Capitolo 2

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Katsuki's P.O.V

Venne svegliato, ma non di sua volontà, dalla voce tuonante e l'entrata irruenta di sua madre nonché regina del regno di Xia.
Le membra stanche del biondo, ancora indolenzite dall'allenamento del giorno precedente, lo fecero issare seduto sul materasso e osservare la donna con una smorfia storta disegnata sul viso.
Quella donna era impossibile: lei era sempre così scontrosa e violenta e lui aveva preso quel lato marcio del suo carattere.
Nonostante lei fosse la sua genitrice, non poteva farne a meno di osservala con un'espressione di rabbia mattutina, solo perché era stata capace di disturbare il suo sonno.

"È ora di svegliarti !"
La donna era raccolta in un abito reale elegante, di un viola tenue e che si stringeva intorno al suo corpo, mettendo in evidenza la parte del petto fino ai fianchi, poi cadeva in modo pomposo.

Gli occhi di Bakugou si assottigliarono in due fessure caratterizzate da un paio di rubini lucenti e pieni di rabbia.

"Madre."
Sibilò, saettando con gli occhi da sua madre al servo che era presente nella stanza e che le aveva aperto la porta, in quel momento era affiancato all'oggetto; un'ampia tavola in legno, bianca e intagliata con varie forme.

"Devi andare all'allenamento con il maestro Hakamada. Ti sta aspettando nella stanza degli addestramenti."

Rimase con gli occhi assottigliati:
"Non mi alleno oggi. Non ho voglia."

La donna, con una mossa teatrale, spalancò la bocca e si portò la mano contro il petto, facendo un paio di passi indietro come se fosse stata colpita da una freccia invisibile:
"Un futuro re come te deve essere sempre in forma smagliante, in qualsiasi occasione."
Ribatté la donna, avvicinandosi di un paio di passi. Da che si trovava al centro della stanza, in quel momento si era spostata quasi verso la direzione del bordo del letto.
Odiava anche quella parte profondamente teatrale di sua madre.

Quel gesto, lo portò a roteare gli occhi:
"Chissenefrega."
Sussurrò, incrociando le braccia al petto e voltando la testa in direzione della finestra spalancata; c'era una bella giornata fuori, il sole andava a filtrare all'interno della stanza creando giochi di luce sul pavimento e illuminandolo.
Seguì la sfera luminosa fino a scontrarsi nuovamente con il viso di sua madre, questa volta contorto di una smorfia di rabbia pura.

"Tu." Lo indicò con un dito, dalle unghie laccate di un gel roseo e delicato, non come lo era lei.
"Muoverai il culo fino alla sala e ti allenerai."
Sibilò, avvicinandosi di un altro paio di passi, fino ad arrivare vicino a lui. Prese le coperte e gliele spostò, fino a farle cadere a terra.
"Muoviti !"

-•-

Dannata sua madre e anche tutti quegli allenamenti che doveva fare. E già che c'era, dannato anche il suo maestro. A ogni passo, uno sbuffo furioso uscì dalle labbra del biondo.
Il biondo camminava lungo il corridoio del castello con passo svelto e più che incazzato; alla sua destra vi erano delle ampie vetrate che illuminavano la sua figura grazie anche all'ausilio del sole, alla sua destra, invece, vi erano i muri sulla quale erano affissati tanti quadri che raffiguravano i suoi predecessori: dal suo antenato più vecchio fino ad arrivare all'ultimo quadro, che raffigurava sua madre, sua madre e lui al centro, seduto su una poltrona con le gambe divaricate.
Il dipinto, nonostante fosse fatto a mano e con la pittura ad olio, andava a raffigurare ogni minima ruga espressiva e ogni ombreggiatura, tanto da farlo sembrare naturale: sembravano quasi una famiglia perfetta.
Quasi, se non fosse stato per le espressioni sui visi dei due, madre e figlio, sulle quali vi era stampato un broncio scocciato, a differenza dell'espressione di suo padre, sulla quale si poteva rasentare la serenità pura ed eterea. La stessa sensazione che veniva trasmessa anche a chi si trovava ad osservare quel quadro, a tutti tranne che a Katsuki.
Il quale, in quel momento, si trovò a varcare la soglia della sala adibita all'allenamento, il suo maestro era già lì.

"Signorino Katsuki."
Disse l'uomo, in modo tranquillo e pacato, il cui viso veniva diviso in due da un enorme ciuffo biondo in modo tale che un occhio venisse coperto da esso. Si passò un paio di dita sul ciuffo, andandolo a lisciare.
"Prenda la sua arma, che il suo allenamento sta per iniziare."
Fece poi un paio di passi indietro, indicando con un cenno ampio della mano un espositore a muro dove vi erano appoggiate vari tipi di armi bianche.
Il ragazzo si avvicinò ed estrasse un'ascia da guerra dalla lama lucente e affilata, così tanto che avrebbe potuto fendere un corpo senza nessun intoppo.
L'uomo lo guardò e scosse la testa:
"Non siete un barbaro, un re ha bisogno di una spada non di un'ascia."

Il biondo, per la seconda volta nella giornata, assottigliò gli occhi.
Il suo sguardo color rubino era più tagliente della lama stessa:
"Non ho chiesto il tuo parere. Ora iniziamo l'allenamento che già non ho voglia."
Sbuffò, puntando la lama tagliente dell'ascia in direzione del suo maestro, mentre l'altro fece un sorrisetto a fior di labbra e si inchinò al suo cospetto, rispettoso del suo sovrano.

"Come desidera, mio signore."

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