Mariel avanzò lentamente verso i quattro, i quali, non riuscivano a smettere di fissarla. Alle sue spalle Conar volteggiava un'ascia. Sebile si preparò all'attacco. Ma la ragazza fu più rapida. Nella destra stringeva la spada, nella sinistra la sua nuova frusta. Non perse occasione di provarla. La maneggiava con estrema facilità, come se fosse sempre stata la sua compagna di battaglie. Vibrò un colpo su uno dei soldati e gli staccò di netto un braccio. Sebile la guardava con un misto di ammirazione e disapprovazione per essere uscita allo scoperto. L'urlo dell'uomo fece rannicchiare la foresta.
Mariel si lanciò su un atro soldato. Seguita da Conar e Sebile. Lo scontro fu breve. In poco tempo anche gli altri due uomini furono fuori combattimento; il nano invece, si diede alla fuga. Sebile lo inseguì per un buon tratto, ma quel nanerottolo riuscì a seminarla.
«Dannazione!» imprecò la donna. «Dobbiamo andare.»
«E dove?» chiese allarmato Conar.
«Ovunque! Basta che non sia qui. Quel maledetto mezz'uomo andrà dai suoi. Ha visto Mariel, non siamo più al sicuro.»
Sebile lanciò uno sguardo torvo alla ragazza e Mariel si diede della stupida per non essersi coperta almeno la testa.
Prepararono delle sacche con coperte e cibo. Sebile scelse alcune armi dalla sua collezione, caricarono tutto sul cavallo e lasciarono la casa in pochi minuti.
«Dove andremo?» chiese Mariel.
«La cosa più giusta sarebbe raggiungere gli elfi, nelle terre di cristallo,» disse Sebile, «Tudwal voleva andarci, era sicuro che Re Falaster sarebbe stato in grado di dargli delle risposte. E poi, sei sua nipote di sangue, non ti negherebbe la sua protezione.»
«Mia madre era figlia del re degli elfi?»
Sebile annuì. Poi riprese: «Tuttavia per raggiungere quelle terre ci vorranno non meno di due mesi, considerando che ci muoviamo praticamente a piedi.» Sebile si fermò un attimo, poi scacciò un pensiero con la mano e continuò: «La mia idea è di andare a nord, nelle terre rocciose. Sono a sei giorni di cammino da qui. Conosco un paio di nani che sarebbero disposti a darci dei cavalli e il necessario per il viaggio.»
A Conar si illuminarono gli occhi. Andava finalmente a vedere quella terra tanto bramata.
«E quanto ci fermiamo?» chiese il ragazzo.
Sebile scorse una scintilla negli occhi del giovane. Una scintilla che brillava di speranza e di avventura, di imprese epiche e, perché no, di nuove amicizie. Si perse per un attimo nei ricordi di quando anche lei era solo una ragazzina. I suoi sogni di cavaliere. Le sue grandi aspirazioni e l'illusione di realizzarle. Le sue scelte sbagliate...
«Guarda che non sono creature molto socievoli, i nani.»
Conar alzò le spalle.
Camminarono fino a notte inoltrata. Sebile in testa che teneva le briglie del cavallo, Mariel e Conar la seguivano. Il silenzio era assoluto. Si fermarono sotto un albero dove la foresta era più folta, e adagiarono delle coperte per terra. Fecero dei turni di guardia per evitare di essere sorpresi nel sonno. Ripartirono che non era ancora l'alba e arrivarono al confine nord della foresta al tramonto.
«Ci fermiamo qui» disse Sebile, «il prossimo tratto sarà allo scoperto e ci converrà essere riposati e in forze.»
Mariel e Conar non commentarono. L'autunno iniziava a far sentire il suo soffio frizzante e una lieve pioggerella cominciò a benedire la foresta.
«Perfetto!» si lamentò Conar, «domani saremo inzuppati fradici e con le ossa doloranti.»
«Quanti anni hai detto di avere?» gli chiese Mariel, «Ottantacinque?»
«Fai poco la spiritosa, e cerca di fare qualche diavoleria delle tue per far smettere di piovere.»
«Sai bene che non è possibile» disse stizzita la ragazza. Poi la attraversò un'idea: «Far smettere la pioggia no, ma un riparo possiamo rimediarlo.»
Si posizionò al centro tra due alberi e chiuse gli occhi. I rami più alti iniziarono a muoversi come spinti dal vento e, lentamente, cominciarono a intrecciarsi tra loro. Piano piano i due alberi si unirono in un grande abbraccio, formando un tetto di rami e foglie.
«Non male!» si complimentò la zia.
Conar invece, per un attimo, rimase a fissare a bocca aperta l'opera dell'amica. Poi si destò.
«Geniale!» esclamò.
La ragazza finse un inchino, poi mangiarono un po' di pane nero e della frutta e sistemarono le coperte come la notte precedente.
Ma quella notte Conar non riusciva a dormire. Durante il turno di Mariel una goccia d'acqua lo colpì in viso. Poi un'altra, e un'altra ancora, fino a diventare un gocciolio costante.
Si accorse che dalla tettoia improvvisata filtrava l'acqua piovana e si ritrovò a maledire la giovane maga.
«Geniale un corno!» sbraitò il giovane, fissando il punto esatto da dove passava la pioggia.
Si alzò e raggiunse Mariel.
«Non riesci a dormire?»
«Il tuo ombrellaccio fa acqua da tutte le parti» si lamentò il giovane.
La ragazza sorrise.
Il buio era freddo. Il rumore della pioggia era divenuto forte e si mescolava con il fischio di un labile vento che attraversava la foresta.
«Sei una ragazza forte» disse d'un tratto Conar.
Mariel non si voltò nemmeno. Il ragazzo non ci badò e continuò a parlare: «Anche mia madre era una donna forte, sai? Era una ladra. Rubava soprattutto ai ricconi di città. Gioielli, vestiti, soldi, cibo... ci manteneva con i sacrifici degli altri. Mio padre invece era un ubriacone. Non l'ho mai visto sobrio in sei anni di vita.
Fu mia madre a lasciarmi per prima. È uscita una sera per una delle sue commissioni e non è più tornata. Mio padre se ne andò due giorni dopo abbandonandomi da suo fratello. Diceva che non poteva più mantenermi: come se l'avesse mai fatto.»
Mariel accarezzava la testa di drago della sua spada.
«Perché mi racconti queste cose?» chiese senza ancora degnarlo di uno sguardo.
Conar si grattò la testa e aggrottò le ciglia.
«Perché siamo amici?»
Finalmente Mariel si voltò a guardarlo.
«Sta zitto!» intimò la ragazza.
Conar non capì. Cosa aveva detto di male? Ma Mariel lo superò e tese le orecchie all'oscurità.
«C'è qualcuno. Vai a svegliare Sebile.»
Il giovane non se lo fece ripetere una seconda volta e si diresse verso la donna. Il rumore di un ramoscello spezzato seguito da un leggero fruscio. Conar si voltò di scatto e lo vide. Un grosso lupo gli mostrava i denti aguzzi. Occhi di fuoco e bava alla bocca.
«Che mi prenda un colpo!» esclamò il ragazzo, «e tu da dove vieni fuori, cucciolotto?»
Si mosse lentamente verso il giaciglio improvvisato. Nel frattempo Sebile si era svegliata e impugnava la spada a un passo da lui.
«Sta' calmo» disse la donna. Con movimenti impercettibili gli porse l'ascia.
Rimasero immobili! L'animale li scrutava entrambi, sembrava studiarli. Poi attaccò. Con un balzo si lanciò verso il ragazzo che urlò di terrore e cadde a terra, ma quando il lupo atterrò sopra il suo corpo era già morto, colpito da un fendente di Sebile.
«Ce ne sono altri.» La voce di Mariel suonò alle orecchie di Conar come una maledizione.
«Adesso ci sbranano vivi...» si lamentò con un urlo il ragazzo.
«Ma la smetti di frignare?»
Mariel alzò le braccia e un fuoco azzurrino divampò attorno a loro.
«Brava!» disse il giovane, «così ci cucinano prima di mangiarci.»
Sebile si arrampicò su un albero. La luce del fuoco rischiarava la notte e la donna poté vedere le grandi bestie avvicinarsi.
«Mariel!» urlò Sebile, «sali su, ho bisogno di te.»
La ragazza fece come gli era stato ordinato e con un paio di balzi stava già sull'albero a fianco a Sebile.
«Devi infuocare la punta delle frecce,» disse la zia, «questi non sono semplici lupi.»
«So fare di meglio.» esordì la giovane.
Prese una a una le frecce dalla faretra di Sebile e ne strinse il dardo tra i palmi, poi li passò alla donna.
Sebile guardò la prima e le sembrò uguale alle altre, se non fosse per uno strano luccichio alla punta.
«Fidati» disse Mariel, intuendo la sua incertezza.
E così fece. Iniziò a scagliare frecce ai grossi lupi con precisione micidiale. Appena il dardo colpiva l'animale esplodeva, e il corpo schizzava in mille schegge di carne e sangue. Erano una dozzina. E tutti fecero la stessa fine. Quando furono sicuri di averli sterminati tutti scesero dall'albero.
«Dov'è Conar?» chiese d'istinto Mariel. Si accorse che non era più nel punto dove l'aveva lasciato. Il cuore le iniziò a battere forte e fece per chiamarlo, ma Sebile la bloccò, e con la spada indicò un punto approssimativo alla sua sinistra. Mariel lo vide. Stava rannicchiato sotto le lunghe zampe del cavallo con la testa coperta dalle braccia.
«Ma si può sapere che ti prende?» gli urlò contro Mariel.
Il ragazzo si destò e guardò spasmodicamente attorno a sé, con gli occhi spalancati.
«Se ne sono andati?» chiese in un sussurro forzato.
La ragazza scosse la testa, incredula. L'aveva visto scagliarsi contro uomini più grandi e forti di lui. Si era messo in mezzo tra lei e il soldato con il mazzafrusto a casa sua. E adesso sembrava un bambino impaurito.
«Non dirmi che hai paura dei lupi?» rise Mariel.
«Aoh, quando ero piccolo mi dicevano che una di queste bestiacce si era pappata viva una certa cappuccetto rosso con tutta la nonna. Ognuno con i suoi drammi!» fece il ragazzo.
Una risata spazzò via la tensione e Conar uscì dal suo nascondiglio.
«Non sono semplici lupi,» disse Sebile, fissando la carcassa del primo atterrato, «sono mastini! Sono più grossi di corporatura e con zanne più lunghe e aguzze. E sono bravi segugi.» Sollevò la testa dell'animale e si rivolse a Mariel: «Hai visto gli occhi?»
La ragazza annuì.
«Sono incantati» sibilò, «ci danno la caccia.»
«Dobbiamo sbrigarci.» incalzò Sebile. «D'ora in avanti niente soste per mangiare. Dobbiamo riuscire a raggiungere la città di Boudrin in massimo due giorni. Da lì, il confine con le terre rocciose dista mezza giornata. Non sanno dove siamo diretti e se ci sbrighiamo, li battiamo sul tempo.»
Si rimisero in marcia subito.
I successivi due giorni camminarono senza parlare. Di tanto in tanto una pioggerella autunnale gli lavava via i pensieri e loro acceleravano il passo.
Giunti a Boudrin lo spettacolo che gli si parò davanti li lasciò senza fiato. I tre viandanti sembravano catapultati in un altro mondo.
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Mariel: Il covo delle ombre
FantasyNon c'è ombra senza luce. Una strada lastricata di sangue e orrore. Un mondo dominato dalla malvagità, dove la speranza della pace è sempre più remota. Un segreto nascosto da anni. Un viaggio intriso di sofferenza e ingiustizia, ma anche di coragg...