Capitolo 18

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"Forse non avrei mai dovuto accettare il vostro invito a cena. Sono il vostro medico e se voglio svolgere in maniera impeccabile il mio lavoro, devo evitare coinvolgimenti" disse Lucas superando lo stipite del portone all'ingresso e facendo attenzione a menzionare senza offendermi la sua opinione riguardo il mio invito a cena.

Mi ero incuriosita troppo. Dovevo sapere di più su Florence e non volevo aspettare altro tempo. Cosa le era successo durante la malattia?

"Il fatto che io sia la seconda vittima della sindrome, aggiunto al fatto che vostra sorella è la prima, vi ha già coinvolto abbastanza. Non credo che parlarne un po' sia qualcosa di eccessivamente corrompibile per la vostra carriera da buon medico" dissi fermandomi nel corridoio sotto le scale e guardandolo con un senso di vuoto.


Bisognavo di quelle risposte.

"Va bene, Anne. Se questo puo' rendervi felice, perché deludervi"

"Vedo che avete compreso, Lucas"


Due ore dopo...


"Per cui mi state dicendo che Florence si ammalo' a Roma e non prima?" chiesi sorseggiando il buon the' preparatoci da Mr Sweex.

"No, vedete Anne" si avvicino' a me nel divano del salone su cui eravamo seduti "una sindrome non è come un febbre. Non si prende perché in quel determinato luogo vi erano delle molecole colpite da un parassita che vive e che si riproduce in una cellula vivente. Una sindrome è..." si fermo' a pensare per trovare le parole giuste e appena ci riusci', alzo' le sue mani per continuare a gesticolare.

 La trovavo una cosa carina. Non tutti la ritenevano una maniera educata, ma mi faceva piacere sapere che si sentisse a proprio agio "è come se fosse stata sempre nel corpo di un essere. Si nasce con essa, ma non si sa di esserne in possesso finché dei sintomi non escono a galla. Come la Trisomia 21, ecco!" fini' il suo discorso convinto.


"La Trisomia 21?" chiesi confusa.


"Volgarmente chiamata Mongoloidismo... La sindrome di Down, la scoperta del 1866!"


"Oh. Una malattia congenita, quindi!"

"Si' Anne, è probabile che i geni fossero nei vostri avi, ma che lo sviluppo ha avuto la meglio in voi. Potremmo analizzare del materiale con i tessuti dei vostri genitori! Sono ancora in vita? Potrei conoscerli?" disse emozionato ed entusiasta.

Ma no, non poteva conoscerli.

"Sarebbe bello Lucas, ma nemmeno io ho avuto il piacere di incontrarli mai"

dissi allontanandomi e posizionandomi piu' lontano nel divano.


"Mi dispiace, non sapevo... Io..."

"State tranquillo. Non mi avete dato fastidio!" lo rassicurai sorridendo.


"Vi siete spostata pero'..."

"Avete oltrepassato il mio spazio personale, sapete, ho una fissazione con queste cose" dissi ridacchiando nel vedere la sua espressione facciale rilassarsi e stendersi.

Poi... sentii dei rumori.


"Anne! Dove diamine siete?!"


"Chi osa rivolgersi a voi in questa maniera?" pronuncio' Lucas alzandosi e avvicinandosi alla porta chiusa del salone che da li a poco, sarebbe stata spalancata da un Harold furibondo.


"Harold! Cosa ci fate qui?" dissi alzandomi anch'io e ansimando.


I capelli erano più corti ma disordinati; le pupille nere non lasciavano spazio alle iridi chiare: sintomo di rabbia; i pugni stretti alla fine di due braccia stese lungo i suoi fianchi magri.


Furioso e bellissimo. 


"Mrs Winter, scusatemi. Non sono riuscito a trattenerlo!" disse sconsolato il povero Mr Sweex, con faccia furba e contenta.


Oh, andiamo! Avevo capito che faceva il tifo per un nostro possibile, o impossibile, rapporto.


"Tranquillo Jack! Va pure a riposare, è tardi" risposi con lo stesso sguardo furbo.


"Chi è questo?" chiese Harold in mia direzione, riferendosi al povero Lucas che era ormai quasi spaventato alla vista del mittente di quella lettera.


"Amh, lui è Lucas, il mio..." decisi di tenerlo un po' sulle spine. Vederlo ora, ora che i sentimenti di uno di noi erano stati scoperti da un nero velo pietoso, faceva ancora più male.

Ora che la sindrome mi stava, piano piano, ridando la memoria come lei stessa l'aveva tempo fa tolta, era tutto più difficile.

Ora che sapevo con certezza cosa fossimo.


Eravamo fratelli. L'avevamo scoperto una volta arrivati a Londra, dopo la fuga.

Ecco i ricordi rimembrati durante lo svenimento.


"Il vostro Anne? Continuate!" ecco: le sue iridi sempre più confuse dalla pupilla nera che stava sempre più ingrandendosi.


"Il mio medico. Solo il mio medico."


Sulla neve fredda a piedi nudiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora