«Perché l'hai lasciato andare?»
«Davvero volevi tenerlo come un cagnolino da compagnia? È un cervo! E il suo posto è nella foresta.»
Mariel non contestò, in fondo Thorne aveva ragione.
Poi successe qualcosa che Mariel non si sarebbe mai aspettata.
«Sei stata grande, Mariel!» disse lo sfregiato.
La ragazza non seppe rispondere. In quasi due settimane di permanenza al casale, Thorne non si era mai complimentato in quel modo con lei. Arrossì e strascicò un timido "grazie". Ma ci mise un attimo lo sfregiato a riprendersi: «adesso muovi il culo e prendi la tua arma; ci alleniamo per la guerra.»
«Quale guerra?»
Thorne estrasse la spada, un'arma lunga e pesante con diversi fregi scolpiti sull'elsa. La roteò in aria davanti a sé e si avventò contro Mariel senza preavviso.
La ragazza scansò e prese la sua arma.
«Ci siamo già passati mi sembra» lo schernì.
Lo sfregiato iniziò ad attaccare con foga senza darle alcuna possibilità di contrattacco.
Ma Mariel parava e schivava ogni colpo dell'uomo con grande agilità.
«Sei brava con la spada, ragazzina» riprese Thorne, mentre continuava a menare fendenti a destra e a manca, «ma in guerra bisogna fare i conti con lo sconforto, con il sangue dei caduti, con la rabbia dei nemici... e non sempre si combatte uno contro uno. E poi gli uomini di Morfans hanno quelle dannate aquile incantate che attaccano dal cielo...»
«Vuoi portarmi al fronte?» chiese allibita Mariel.
Intanto aveva trovato una breccia nel lato sinistro dell'avversario e ne approfittò per ribaltare la situazione. Adesso era lei che attaccava.
«Quando tornerai dalle terre oscure, ammesso che farai ritorno, dovrai affrontare Morfans, e prima di lui i suoi più valorosi guerrieri. Penso che un assaggio possa solo farti bene.»
«Quindi vuoi che entro nella tana del lupo!»
Lo sfregiato annuì. Intanto fece una finta, estrasse un pugnale dagli stivali e lo puntò dritto al ventre della ragazza.
«Morta!»
«Non me l'aspettavo!»
«Devi imparare ad aspettarti di tutto, ragazzina, se vuoi rimanere viva in battaglia.»
Mariel annuì e rinfoderò la spada.
«Non posso andare» disse in un sussurro.
Thorne alzò un sopracciglio.
«Ho detto a Conar di trovare mia zia Sebile, dovrebbero essere già sulla strada...»
Lo sfregiato la interruppe.
«Sei giorni!» esclamò, «se entro sei giorni non saranno ancora qui partiremo per il fronte.»
Mariel annuì.
I giorni seguenti furono pieni di allenamenti intensi. Mariel migliorò rapidamente, riuscendo a prevedere i colpi di Thorne e rispondendo con attacchi sempre più precisi e veloci. La sua destrezza con la spada crebbe, così come la sua resistenza. Si allenavano anche sotto la pioggia, sfidando le elementari forze della natura, un sussurro tra il fragore del temporale. I loro corpi danzavano nel diluvio come falene verso la fiamma, l'una attirata dall'altra, i colpi risuonavano con il fragore dei tuoni, scontrandosi in una sinfonia di ferro e acqua.
Mariel era come il salice nel vento, flessibile e pronta a piegarsi di fronte alle raffiche di Thorne, ma mai a spezzarsi. La sua spada, una goccia di pioggia tra la tempesta, fendeva l'aria, schivando i colpi con la grazia di una libellula che vola attraverso un temporale.
Thorne, al contrario, era come la roccia contro la quale si infrangeva il mare in tempesta, inamovibile e solido. La sua spada era un fulmine che spezzava il cielo, attaccando con la ferocia di un lupo affamato.
Gli allenamenti erano duri, brutali come l'inverno. Mariel portava i segni di quegli scontri sulla pelle, come stelle cadenti sulla tela del cielo notturno. Ogni ematoma, ogni graffio erano moniti del suo percorso, scritte incise sul libro della sua vita.
Di Conar e Sebile neanche l'ombra.
La mattina della partenza Mariel era eccitata.
Thorne aveva preparato il suo cavallo e quello di Mariel e aveva appeso alla sella delle bisacce con il necessario per il viaggio.
«Tieni questo» le disse, porgendole un elmetto. Era di rozza manifattura e stonava con il completo che le aveva regalato sua zia. «Lo indosserai per tutto il viaggio e in ogni singola battaglia.»
Mariel fece una smorfia di disappunto.
«Non vorrai farti riconoscere con quei capelli viola e quelle orecchie strane?»
La ragazza non rispose. Piuttosto chiese: «ma come faremo una volta arrivati lì?»
«Mi è rimasto ancora qualche amico nell'esercito. Ci troveranno un posto nell'avanguardia di qualche plotone sotto il comando di un bravo generale, vedrai.»
«Perché nell'avanguardia?»
«Perché non ci conosce nessuno, e nell'avanguardia ci stanno sempre i pivellini; sarà più facile non farci notare.»
"Iniziamo bene" pensò Mariel.
Annuì.
«Devo fare una cosa prima» disse la ragazza.
«Fa' quel che vuoi, ma fallo in fretta!» rispose lo sfregiato.
Mariel si inoltrò nella foresta. Allargò le braccia alzandole verso il cielo e formulò un incantesimo. Un corvo scese in picchiata e si poggiò su un ramo proprio accanto a lei. La ragazza lo fissò, vergò su un foglio un breve messaggio e lo assicurò nelle zampe del pennuto. Mentre completava il suo operato, però, notò dei movimenti all'orizzonte. Qualcuno stava arrivando.
La figura si avvicinava rapidamente, troppo veloce per essere un viaggiatore casuale. Mariel sentì una stretta al cuore. Strinse l'elsa della sua spada e si preparò a difendersi. Ma poi, come un miraggio che si dissipa nel deserto, riconobbe le figure. Erano Conar e Sebile, tornati appena in tempo. Non appena li riconobbe, un'ondata di sollievo la travolse come un dolce vento primaverile. Il suo cuore si riempì di una gioia senza pari.
Senza un attimo di esitazione, corse verso di loro. Conar la salutò con un cenno del capo, un sorriso di sollievo sui suoi lineamenti affilati. Sebile invece, l'accolse in un abbraccio pieno d'affetto.
«Come stai?» chiese Mariel alla zia.
Sebile alzò la sua gamba facendo intendere di essere totalmente guarita. «Stavo giusto cercando una cavalcatura per raggiungervi nelle terre di Cristallo,» rispose, «quando vedo spuntare questo mostriciattolo che mi ha raccontato un po' tutti gli eventi.» Stropicciò i capelli al ragazzo, e Conar rise. «Tu invece, come te la passi?»
«Thorne è un uomo straordinario!» esclamò la giovane, «ho imparato tantissime cose in queste settimane...» e si perse in un racconto pieno di dettagli e di elogi verso l'uomo.
Conar ascoltava in silenzio.
Nonostante l'aria di spensieratezza e di ritrovata unità, nel ragazzo qualcosa stava ribollendo. Mentre ascoltava Mariel parlare di Thorne, sentiva una strana gelosia crescente solo al pensiero del legame che si era formato tra la giovane e lo sfregiato.
Cercò di scacciare quelle ombre dai suoi pensieri. Era felice che Mariel avesse trovato un mentore così capace, qualcuno che potesse insegnarle a sopravvivere in un mondo così pericoloso. Tuttavia, non poteva fare a meno di domandarsi se Mariel avrebbe mai parlato di lui con lo stesso tono di ammirazione e rispetto con cui parlava di Thorne.
«Devo incontrare una persona.» disse Sebile.
«Chi?» chiese Mariel.
«Qualcuno che potrà aiutarci. Tu quanto rimarrai qui?»
«Io veramente...»
«È tornato il ficcanaso vedo!» La voce dello sfregiato interruppe i loro discorsi. Poi fissò Sebile: «ci si rivede.»
«Vi conoscete?» chiese Mariel.
«Abbiamo avuto modo di incontrarci in passato.» disse Sebile.
«E se non sbaglio stavi dalla parte sbagliata.» commentò lo sfregiato.
«Tutti commettono errori nella vita.» replicò la donna.
«Già, ma i tuoi errori sono costate tante vite...»
«Che discorsi da ragazzini frustrati!» si intromise Conar.
Thorne lo guardò torvo.
Fu Mariel a spezzare la pesantezza che si stava creando.
«Comunque noi stavamo giusto andando via.»
Sul volto di Conar spuntò un sorriso di pietra.
Il cielo era grigio e lucente. Una mattina d'argento.
Il ragazzo provò a trovare il punto giusto da dove iniziare, scorrendo frasi tra le dita, legando parole a frammenti di rami spezzati.
«Dove si va?» disse d'un fiato.
«Thorne vuole portarmi...»
«Dobbiamo continuare l'addestramento!» la interruppe lo sfregiato.
«Io vengo con voi!» esclamò deciso Conar.
«Non se ne parla!» urlò Thorne.
«Non vi sarò di intralcio alcuno,» si lamentò il giovane, «anzi, potrei essere utile per gli allenamenti quando...»
«Sei sordo, ficcanaso? Ho detto non se ne parla.»
Conar si accigliò. Ma non si arrese.
«Non ho dove andare» disse, cercando di dare un tono compassionevole alla sua voce.
Lo sfregiato scosse la testa, risoluto.
«Fallo venire con noi» intervenne Mariel, «è un bravo combattente. Ci divideremo i turni di guardia durante il viaggio e riusciremo ad arrivare più freschi.»
Thorne fissò la ragazza per qualche istante. Poi si voltò di scatto e si avviò verso la sua cavalcatura.
«Non mettetevi in testa che vi farò da balia. E viaggerà sul tuo cavallo!» disse rivolto a Mariel.
Conar inventò un inchino regale e il suo cuore esultò. Avrebbe voluto abbracciare la sua amica, dirle quanto le era mancata in quelle settimane, che il mondo senza la sua presenza si era svuotato. Ma non fece nulla di tutto ciò. Si limitò a dire: «dove siamo diretti?»
«A nord delle torri di Nidum! Dovrebbe esserci un accampamento nei pressi di città nuova.»
«Ma... lì c'è la guerra!» protestò il ragazzo.
Lo sfregiato lo fulminò con lo sguardo, e Conar fece segno di sigillarsi le labbra con le dita. Mariel trattenne una risata.
Sebile si avvicinò all'uomo: «spero tu sappia quello che fai» gli disse. Poi salutò la nipote e Conar e partì al galoppo, scomparendo nel folto della foresta.

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Mariel: Il covo delle ombre
FantasyNon c'è ombra senza luce. Una strada lastricata di sangue e orrore. Un mondo dominato dalla malvagità, dove la speranza della pace è sempre più remota. Un segreto nascosto da anni. Un viaggio intriso di sofferenza e ingiustizia, ma anche di coragg...