Prologo

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Non esistono regole in guerra. Tra il cozzar delle spade e le urla dei soldati vince solo chi rimane in vita. 
Il sole stava per sorgere su Kabrat quando, tra la neve e un orrore senza tempo, il corno suonò, per l'ultima volta, e decretò la fine dei vent'anni di tirannia sotto il dominio di Amlhet. La torre oscura si frantumò in miriadi di schegge fino a diventare polvere. E fu proprio tra la polvere che iniziò il massacro. Uomini, elfi, maghi e nani si scagliarono sui loro nemici e li trucidarono senza pietà. I superstiti furono passati a fil di spada.
Bohan, il terribile mago nero e generale delle truppe di Amlhet, prese la spada di uno dei caduti e combatté, senza sosta, senza speranza. Sarebbe morto, ma l'avrebbe fatto con onore, per il suo padrone, per gli anni passati a conquistare terre con la promessa di un mondo unito sotto un solo dominio. Ma il destino scelse altro per lui. Al calar delle tenebre si risvegliò sotto il peso dei cadaveri, ferito in diversi punti e con un braccio rotto. Ma era ancora vivo. Fuggì. Attraversò la piana sotto una luna insanguinata e si diresse nella foresta di Elvemir. Il silenzio era un inferno. Udiva solo lo scricchiolar della neve sotto i suoi piedi e le urla dei soldati che vociavano nella sua mente. Si inoltrò nella boscaglia e si diresse all'albero di pietra. Pronunciò un breve incantesimo e l'albero si spaccò in mezzo, mostrando un passaggio stretto dal quale proseguì. Gli si parò davanti una casupola decrepita, con il tetto di paglia e due finestre che sembravano guardarlo e augurargli il bentornato. Finalmente a casa. Tirò un sospiro ma il fiato gli si spezzò in gola quando, al limitare dell'uscio, sentì dei rumori strani provenire dall'interno della casa.
«Lui dov'è?» urlava una voce aspra e sconosciuta.
Una risata.
Un'altra voce si fece spazio, più pacata e quasi supplichevole: «Amlhet è morto, Doriel, non c'è più motivo di combattere.»
Un'altra risata.
Bohan preparò un incantesimo e si avvicinò a una finestra per sbirciare all'interno.
L'aria era immobile. C'erano due uomini di spalle con le spade in mano ai quali Bohan non seppe dare un volto né un nome.
In un angolo la sua sposa. Macchie di sangue sporcavano i suoi lunghi capelli violacei. Era ferita. Nei suoi occhi di ghiaccio riuscì a scovare un rivolo di terrore.
Doriel era un elfo. Figlia di Falaster, sovrano delle terre di cristallo. Rinnegò la sua stirpe a soli quindici anni per fuggire con Bohan. E adesso era ora di pagarne le conseguenze.
Bohan entrò scaraventando la porta a terra e scagliò sui due soldati un incantesimo che confondeva le menti. Si fiondò contro il primo, lo disarmò e lo infilzò al petto con la sua stessa arma. Ma l'incantesimo durò meno del previsto. Il secondo uomo, quello più vicino a Doriel, si riscosse e volteggiò la spada davanti a sé. Bohan non si fece pregare e iniziò ad attaccare. Ma i suoi colpi erano deboli e imprecisi e in una manciata di secondi era già disarmato.
Doriel scorse la sua occasione, impugnò un pugnale dalla lama incantata e lo lanciò all'uomo che fronteggiava il suo sposo. Questi se ne accorse appena in tempo per schivarlo ma la lama gli sfregiò la guancia. Il mago preparò un altro incantesimo, ma prima di completare la formula si ritrovò con la spada conficcata alla gola. Il suo canto funebre si perse in un fiotto di sangue che schizzò sulle vesti dell'uomo. Intanto l'elfo, viste le sorti del suo amato, si lanciò come una furia sul soldato, gridando come un'ossessa la sua vendetta. La spada di quest'ultimo si infilzò nel ventre della donna quasi d'istinto, lasciandole solo il tempo di urlargli l'ultima maledizione: «Assassino!».
Poi Doriel si accasciò a terra senza vita, e l'uomo lasciò la casa.
Dall'oscurità di una stanza adiacente spuntarono due occhi innocenti, e videro un orrore che li avrebbe accompagnati per la vita.

Mariel: Il covo delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora