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"Solo pensando a chi ami veramente potrai avere la forza di fare tutto"

La vita nella natura è dura quando non si ha qualcuno che possa guardarti le spalle, o rinforzi su cui contare.
I pericoli sono in agguato ovunque vada.  
La notte da magica diventa pericolosa. Bisogna adattarsi in un modo o nell'altro.
Sono riuscita a intagliare una lancia da un ramo trovato a terra.
Le mie armi sono ancora al clan degli Omaticaya e non ho avuto il modo di andarle a cercare.
Il tempo è diventano sacro ormai.
Il vento vuole scalfirmi la pelle da quanto il mio Ikran sta volando veloce, ma non lo fermo. Devo trovare la base nemica.
Per ora gli alberi sono gli unici elementi che occupano la mia vista, e posso vedere anche il promontorio su cui ho passato la maggior parte delle mie nottate; eppure una in particolare è quella che mi balza in mente. Di conseguenza penso a Kiri, a Tuk, a Lo'ak e a Neteyam.
Mi mancano da morire, ma durerà ancora per poco e poi potrò assaporare ogni secondo in loro compagnia.
È il terzo giorno di perlustrazione dopo essermene andata dal clan: il mio Ikran sarà stanco per aver volato ininterrottamente per tutto questo tempo. 
Non ho idea dove possa essere la base nemica ma quello che so è che esiste ed io la troverò.
Accarezzo delicatamente il collo dell'Ikran per trasmettergli tranquillità.
"Ci siamo quasi..."
La Grande Madre sente i miei pensieri e fa in modo che riesca ad identificare una struttura tutt'altro che naturale.
Sono arrivata a destinazione.
È giunto il momento di farmi sentire e proclamare quello che mi spetta: una vita normale.
Dico al mio Ikran di atterrare ed esegue gli ordini.
"Stai nei paraggi, mi raccomando" L'Ikran avvicina il muso contro il mio viso per farmi una coccola e questo è l'unico momento in cui ho ripreso a sorridere dopo tre giorni di pura desolazione.
Sistemo la lancia nella mano e la tengo stretta per paura che possa cadermi e attirare l'attenzione della guardia posizionata davanti all'entrata.
Prendo un respiro profondo.
Ci saranno una ventina di soldati ed altrettante mura a separarmi dall'uomo che mi ha rovinato l'esistenza.
I sensi sono attivati al massimo e posso sentire anche i pensieri della guardia.
Mi avvicino senza far rumore e mi nascondo dietro l'angolo.
Appena mi sporgo noto che l'uomo è girato di spalle e colgo l'occasione per fare un salto perfetto e dargli un calcio dritto in faccia; per poi infilzarlo con la lancia finché non vedo un lago di sangue farsi spazio sul terreno.
Sento la rabbia impossessarsi del mio corpo. E mi piace. L'adrenalina è a mille. Posso fare tutto.
Alzo lo sguardo incrociando le telecamere le quali fanno poi la stessa fine del tizio steso a terra.
"Brutto bastardo, sono qui per te"
È ora di entrare all'inferno.
Con scatti felini mi muovo nel corridoio.
Ammazzo tutti gli uomini che trovo nel tragitto senza preoccuparmi che possano colpirmi.
La strada è lunga. Sbircio in ogni stanza che si ramifica dal corridoio ma non lo trovo. Ci sono solo i suoi scagnozzi ormai deceduti e infilzati dalla sottoscritta.
Ne ho uccisi così tanti che ho perso il conto. Sicuramente non c'è nessun altro in giro tranne lui.
Mi chiedo che fine abbia fatto.
Dove sarà? Perché si sta nascondendo?
Mi rivolgo ad una telecamera posizionata in un angolo sicura possa sentirmi. Urlo con tutte le mie corde vocali.
"Dove sei?! Codardo!"
Le mie mani tremano e fremono chiedendo vendetta. Mi sento ancora più viva in questo momento.
Continuo la ricerca finché non arrivo davanti ad una porta aperta con l'uomo che sto cercando girato di spalle. È identico a come lo ricordavo.
Sta parlando con qualcuno e sono soli.
L'altra persona non mi preoccupa più di tanto: l'importante è uccidere lui.
"È arrivato il tuo momento" Punto la lancia contro il retro del suo collo. D'istinto alza le mani in segno di resa ma so che non sta prendendo seriamente la questione, infatti inizia a ridere e lentamente si volta e spero riesca a guardarmi talmente in profondità da poter vedere tutto l'odio che provo nei suoi confronti.
Spingo la lancia ancora più a fondo verso il suo collo e vedo una goccia di sangue scendere
nascondendosi poi sotto la canottiera che indossa. Il colore rosso brilla sul blu della sua pelle.
"Sei cresciuta" Dice con ancora il sorriso beffardo stampato in faccia. La voglia di tagliargli la testa è troppo alta.
"Non vieni ad abbracciarmi?"
"L'unica cosa che voglio fare è smembrarti e godermi le tue urla"
"Vedo che hai preso da tua madre in termini di rabbia e rancore"
Il mio respiro si fa sempre più affannoso ad ogni parola che dice.
"Lei verrà dopo di te"
Il cuore sta per uscire dal petto.
"Sei sicura? Magari qualcuno è arrivato prima"
Strabuzzo gli occhi.
Non posso credere alle mie orecchie.
Dopo tutto questo tempo.
"Cosa..." Non riesco a parlare. Mi manca l'aria.
Un dolore fortissimo alla testa mi fa disorientare. Le gambe sono troppo molli e cado a terra con tutto il corpo fin quando non vedo tutto nero.

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