Capitolo 11

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Dalla morte di Ochaco era passato un mese. Un mese intero in cui Izuku ancora non si capacitava di come fosse morta. Aveva sentito delle voci sparse per l'intero villaggio: c'era chi aveva detto che fosse stato uno del regno di Xia, qualche spia mandata dalla regina in persona anche se la cosa era contrastante perché era l'unica, in quella famiglia, che volesse quel matrimonio per espandere il suo regno. Con il tempo, era uscito fuori che nemmeno il principe Katsuki volesse una moglie al suo fianco. Dopo la morte della ragazza, si era completamente ribaltato quel regno, e lui aveva deciso di non sposarsi con nessuno. Preferiva salire al trono da solo, senza avere nessuno al suo fianco e chi mai poteva biasimarlo ? L'unica che doveva sposarlo era anche morta. Quel pensiero struggeva il giovane Izuku, sua madre era preoccupata quando, un mese prima, il giorno dell'accaduto, le aveva detto cosa provasse per la ragazza. Sua mamma lo aveva abbracciato stretto a se, gli aveva sussurrato delle dolci parole, ma non era cambiato nulla. Si sentiva comunque triste, come quelle giornate estive, piene di sole, fossero per lui delle giornate fredde e tutte senza nessun senso. Non ne valeva la pena per lui continuare a vivere dopo che aveva perso l'unica persona di cui gli importava davvero.
Senza Ochaco era perso. Lei era l'unica quando, a tarda sera, si trovavano nel bosco e le parlava della giornata.
Lei era lì, sempre ad ascoltarlo e ad annuirgli comprensiva.
Gli mancava quel viso così dolce, così paffuto e quel sorriso che aveva sempre sulle labbra.
Gli mancava l'odore di acqua di rose che emanava e che contrastava con il suo sempre di sudore.
Forse una delle tante cose di cui si pentiva era che non si era effettivamente dichiarato alla ragazza quando aveva avuto tutto il tempo di poterlo fare.
Quindi che senso aveva per lui vivere quando il sole, delle sue giornate, era lei e si era spento per sempre ?
Ormai una parte di lui era morta.
Si sentiva stanco, ogni giorno in cui a stento cercava di andare avanti, a malapena riusciva a svegliarsi e a trascinare i passi lontano dal letto.
Aveva rinunciato a quegli allenamenti così tanto importanti per lui, ormai aveva persino dimenticato quelle poche cose che aveva imparato.
Quella mattina, quando riaprì per l'ennesima volta gli occhi, aveva il viso contornato da scure e pesanti occhiaie. Aveva spostato le lenzuola, con un sospiro e si era tirato su dal letto a fatica.
Si era trascinato verso il bagno, si era sciacquato il viso ed era uscito dalla stanza, verso la cucina. Li c'era sua madre a preparare il pranzo, stava tagliando le verdure. Ormai anche la donna aveva rinunciato a dirgli qualcosa. Lo vedeva troppo triste ed era consapevole che le sue parole non sarebbero servite a nulla.

"Oggi puoi uscire un po' nel bosco. È da tempo che non c'eri il maestro, magari potresti svagarti un po' con la testa."
Aveva detto la donna, tagliuzzando un filo di prezzemolo e versandolo in una ciotola di legno.

Il ragazzo fece un'alzata di spalle, lentamente; aveva le ossa così pesanti in quel momento. Ci avrebbe pensato su, anche se prendere un po' d'aria non gli avrebbe fatto male.

"Izuku."
Gli occhi vuoti di lui, si diressero verso sua madre. Il suo sguardo era colmo di preoccupazione. Le si spezzato il cuore a vedere suo figlio in quelle condizioni.
Annuì appena e fece un sospiro.

"Se proprio ti rende felice, oggi andrò nel bosco."

-•-

Il pomeriggio era passato in fretta e, nonostante ciò, il sole era ancora alto nel cielo. Il calore lo stava facendo sudare più del dovuto ma a lui non interessava granché, anche perché si fece sentire di meno nel momento in cui varcò le soglie del bosco, rinfrescandosi sotto l'ampia arcata di alberi che lo coprivano dal sole. I suoi della natura lo distrassero un po', anche se non risusciva ad allontanare quel costante pensiero che lo stava tormentando da un mese a quella parte. Ma, dall'altra parte, voleva anche vedere felice sua madre facendole pensare che si sarebbe potuto riprendere dalla sua perdita.
Izuku fece un paio di passi quando a un tratto, sentì qualcosa di anormale. Non erano suoni provenienti da animali, quello era ben diverso. Almeno che gli animali non avessero imparato a parlare, colpiti da qualche sorta di strano potere, e avessero iniziato a imprecare.
Scostando le foglie di alcuni cespugli e qualche ramoscello che pendeva moscio da un albero, vide, steso a terra, un ragazzo e, solo quando alzò la testa, si accorse di chi fosse. Lo riconobbe subito: era Bakugou Katsuki.

"Che ci fai qui, perdente ?"
Disse, sibilando.
Aveva la voce bassa e stanca, come se faticava tanto a muoversi e a parlare.
Non lo aveva attaccato, era rimasto lì e solo dopo poco si accorse del perché.

Su una grande parte del suo addome, coperto dalla maglia, giaceva una grossa macchia rossa e una mano del ragazzo era appoggiata sul quel punto. Era troppo piccola per coprirla tutta, anche se stesse cercando in tutti i modi di farlo. Forse pensava che così avesse coperto quella debolezza.

Izuku era rimasto lì impalato. Anche se il biondo sarebbe potuto morire dissanguato da un momento a un altro.

"Chi ti ha ridotto in questo stato ?"

"Non sono cazzi tuoi."
Ringhiò l'altro inviperito. Nonostante le ferite, aveva visto che non aveva perso per nulla la sua cafonaggine.

Il verdino fece un sospiro.
Rimanendo in piedi, di fronte a lui. Cosa avrebbe potuto fare ? Il suo istinto da salvatore gli stava urlando di correre verso di lui e salvarlo. Ma anche lui, in quel momento, era stato ferito. Solo che, a differenza del biondo, le sue ferite erano interne e non si sarebbero mai rimarginate.
Si morse l'interno della guancia.

Ma poi, a un tratto, mandò a farsi benedire tutti quei pensieri contrastanti nella sua testa. Si avvicinò al biondo e si inginocchiò davanti a lui.

"Ora stai zitto."
Sibilò.
Quel bambino a cui piaceva curare e nutrire gli uccellini feriti era come rinato dentro di lui. Bakugou era quell'uccellino. Sentiva il bisogno di aiutarlo e curarlo. Non avrebbe mai potuto lasciarlo a terra sanguinante.
Stava perdendo troppo sangue, non si sarebbe mai potuto muovere da lì senza cadere a terra da un momento all'altro.

"Cazzo !"
Ringhiò l'altro, quando Izuku gli premette la ferita sul ventre.
Si dimenò un po', ma era troppo debole per  spostare via il ragazzo in un impeto di rabbia.

"Devo fermare il sangue."
Sussurrò, alzando la sua maglietta e scoprendo la ferita: il sangue che ne fuoriusciva era ancora rosso, la ferita era troppo grande e sporca. Chiuse gli occhi, concentrando tutte le emozioni positive, per quelle che rimanevano, e sentì le sue dita inumidirsi, fino a creare qualcosa di liquido sotto il palmo della sua mano. Non tolse le dita, ma sentì il corpo del biondo sollevarsi un po' a quel contatto. Riaprì solo un occhio, vedendo cosa fosse successo. Non poteva crederci: aveva creato, con le sue stesse mani, una pozza d'acqua e aveva lavato via il sangue in eccesso. In quel momento, la sua ferita era ripulita.

"Aspettami qui."
Katsuki non disse nulla. Aveva le palpebre socchiuse di uno che sarebbe potuto crollare da un momento a un altro.
Izuku si tirò su, andando alla ricerca di una pianta in particolare: sapeva che in quella foresta ce ne fossero tantissime con proprietà curative e quando, non molto lontano da loro, ne vide una, strappò un paio di foglie.
Ritornò dal biondo, lo vide con la testa appoggiata al tronco dell'albero e con gli occhi chiusi.
Il suo respiro era calmo, ma debole.
Stava dormendo, ma doveva agire in fretta. Si strappò un paio di lembi dal vestito, appoggiò le foglie sul suo addome e strinse poi gli stracci intorno alla ferita.
Era una medicazione base ma si sarebbe mantenuta fino a quando non lo avrebbe portato a casa sua.

Dominion (Bakudeku)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora