5. Percorsi

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Metà novembre, 1981


Solitudine.

Non c'era altro. La percepì ancor prima di aprire gli occhi, addirittura prima di riprendere conoscenza.

Nella stanza dalle assi di legno graffiate, un raggio di sole filtrava pigro attraverso le imposte.

Remus Lupin strizzò gli occhi e fece per voltarsi e continuare a dormire, quando una fitta all'altezza del fianco gli mozzò il fiato. Grugnì, di colpo all'erta, e una smorfia di un dolore pungente gli si dipinse in faccia. Corse con una mano a tenersi il fianco, in un istinto a proteggerlo e, lentamente, si costrinse ad aprire gli occhi.

La prima cosa che vide fu quella luce.

Continuava a farsi strada tra gli spifferi della finestra e si stendeva placida e più larga sulle assi di legno graffiate. Pulviscoli di polvere danzavano frizzanti nel suo raggio.

Remus batté gli occhi e si guardò intorno, disorientato.

Erano anni che non soffriva tanto dopo una trasformazione e si chiese perché i suoi amici l'avessero lasciato solo per la prima volta.

In uno scomparto nascosto e segretissimo del suo animo una vocina non aveva fatto altro che ripetergli, sin da quando li aveva incontrati, che prima o poi sarebbe successo. Anche se James si era mostrato aperto e disponibile, anche se lui, forse più di tutti, aveva sempre visto la sua condizione come qualcosa di vagamente simile a un pregio.

Annusò l'aria e non captò nessuno dei loro odori.

Poi una consapevolezza, più amara e dolorosa dell'abbandono, lo spiazzò con la forza della realizzazione: James Potter era morto, Peter Minus pure e Sirius Black era da qualche parte, a metà tra un tribunale e una condanna a vita ad Azkaban.

Un dolore mille volte più angosciante della fitta al fianco lo colpì al petto e una disperazione incomunicabile gli attraversò lo stomaco, quando si alzò a sedere. Gridò per la frustrazione, perché sapeva che nessuno poteva sentirlo. Gridò fortissimo, con voce raschiata e spezzata per gli ululati inumani della notte precedente e si costrinse a piangere, perché poteva permetterselo e perché sperava che lasciar uscire qualcosa, qualunque cosa, l'avrebbe fatto sentire un po' meno sopraffatto.

Si guardò di nuovo attorno, il raggio di sole continuava a stendersi imperturbabile sulle assi di legno graffiate dalle unghie del lupo.

Davanti a lui non c'era nessuno. I suoi genitori erano morti, come la maggior parte dei suoi amici, ma credette di impazzire quando il pensiero gli cadde su Sirius.

Sirius che ogni mattina di luna piena, negli ultimi sei anni, anche con la guerra e gli spostamenti segreti, aveva sempre fatto in modo di esserci. Se lo immaginò davanti, la testa inclinata su un lato e lo sguardo divertito a dire qualcosa di estremamente stupido, come 'buongiorno, stasera ci sentivamo selvaggi' e che non mancava mai di farlo sorridere, anche debolmente.

Si sentì il fiato mancare, quando ricordò cosa aveva fatto.

La notte di Halloween del 1981, Sirius non aveva tradito solo il suo migliore amico: li aveva distrutti tutti.

Remus si piegò su un lato e vomitò sulle assi di legno graffiate.


***


"È praticamente invisibile!" Lupin si alzò di scatto dalla panca per seguire meglio l'azione. Gli occhi saettavano alla velocità vertiginosa di James Potter.

L'ombra di un sorriso passò invisibile sulle labbra di Sirius. "Attento, stai sbavando."

Remus si voltò per un attimo verso di lui, assottigliò lo sguardo e scosse la testa. "È bravissimo, solo che non posso dirglielo, altrimenti si gonfia d'ego e vola via."

The kids from yesterday | WolfstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora