L'ennesimo buco nell'acqua

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Il corpo di Abby, rimasto impalato nella stanza d'hotel, era stato ritrovato da un passante che stava portando a spasso il suo cane.

Si era accorto del cadavere perché l'animale, che camminava al suo fianco senza guinzaglio, doveva averne fiutato l'odore ed era entrato nel vecchio edificio, uscendone poi con il muso completamente sporco di sangue.

Il padrone aveva deciso di vedere dove il suo cane avesse frugato col muso e, entrando nella hall dell'hotel, si ritrovò davanti il macabro spettacolo. Il corpo sicuramente era caduto dal secondo piano a causa del cedimento del pavimento, già mal ridotto e pieno di buchi. Nonostante la causa della morte fosse evidente, la scientifica aveva comunque voluto effettuare un'autpsia per sicurezza.

La ragazza era morta infilzata dal bastone da abbigliamento e successivamente, forse attratti dall'odore della carne, i ratti e i procione avevano banchettato col suo corpo. Braccia e gambe erano pieni di morsi e graffi, le dita erano ormai scheletriche, senza pelle o muscoli, il collo era stato scavato e divorato dagli animali così come le palpebre e gli occhi.

Il tenente Wallace si mise le mani nei capelli, frustrato per l'incredibile e sfacciata fortuna che il loro killer senza nome aveva sempre a disposizione.

Ogni caso che stavano analizzando su di lui non aveva una prova, anche minima, di chi fosse, quanti anni avesse o semplicemente se fosse un uomo o una donna. Nella sala delle investigazioni, seduti al grande tavolo di metallo di fronte alla lavagna con tutte le foto e gli appunti, Wallace sedeva insieme a due suoi colleghi e una scienziata forense: alla sua destra c'era Kenneth Dry, alla sua sinistra Matthew Fishwell e la scienziata era la dottoressa Jill Roys.

Mentre fissavano le foto e le scritte sulla lavagna, nella stanza si alzavano solo mugolii confusi e infastiditi. A partire degli omicidi del luna park di McMinnville, la polizia aveva solo una prova che li collegava agli altri avvenuti subito dopo: la firma dell'assassino.

Fu proprio osservando quelle due lettere incise nella pelle, che Wallace chiese: «Facciamo un passo alla volta, partiamo dal mestiere di questo assassino.»
«E come lo capiremo?» chiese Dry, senza distogliere lo sguardo dalle foto.
«Dal modo in cui ha inciso le lettere, chi può avere questa precisione?»
«Un chirurgo? O un macellaio?»
«Ha mano ferma, questo è sicuro.» intervenne la dottoressa Roys, «Ma la profondità delle lettere non è uniforme, in alcuni punti è più marcata mentre in altri no. È come se andasse su e giù, quindi non abbiamo a che fare con qualcuno che maneggia coltelli con precisione.»

Fishwell guardò le foto portando gli occhiali che gli erano caduto sopra il naso, confuso. Aveva catturato un sacco di criminali, dal più sempliciotto e imbranato al più terribile e spietato, eppure chiunque fosse l'autore di quella firma non gli ricordava proprio nessuno.

Insieme al profiler della squadra, Russell Moore, avevano comunque appurato che l'assassino, a dispetto di altri killer come lui, non aveva un passato traumatico o subito qualche tipo di trauma infantile, la sua voglia di seminare morte in questo modo era apparentemente nata come una specie di fissazione, una passione sviluppata da qualsiasi altro essere umano, colo con un finale volto in tragedia.

Un pazzo come tutti pensavano. Infatti le sue scene del crimine era perfettamente pulite, non si accaniva sulle vittime con rabbia o frustrazione, non era alla ricerca di vendetta. Il suo animo era in pace, non aveva conti i sospeso con il mondo, infatti ogni sua vittima era diversa, scelta a caso, o magari seguendo chissà quale misterioso e macabro schema.

Moore infatti si era appoggiato molto ai suoi studi di psicologia criminale per raggiungere questa conclusione, anche se avrebbe tanto gradito saperne di più.

***

«Poniamoci le dovute domande: è uomo o donna? Ha più o meno di vent'anni?» Wallace fremeva nel disperato bisogno di risposte.

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