Il ritratto di Dakota Yole

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Gutlinburg, Contea di Sevier, Tennessee, 2014.

Alla fine, dopo un'infinità di risposte indecise tra lui e suo padre, Dennis un viaggetto decise di farlo davvero.

Si recò dunque nella Contea di Sevier, diretto verso la città di Gutlinburg, famosa per i suoi impianti sciistici e altre fantastiche attrazioni. In fondo era anche iniziata la stagione invernale e il turismo in quel momento era cresciuto molto.

Dennis prenotò una settimana all'hotel "Sevier" con mezza pensione e il resto del tempo lo passava passeggiando per la città, godendosi l'atmosfera montanara tra le case e il panorama. La sua tappa principale era una piazza circolare con una grossa fontana al centro, al momento spenta. Si sedeva sempre sulla stessa panchina e rimaneva lì, a volte guardando il telefono, a volte leggendo un libro che si era portato dietro, a volte semplicemente fissando il nulla.

Fu proprio uno di quei pomeriggi che, a furia di presentarsi nello stesso posto alla stessa ora, una persona notò la sua presenza: si trattava di una ragazza intenta a disegnare la fontana di fronte a lei.

Si chiamava Dakota Yole e disegnare e dipingere era da sempre la sua più grande passione, ragazza timida e con pochi amici, ma con numerosi sogni nel cassetto.

Anche lei come Dennis andava sempre su una panchina in particolare, e sempre accompagnata dal suo album da disegno, immortalava con la sua matita tutto ciò che la circondava o catturava maggiormente la sua attenzione. E da un bel po' di tempo nelle sue pagine veniva raffigurato un ragazzo.

Era sicura che non fosse di lì, perché era nata e crescita a Gutlinburg e conosceva molto bene ogni abitante più anziano o coetaneo di lei, e quel ragazzo aveva tutta l'aria di non essere più piccolo. Si sedeva sulla stessa panchina, sempre, stretto nel suo giubbotto marrone con il pelo nel cappuccio, guardando a volte il telefono e a volte semplicemente il nulla. Aveva lunghi capelli scuri, voluminosi a causa della giacca e terribilmente mossi, ma non ricci, occhi probabilmente dello stesso colore ma difficili da decifrare dalla lontananza e due mani secche e affusolate, insolite per un ragazzo. I lineamenti del suo viso erano delicati ma non troppo, con la mascella leggermente squadrata e il volto ovale.

Sarebbe stato assurdo ammetterlo ad alta voce, ma sembrava proprio che Dakota si fosse interessata parecchio a lui, tanto è che lo disegnava sempre, qualsiasi cosa facesse.


***


Dopo quasi quattro giorni, la ragazza, ormai sicura di provare un forte interesse per quel misterioso personaggio, decise di avvicinarsi a lui e di rivolgergli la parola, magari usando come scusa i suoi disegni.

Si sedette sulla sua panchina, fissando la fontana spenta e senza giochi d'acqua, rilfettendo su come veramente iniziare il discorso.

Doveva avvicinare un perfetto sconosciuto, del quale però si era follemente infatuata, ma questo non poteva certo dirglielo. Avrebbe potuto sfruttare il fatto che solitamente lo avrebbe trovato da solo, immerso nei suoi pensieri, e chiedergli se lo disturbasse il fatto che lei si unisse alla sua solitudine. Il tutto cercando di non sembrare troppo idiota o ridicola.

Proprio mentre rifletteva su quei pensieri, Dennis apparve dal solito marciapiede, attraversando la solita strada e sedendosi direttamente sulla stessa e solita panchina, quasi fosse un gesto automatico, una macchina impostata sulla routine del giorno.

Dakota lo fissò per qualche secondo, riordinando le idee nel cervello, poi prese un grosso respiro e, stringendo il suo album da disegno, prese coraggio e andò verso di lui.

Sulle tracce di Dennis LoganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora