Tarìck Yamahn

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Tarìck Yamahn era il tipico uomo benestante medio, figlio unico e rampollo della sua famiglia, a capo di un'importante azienda giornalistica ed editoriale, la “Yam Writing”.

Tarìck non era nato in America, ma in Turchia, più precisamente nella sua capitale Ankara, dove era anche cresciuto studiando nelle migliori scuole private che la città potesse offrire, finchè una volta diventato adulto aveva deciso di lasciare la sua terra natia e trasferirsi, pronto a tutto e far fortuna. E proprio a Seattle ci era riuscito, fondando una delle agenzie giornalistiche migliori dello stato, complice la sua immensa cultura e il grande fiuto per gli affari, dote che gli era sempre stata riconosciuta fin da piccolino.

Ogni componente del suo staff era stato selezionato da Tarìck in persona, tenendo conto delle capacità dimostrabili, sicurezza e intelligenza. Infatti pochissimi riuscivano a superare i colloqui di lavoro e ad aggiudicarsi una scrivania, i meno fortunati invece o tornavano a casa sconsolati oppure si giocavano la carta bonus del caffè e delle fotocopie, venendo però lasciati a casa il mese successivo.

E oltre alla grande azienda fondata, Tarìck godeva anche di un incredibile fascino, non passando mai inosservato per qualche giovane donna alla ricerca di un uomo da sposare. Ma non era un'impresa facile, perchè era molto selettivo anche in questo desiderando una donna colta e potente al suo fianco, capace di sostenerlo e consigliarlo. Yazmin lo conobbe proprio in azienda, riuscendo ad ottenere una buona posizione già dal primo giorno di lavoro e non solo: forse complici le origini simili dei due, Tarìck le fece la proposta di fidanzamento un anno dopo offrendole tutto ciò che una persona potesse mai desiderare.

Ma sebbene il conto bancario e il potere economico di Tarìck fossero immensi, la sua intelligenza e comprensione per il cervello umano non valeva lo stesso, perchè Yazmin in più di un'occasione lo aveva facilmente abbindolato. Tarìck era il classico uomo che, in un modo o nell'altro, sapeva ottenere quello che voleva mascherando la sua prepotenza in una gentilezza ingenua: se Yazmin aveva il desiderio di andare al lago, Tarìck sapeva convincerla ad andare al mare e a passare il weekend tra spiagge e alberghi di lusso. Ma se la ragazza gli comunicava che aveva qualche impegno con le amiche, l'uomo non si prendeva nemmeno il disturbo di indagare, pertanto quando Yazmin comprò il biglietto aereo per il Tennessee l'uomo non si chiese nemmeno come mai dovesse volare così lontano per andare a trovare le  sue amiche, complice il tanto lavoro che si caricava addosso.

Quando Yazmin ritornò dal suo misterioso viaggio, Tarìck la accolse con un caldo sorriso, braccia aperte e autista imbellettato a raccogliere la valigia e portarli a casa.

La coppia si scambiò poche parole, Yazmin aveva ancora in testa quel pomeriggio carico di emozioni e passione, e chissà che magari non desiderava essere ancora lì, sotto quelle lenzuola, mentre Tarìck stava facendo un resoconto mentale degli incarichi del giorno.

«Allora, e andato bene il viaggio?»
«Eh? Oh sì, è andato tutto molto bene grazie, ci siamo divertite.»
«Mi fa piacere, se hai fatto delle compere, dimmi quanto hai speso che ti rimborso la carta.»
«Non è necessario, non l'ho usata molto.»
«Ok, come vuoi tu.»


***



A Dyersburg, dopo la partenza di Yazmin, Dennis non si era tolto Tarìck dalla testa. Seduto al tavolo rotondo della cucina, il ragazzo stava torturando i maccheroni al formaggio che aveva nel piatto con i denti della forchetta, esercitando troppa forza nell'infilzarli o nel tagliarli a caso a metà.

