La mano nel muro

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Nei giorni successivi Dennis studiò a fondo gli spostamenti di Connor, osservandolo dalla finestra del suo appartamento ogni giorno prima di andare al lavoro.

Connor arrivava a prendere il cane del signor Brahams tutti i giorni alla stessa ora, alle 8.00 circa del mattino, e tornava sempre alla stessa ora a riconsegnare l'animale, circa alle 17.30. Questi due orari Dennis se li segnò molto bene, ma era anche sicuro che ci fosse un intervallo tra il mattino e il tardo pomeriggio, sicuramente Connor tornava un'ora dopo finita la prima passeggiata, svolgeva altre commissioni, e poi tornava per la seconda passeggiata.

Seguiva sempre lo stesso itinerario, arrivava da sinistra e tornava da sinistra. In ufficio, il ragazzo abbassò per qualche stante la finestra digitale del computer su cui stava lavorando per curiosare meglio la persona di Connor, e cercò su internet la parola chiave dogsitter accompagnata dal suo nome.

Venne fuori come secondo annuncio di un sito e  terzo come collegamento a una pagina social. Si chiamava per intero Connor Walter Jackets, aveva diciannove anni, andava al college e come lavoro part time faceva il dogsitter. Un essere così semplice da ritenerlo quasi banale.

Chiuse la finestra e tornò a concentrarsi sul suo lavoro, suo padre gli aveva chiesto di trovare la migliore offerta per un cliente piuttosto esigente: un appartamento per una persona di circa ottanta metri quadri, soggiorno e cucina insieme, un bagno, due camere, balcone con ottima vista e lavanderia.

Proprio quando stava segnando la terza offerta trovata, qualcuno bussò alla porta e la testa di James fece capolino: «Hey Dennis? Ti va di pranzare insieme? È da un po' che non lo facciamo.»
«È già ora di pranzo?» chiese senza staccare gli occhi dal computer.
«Sì, mezzogiorno e mezza per la precisione. Allora va bene?»
«Sì, chiudo qui e ti raggiungo. Aspettami fuori.»



***



Mentre erano seduti alla tavola calda in attesa del loro pranzo, Dennis guardava fuori dalla finestra, scrutando le persone che passavano e James parlava al telefono. Di che cosa non era ben chiaro, gli argomenti si accavallavano tra loro.

Gli occhi stretti del ragazzo visualizzavano ogni dettaglio di ogni persona che vedeva: colore dei capelli, atteggiamenti, abbigliamento e andatura. In alcuni casi ipotizzava pure che cosa facesse nel tempo libero. E proprio quando i piatti portati dalla cameriera toccarono la superficie del tavolo, ecco Connor Jackets sbucare da un angolo della strada con al guinzaglio cinque cani super scatenati.

Non gli tolse gli occhi di dosso per un solo istante, finchè non fu proprio il ragazzo a sparire dalla visuale dietro a qualche angolo che dalla finestra non si poteva vedere.
«A voi, buon appetito.»
«Grazie mille.»
James sistemò il tovagliolo sulle gambe e diede un bel morso al suo pranzo, non curandosi della salsa burger mischiata al liquido della carne che gli colò dal palmo della mano. Dennis intinse due patatine nel ketchup con molta calma, lasciando però la mente libera di creare chissà quali pensieri strani che però non avrebbe mai condiviso.

«Ti ricordi quando eri piccolo? Quando pranzavamo fuori ogni volta che tornavamo a casa dopo scuola?»
«Sì, mi dicevi sempre di non dirlo alla mamma se lo chiedeva.»
«Eh già, quanto è passato, eri piccolo così guarda.» mise la mano quasi all'altezza del tavolo, poco più su, «Piccolo piccolo e capellone. Chissà questa cosa a chi appartiene di più?»
«Perchè te lo chiedi?»
«So che non ci credi, ma sappi che quando ero giovane come te, avevo davvero tanti capelli e... be', meno pancia ecco.»
«Guarda che mi ricordo com'era da giovane.» disse leccandosi il ketchup da un dito, «fino ai miei tredici anni eri in forma.»
«Eh già. Che vuoi farci? L'età avanza per tutti.» James sorseggiò la sua birra, pensieroso, lasciando che qualche flashback tornasse alla mente, «Che tempi ragazzi.»



Sulle tracce di Dennis LoganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora