9. Fantasmi

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1 settembre, 1993

Remus Lupin si strinse nel suo cappotto rattoppato e tirò su col naso. Aveva le ossa indolenzite e un'eccitazione inusuale per quel periodo del mese gli montava nel petto.

Normalmente avrebbe fatto carte false per godere appieno della prima, vivida emozione positiva dopo anni, ma una stanchezza anche più feroce del normale gli stava divorando pian piano la testa, come a invitarlo aggressiva a chiudere gli occhi per un po'.

Passò in rassegna con lo sguardo gli scompartimenti ancora mezzo vuoti del treno e gettò l'occhio in una cabina quasi come se qualcosa, al suo interno, lo avesse chiamato. Due giovani Tassorosso parlottavano fra loro a bassa voce, come a non volersi far sentire e, alla vista dell'uomo, alzarono uno sguardo allarmato, poi abbassarono gli occhi in fretta. Se per il suo aspetto o perché era un adulto, Remus non lo seppe mai.

Superò la cabina in fretta. La cosa non aveva nulla a che fare con i loro sguardi, però, c'era qualcos'altro.

Un incantesimo scherzoso gli sfiorò un orecchio e due ragazzi praticamente identici sgranarono gli occhi sorpresi. "Scusi," disse uno dei due, con un sorriso che non sembrava affatto dispiaciuto. L'altro ridacchiava come un pazzo dietro la sua schiena. Remus sorrise debolmente, anche se non voleva mostrarsi subito troppo accondiscendente, poi scosse la testa come a rassicurarli. Sapeva benissimo che non avevano bisogno di essere rassicurati.

Fu solo quando si infilò nell'ultimo scompartimento del treno e si lasciò cadere sul sediolino che realizzò che, per ben sei anni, passare davanti a quella cabina era stato un incubo. Ed ecco il motivo della strana fretta. Vedere quei due gemelli, in un certo modo, l'aveva come svegliato.

Era il luogo in cui si rintanavano Piton, Regulus e un altro paio di amici strani che a James piaceva tanto insultare. Non aveva idea del perché il suo corpo l'avesse percepito prima ancora che lui stesso fosse in grado di realizzarlo, era come se avesse sempre mantenuto la memoria del numero di passi che, dall'ingresso, ci avrebbe impiegato a raggiungere quella cabina. Come se i suoi muscoli si fossero nuovamente plasmati su una storia che andava solo rispolverata, a compiere azioni di cui non aveva mai perso l'abitudine.

Sospirò; l'eccitazione che scemava in una nostalgia pungente, che gli picchiettava la nuca come a ricordargli che tornare sul luogo del delitto non era facile neanche per il complice dell'assassino. A maggior ragione se l'assassino era improvvisamente a piede libero.

Dannato lui e dannata quella sua tendenza a rendere teatrale anche una maledettissima evasione.

Dormire gli avrebbe fatto bene. Si accasciò con il fianco sul finestrino del treno e chiuse gli occhi, tre voci appena udibili gli giunsero all'orecchio lontane, come provenienti da un altro tempo, un altro mondo. Scherzavano su qualcosa, ma non riuscì ad afferrare cosa con precisione, così in bilico sul filo del sonno.

"Dovremmo inaugurarla," James si guardava attorno, analizzando ogni angolo delle pareti del treno. Il loro secondo anno era alle porte e lui non era nella pelle all'idea dei nuovi fantastici scherzi che aveva in mente.

"Allora è questa? La nostra cabina?" Peter, invece, aveva una vena ironica nella voce. Remus sorrise e si guardò attorno a sua volta, per pensare a qualcosa da lasciare nello scompartimento. Qualcosa di piccolo, invisibile a tutti se non a loro, che sapevano dove cercare. Qualcosa che avrebbe reso quella cabina loro.

"Non si sa come sia riuscito a scappare da Azkaban," una voce nuova si intromise in un sogno che assumeva sempre più i contorni di un ricordo. Suonava nervosa, inorridita, "nessuno c'era mai riuscito prima. Ed era anche un sorvegliato speciale."

"Certo, potremmo... Non lo so, appendere uno striscione e scriverci su 'James Potter è vergine. Ragazze, vi va di convertirlo?' Suona bene," un commento leggero fatto con una nota divertita nella voce.

The kids from yesterday | WolfstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora