7. Tchaikovsky, concerto per violino e orchestra

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Marzo, 2017.

Edward.

Le prove quel pomeriggio erano iniziate da un'ora, ormai, e di Charlie nemmeno l'ombra.

Non che mi cambiasse qualcosa.

Ma in realtà erano passati tre giorni dal suo arrivo e non si era ancora presentato a una delle prove.

Quella sera, alle quattro e mezza,  le porte d'ingresso al pubblico dell' auditorium si spalancarono e quattro gambe si avvicinarono con passo felpato verso l'intera orchestra che, nel sentire le porte aprirsi, smise di suonare.

Sbuffai.

Un rumore di tacchi assordante rimbombava su tutto il pavimento di parquet. I miei occhi guizzarono alla ricerca della causa di quel frastuono, che distraeva il mio orecchio; poi, in fine, la vidi: era bella, bellissima, avvolta in un abito nero che snelliva la sua figura. Portava i capelli corti,all'altezza delle spalle, ad incorniciarle il volto, dello stesso colore dei suoi occhi timidi. Due perle a decorarle i lobi, e qualche gioiello argento ad evidenziare la sua pelle abbronzata . L'ultima cosa che osservai furono i suoi tacchi, del cui rumore il mio udito aveva già fatto conoscenza, neri, lucidi, e dipinti di rosso sulla suola.

L'intero gruppo si fermò a osservarla, e mi trovai a dover raccogliere eventualmente la bava del mio collega che, svergognato, la fissava ormai da più di due minuti dal suo ingresso.

Quello a cui però non avevo fatto caso è in compagnia di chi fosse.

Charlie Davis, finalmente degnandoci della sua presenza in sala prove, le teneva una mano ben salda sul fianco, stringendola a se come se avesse paura che qualcuno potesse portargliela via. Un sorriso insopportabile stampato sulla faccia, una polo a maniche corte chiusa fino all'ultimo bottone, a farlo sembrare un bambolotto.

Storsi un labbro, sbuffando, e mi infastidii ancor di più quando Liam, una volta giratosi, non esitò un secondo di più prima di lanciarsi tra le loro braccia, euforico che Louis si fosse presentato in auditorium.

Come se ci stesse onorando della sua presenza.

Mi concentrai, piuttosto, sugli spartiti, afferrando infatti la matita e applicando le correzioni necessarie sulla musica, dettate precedentemente dal direttore stesso.

«Buonasera, miei cari, benvenuti!» Riuscii a sentire il suo sorriso, nonostante mi stesse dando le spalle. Strinse la mano a Charlie, e alla donna di fianco a lui, pronunciandole il proprio nome.

«Il mio nome è Raymond, sono il direttore dell'orchestra. E' un piacere averla qui tra noi, a osservare le prove del concerto di cui il signor Davis sarà ospite principale.»
«Piacere, Isobel.» La sua voce era così zuccherina da provocare la nausea. Un brivido mi percorse la schiena, ma scossi la testa nel tentativo di scacciare via i pensieri cattivi che il mio cervello stava producendo. Charlie non aveva ancora pronunciato parola, e mi ero rifiutato di rivolgergli anche un solo, brevissimo sguardo, per evitare in qualsiasi modo che sapesse che gli rivolgessi attenzioni.

Non che lo facessi, ovviamente.

Terminati saluti e presentazioni, vidi Ray farmi un cenno con la testa, e poi sedersi nella prima fila della sala insieme alla dolcissima coppietta, e capii di dover prendere il suo posto.

«Dalla prima.» Pronunciai a voce alta, incitando l'intero corpo musicale a seguirmi. Battei il tempo con il piede sinistro, e via sulle note che già in pochi giorni avevo imparato a memoria. Stavamo provando ormai da tutta la mattina, e l'intero concerto era ormai già stato suonato, salvo per The Miraculous Mandarin, il pezzo più vivace del programma, naturalmente il mio preferito.

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