Fissava il muro davanti a lui con i suoi occhi strizzati intrisi di rabbia, respirando profondamente per calmare i nervi, come una specie di super cattivo dei film che rimuginava sul fallimento del proprio piano.

Gettò il piatto sporco di formaggio e le posate dentro al lavandino, con forse troppa cattiveria, e sepre con essa fece alzare la maniglia del lavandino aprendo l'acqua. Si alzò le maniche per dare una veloce sciacquata alle stoviglie con l'acqua calda, prima di metterli nel cestello della lavastoviglie, e proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta di casa, costringendolo ad abbandonare momentaneamente quell'idea.

Si trovò davanti l'inquilino del piano di sopra insieme a sua figlia, con una grossa pila di fogli e lettere in mano che lo fissava con il suo solito sguardo saccente.

Dennis non ricordava il suo nome, ma sapeva solo che fosse sposato con una donna afro-americana e che sua figlia andava al secondo anno della scuola materna, oltre al fatto che fosse un inquilino davvero insopoortabile e precisino. Il ragazzo si appoggiò allo stipite della porta sospirando infastidito, fissandolo ad occhi stretti dal basso verso l'alto, in attesa di sapere come mai quel fastidioso uomo fosse lì.

«Ciao Den, ho trovato queste nella tua cassetta della posta.» gli allungò la pila di carta, «Non controlli mai quello che arriva?»
«Tu invece? Guardi anche quella degli altri abitualmente?»
«È un tuo modo gentile di dirmi grazie?»

Dennis allungò la mano e strappò letteralmente la buste dalla presa del suo vicino, mentre fingeva di ascoltarl blaterare le esaminò una per una finchè, immerso tra le bollette, non trovò un volantino pubblicitario con sullo sfondo un uomo sorridente e un edificio alle sue spalle, una grossa scritta bianca su banda rossa sopra e dei contatti sempre in bianco con banda rossa sotto.

E a Dennis quel nome sulla mail dei contatti pareva proprio di conoscerlo. Era Tarìck Yamahn, con il suo faccione da imbecille in primo piano sorridendo come un ebete.

A quella vista, Dennis si incattivì ancora di più, ora oltre a un metodo per rintracciarlo sapeva anche che faccia avesse. E poteva benissimo confermare che non gli piacesse affatto.

«Capisco che sei molto impegnato, ma intasare la cassetta della posta in questo modo è molto irrispettoso. Sarai d'accordo anche tu su questo, vero? Le bollette si pagano, è la legge, e nessuno di noi vuole la tua pubblicità tra i piedi Den.» lo osservò per qualche istante, stringendo inconsapevolmente la mano alla figlia, che lo fissava impaziente di tornare a casa per giocare con le sue bambole, «Hai capito? Per questa volta ti ho fatto il favore. Non c'è bisogno di ringraziarmi.»
«Ti avevo detto non chiamarmi così.»
«Come scusa?»
«Non chiamarmi così! Non lo sopporto.»

Mentre l'uomo fece per ribattere, Dennis gli chiuse prepotentemente la porta in faccia, per poi andare verso la cucina e gettare le buste sul tavolo, solo per concentrarsi sul volantino. Recuperò il portatile dal divano e cercò su internet la pagina ufficiale della “Yam's Writing” per saperne un po' di più: indirizzo, locazione e foto allegate. Dopo averne viste alcune, praticamente sparse in diversi stati, trovò la sede originale e la foto del volantino e restò a fissarlo strizzando gli occhi e incrociando le mani davanti alla bocca, in riflessione.

Memorizzò attentamente ogni lineamento di quel viso perfetto, la barba scura, i capelli neri e ben pettinati, la giacca con camicia e cravatta, gli occhi neri vivaci.

Dennis si fece più vicino allo schermo, poggiando le braccia sul tavolo e stringendosi nelle spalle, il respiro affannato e i muscoli che iniziarono a tremare rigidi, mentre il suo sguardo furioso rimaneva incollato allo schermo, fisso come quello di un predatore pronto a saltare addosso alla sua preda.

Sulle tracce di Dennis LoganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora