ovvero il nome e il volto di questo mostro.

La sua cartellina era ancora parecchio vuota, Wallace guardò l'unica cosa che DL aveva deciso di lasciare dietro di sè: una parziale impronta digitale.

Il tenente si rigirò tra le mani la foto scattata all'hotel abbandonato, come se potesse in qualche modo parlargli e rivelargli quei pochi segreti celati nel silenzio, ma si arrese subito, scuotendo la testa e rimettendo la piccola foto al suo posto.

«Dunque.» disse poi concentrandosi sulla dottoressa, «Cos'abbiamo fin'ora?»
«A parte quella piccola macchiolina lasciata dal suo dito, direi nulla se non qualche ipotesi azzardata.»
«E il procuratore intende creare un preciso dossier da una singola impronta? Non è nemmeno completa! Ma sono tutti impazziti?»
«No Dry, sono impazienti.» la dottoressa marcò sull'ultima parola.

Perchè alla fine era quella la realtà, il procuratore stava facendo pressione sulle indagini per arrivare ad arrestare un colpevole qualsiasi, ma questo Wallace non voleva permetterlo. Non poteva sopportare l'idea di sbattere in carcere un povero innocente solo perchè per pura coincidenza aveva qualcosa in comune con quel bastardo.

Troppi innocenti avevano perso la loro vita dietro le sbarre, perdendo anni preziosi ingiustamente, e troppe vittime aveva lasciato dietro sè quell'assassino sconosciuto che, se lo sentiva, adesso stava sicuramente godendosi la giornata come fosse una persona normale. Forse aveva adocchiato già la sua prossima preda.

«È comunque una cosa impossibile.» continuò Dry accigliato, «Ma tanto a loro cosa importa? Firmano due carte e sono a posto con la coscienza.»
«Cosa ci dice questa impronta dottoressa?» intervenne Wallace, stanco di tergiversare e desideroso di andare dritto a un punto possibilmente positivo.

«Spero che tu abbia una domanda di riserva, perché non ci dice nulla di buono: l'impronta è parziale, forse lasciata per chiudere l'armadio e lasciare la scena del crimine, e in più il nostro assassino non è schedato.»
«Fantastico, un ago in un pagliaio.»
«Interessante direi.» Russel Moore si massaggiò il mento, cercando di mettere insieme quel macabro ritratto, «Questo tizio ha versato tutto questo sangue, ma è riuscito a restare invisibile? Neanche un piccolo crimine in gioventù? Ha preferito abbandonare la sua vita immacolata per immergersi nell'oscuro mondo del male.»

«Pensiamo che abbia iniziato proprio in gioventù ad uccidere. Ma escludiamo traumi infantili o abusi domestici.»
«E fate bene, l'avete osservata con attenzione quell'impronta? È troppo precisa anche se incompleta, il nostro killer anche se in preda all'adrenalina era molto lucido e calmo, non pazzo di rabbia.»
«Quindi a chi somiglia?»
«Questo bastardo è come il Candyman, Dean Corll, nonostante la felice infanzia si è comunque trasformato in una macchina di distruzione. E tutto solo per soddisfare il suo desiderio malato.»



***



Wallace scese a prendersi un caffè bollente, desideroso di fare una pausa da quelle brutte notizie. Per ora le uniche cose che sapevano erano che DL era probabilmente un uomo bianco, tra i venti e i trent'anni, probabilmente figlio unico, ma nulla era davvero certo. Troppo poco per sbatterlo finalmente dietro le sbarre.

Come lo aveva definito Moore, DL era un camaleonte, perfettamente mimetizzato nella società e anche un abile attore, che imbrogliava chiunque lo incontrasse, e i più sfortunati cadevano come sassi di una frana nella sua trappola, senza possibilità di tornare indietro o ripensarci.

Strinse il bicchierino di plastica vuoto tra le mani, spaccandolo in alcuni punti e accartocciandolo rumorosamente, una goccia di caffè gli bagno il palmo della mano, che asciugò subito con un fazzoletto di carta vecchio che aveva nella tasca dei jeans scuri. Il procuratore desiderava solo fare un ritratto di un sociopatico qualsiasi, magari pazzo o facilmente malleabile, convincerlo che fosse colpevole e sbatterlo in cella, forse buttando la chiave e forse puntando a un indiziato preciso incontrato in qualche indagine passata. Ma DL non si sarebbe mai fermato.

«Gli avvocati avranno fatto un sacco di soldi con questa storia.» Roys interruppe il suo fiume di pensieri, inserendo la chiavetta e pigiando i tasto del thè al limone rigorosamente senza zucchero, «Ci stanno con il fiato sul collo a qualsiasi ora. Farai tu gli onori di casa portando il materiale al procuratore?»
«Non ne sarà felice. Dalla sua scrivania si aspetta il massimo con niente, poca spesa grande resa.»
«Peccato che questo accada solo nei telefilm, loro in un giorno risolvono un caso di duplice omicidio, e noi siamo cinque anni o di più dietro lo stesso uomo. Per non parlare degli altri criminali, anche se DL ha la precedenza non possiamo lasciarli impuniti.»
«Dovrò ricordare a mia figlia di non andare mai in giro da sola, per la centesima volta nell'arco della giornata.»

Roys fece una risata divertita ma composta: «Non essere esagerato adesso El.»
«Non chiamarmi così! Non qui almeno.»
«Che problema c'è? Siamo tra colleghi.»
«Potrebbero farsi strane idee certe persone, e sai che non mi piace.»
«E tu sbatti loro in faccia i tuoi dieci anni di felice matrimonio e le tue splendide figlie.»



***


Tornati nella sala conferenze, Moore, Dry e Fishwell riordinarono le cartelline dei casi irrisolti. La stampante consegnò loro in modo rumoroso il minuscolo fascicolo creato sul loro serial killer senza nome: un foglio A4 e mezzo con pochissime ma precise informazioni. Moore lo prese e lo inserì nella cartellina beige fissandolo con una graffetta alla foto dell'impronta digitale, sospirando però deluso di non poter dire e studiare di più: «Quanto vorrei averlo davanti agli occhi, anche solo per cinque minuti.»

«Lo vorremmo tutti. Io, personalmente, per saltargli al collo e strangolarlo con le mie stesse mani.»
«Ma io voglio guardarlo negli occhi, studiare le sue ragioni e la sua mente, vedere cosa gli passa nella testa mentre pianifica la sua trappola di morte.»
«Sei inquietante amico.»
«Questo perché tu sei un poliziotto Dry, il tuo compito è arrestare e consegnare i cattivi alla giustizia. Il mio, invece, è rispondere alle domande che spesso tutti dimenticano: come è perchè.»
«Io voglio solo consegnargli l'ultimo pasto prima dell'iniezione letale.»

Wallace ascoltò divertito i suoi colleghi, sempre pronti a scherzare anche in situazioni come quella dove di essere positivi c'era ben poco, poi tornò a leggere quel foglio anonimo che aveva in mano. Si concentrò soprattutto sulla frase che determinava l'età del killer, e non potè fare a meno di pensare di essere sulle tracce di un ragazzino, un bambino in confronto a lui che di anni ne aveva compiuti quasi quaranta.

Un ragazzino quasi della stessa età della sua prima figlia, simile ai suoi compagni di college, pieni di ambizione e voglia di futuro. Faceva quasi impressione pensare che tra loro, a quanto pareva, si sarebbe potuto nascondere un mostro con la maschera da angelo. Prese la giacca di pelle che aveva lasciato sulla sedia, sistemò la cartellina sotto il braccio e tirò fuori dalla felpa le chiavi dell'auto.

Sapeva bene come avrebbe reagito il procuratore alla vista di quel dossier così smilzo da sembrare una verifica delle scuole elementari, ma questo era tutto ciò che avevano, e il tenente non aveva alcuna intenzione di inventarsi nulla. Se dovevano arrestare un assassino, lui voleva quello vero.

Salutò i suoi colleghi e, insieme alla dottoressa, si avviò verso il parcheggio, mettendosi gli occhiali da sole e la giacca prima di salire a bordo. Mentre Roys metteva in moto, decisa a guidare lei questa volta, Wallace tirò fuori dalla tasca il cellulare e, sorridendo quasi divertito da sé stesso, aprì la chat dei messaggi con sua figlia maggiore Candice e le scrisse poche e semplici parole: Stai attenta e non tornare a casa da sola. Ti voglio bene caramellina mia.

Sulle tracce di Dennis LoganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora