5. Casa dolce casa

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Zemo guidava tranquillo, senza fretta né agitazione, mentre fischiettava una melodia che non conoscevo.
Sam, teneva gli occhi fissi sulla strada, assorto nei suoi pensieri, stretti fra le sopracciglia leggermente aggrottate.
Uno strato di barba scura, corta e curata contornava parte del suo viso.
James, accanto a me, aveva un'espressione seria e le braccia incrociate al petto, che mettevano in evidenza i suoi muscoli.
Lo guardavo con la coda l'occhio, evitando di rendere la cosa palese, e osservai i tratti del suo viso. Mi sentivo più sicura a tenere sotto controllo le sue mosse, ma era completamente immobile e non riuscivo a leggere nessuna emozione, o intenzione, nel suo sguardo.
Sam, risvegliatosi dai suoi pensieri, mi fece distrarre.
"È avanzato qualcosa?" mi chiese.
Seguii il suo sguardo fino ad arrivare ad incontrare il sacchetto marrone dal logo giallo, dentro al quale Zemo aveva lasciato i contenitori di carta del panino e delle patatine vuoti, ovviamente.
"No, Sam. Quello di fianco a te si è mangiato tutto nel giro di due minuti, non mi ha offerto niente" dissi, sorridendo e guardando Zemo, che accennò un sorriso, prima di girare a sinistra e iniziare a premere sul freno per far rallentare la macchina.
La famigliare villa si innalzava maestosa davanti a noi, e Zemo si fermò proprio davanti al cancello in ferro nero. Capii che stava aspettando me, quando realizzai di avere io le chiavi.
Scesi dall'auto nello stesso modo in cui ero salita, poi camminai a passo svelto verso il cancello. Infilai la chiave giusta nella serratura e la voltai verso sinistra.

Zemo
"Tua figlia non era morta?" mi chiese l'uomo seduto accanto a me.
Mi girai verso di lui lentamente, e fingendo di non aver capito, chiesi di ripetere.
Sam si schiarì la voce prima di parlare.
"Ho detto, tua figlia non era morta?" facendo un segno con la testa verso la ragazza che apriva il cancello.
"Avevo un figlio" risposi, senza nemmeno guardarlo.
Sam abbassò la testa, perché forse capì di aver fatto una domanda sbagliata.
Il cancello si spalancò davanti a noi, così lasciai avanzare la macchina fino ad oltrepassarlo, senza fretta.
"Casa dolce casa" dissi, felice.
Naomi era sparita dalla nostra visuale, quindi pensai che fosse già entrata in casa.
Avevo portato tutti qui per farmi una doccia, cambiarmi e per fare rifornimento di vestiti e armi.
Avevo travolto anche Naomi con questa storia, quindi anche lei doveva prendere le sue cose e prepararsi.
"Non voglio insistere, Zemo, ma già non mi fido di te e non sono del tutto convinto di collaborare, posso almeno sapere chi è quella ragazza?" mi chiese ancora l'Avenger di fianco a me.
Stava iniziando a starmi sui nervi, a dirla tutta. Presi un bel respiro per mantenere la calma, riflettendo: aveva ragione dopotutto. Ero consapevole di ciò che avevo fatto al suo amico e al vecchio re del Wakanda, inoltre portare una sconosciuta in missione con noi non sembrava sicuro a chi già dubitava di me. Mi dava fastidio, però, fornirgli troppe informazioni.
"La conosco da tanto tempo, da quando era piccola. È un'ottima alleata" spiegai brevemente.
So molto bene che i due, soprattutto Sam, volevano saperne ancora e l'ultimo si stava trattenendo dal chiedermi altro, ma aveva capito che non avrei fornito ulteriori spiegazioni.
Nel frattempo, scendemmo tutti e tre dalla decappottabile, e feci strada verso l'ingresso di casa. Non la vedevo da un bel po', ed ero felice di essere qui, di nuovo libero.
Naomi aveva lasciato il portone in legno con ornamenti in vetro colorato aperto, così lo oltrepassai, facendo entrare i due uomini e restando dietro, per richiudere la porta dietro di noi.
James iniziò a salire le scale di marmo bianco che portavano alla porta e, più titubante e più lentamente, Sam lo seguì.
Quando arrivarono alla grande porta di legno si fermarono per aspettarmi, dunque li raggiunsi con grandi falcate per superare i gradini, con l'esigenza di togliermi di dosso questa divisa blu.
Bussai con il pugno chiuso, aspettando che la ragazza aprisse la porta.
Cinque secondi dopo quella si spalancò.
Naomi ci sorrideva da dentro il grande salone, si era tolta il blazer ed era rimasta con un top nero dalle spalline sottili, che le lasciava scoperto l'ombelico.
"Eccovi" disse, spostandosi per lasciarci entrare. Subito dopo la richiuse, appoggiando la schiena sopra. Mi guardò e dal suo sguardo mi aspettai che mi chiedesse qualcosa, infatti così fu.
"Oeznik, dov'é? Non esce mai senza avvisarmi"
"Gli ho chiesto un favore, lo incontreremo fra poco" le spiegai, lanciando il berretto sul divano grigio.
"Scusate, di chi parlate?" chiese, ovviamente, Sam, mentre Bucky si guardava intorno.
"Del nostro maggiordomo" informai.
Intanto, Naomi prese a camminare verso la cucina.
"Trattiamo bene i nostri ospiti, no?" disse, senza guardare nessuno, quasi stesse parlando da sola.
"Vado a cambiarmi, intanto" avvisai, mentre mi voltavo e camminavo verso le scale per raggiungere quella che è sempre stata la mia stanza.

Bucky
"Non mi piace" disse Sam, per l'ennesima volta, mentre osservava Zemo salire i gradini bianchi, abbinati a quelli fuori dalla porta.
"Finiscila Sam, ormai è fatta" gli risposi, guardandolo esasperato dalle sue lamentele. Sapevo che la mia fosse una mozza azzardata, ma lui ci serviva.
Nel frattempo Naomi fece il suo ingresso nel salone, con una pila di quattro bicchieri, che stringeva nella mano sinistra, e nella destra, una bottiglia contenente un liquido rosso.
Distolsi lo sguardo e mi guardai intorno. Non sapevo che Zemo fosse ricco, e a giudicare dalla faccia di Sam quando guardava tutto il lusso che ci circondava, nemmeno lui ne era al corrente.
La ragazza appoggiò il tutto sul tavolo e, tolto il tappo alla bottiglia, ne versò il contenuto nei bicchieri.
Alla fine spostò lo sguardo su di noi, e sorrise, comunicandoci un silenzioso invito ad accomodarci.
"Quindi, siete ricchi" disse Sam, una volta seduto sulla sedia in pelle nera.
Naomi rimase in piedi, piegata leggermente in avanti, quanto basta per poggiare i gomiti sullo schienale della sedia.
Si voltò verso Sam e mi presi un attimo per studiarla meglio.
I capelli rossi le cadevano morbidi sulle spalle scoperte e sul viso dai lineamenti morbidi. Gli occhi erano grandi e marroni, il naso piccolo e le labbra rosee e carnose. Era bella, semplice ma bella.
Sicuramente non poteva essere parente di Zemo, pensai.
"Non "siamo". Zemo è ricco, è un Barone. Io, beh, ne approfitto" spiegò, sorridendo leggermente e alzando le spalle.
"Vi conoscete da tanto?" chiese ancora Sam, tornando ad indagare su di lei.
Zemo gli aveva già detto che la conosceva da quando era piccola, quindi pensai che Sam volesse una conferma.
"Si, da molto. Avevo circa 7 anni, quando l'ho incontrato per la prima volta" rispose lei, guardando Sam che posava il bicchiere, ormai vuoto, sul tavolo.
"E sei rimasta sempre con lui, da allora?" chiese ancora lui.
"Quante domande!" esclamò lei ridacchiando, senza essere infastidita.
Sollevò i gomiti, e si mise dritta, tornando in cucina.
Improvvisamente, mi chiesi se sapesse chi fossi. Mi sembrava scontato rispondermi di si: se aveva un rapporto così stretto con Zemo, lo sapeva di certo.
La fissai mentre camminava sinuosa.
"Stai sbavando, amico"
Mi voltai di scatto verso di lui, fulminandolo.
"Ma smettila" gli dissi, afferrando il bicchiere e buttando giù tutto d'un fiato il liquido rosso, che non avevo ancora toccato. 
Sam ridacchiò, e abbassò la testa, scuotendola divertito.

The Border / Bucky Barnes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora