Parte senza titolo 12

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  • Dedicata a Bethany Hamilton e al suo coraggio di guardare in faccia le sue paure
                                    

1938

"Mamma. Io, davvero non capisco come fai! Papà è appena morto, i miei figli stanno piangendo per il loro povero nonno che non potrà più portarli a comprare un buon gelato e tu cosa fai?! Sorridi. Sorridi a quella tomba legno cedro, il tuo maledettissimo legno preferito." disse disperatamente la bionda, ormai matura in volto.

Mia figlia.

Mi girai finalmente, dall'unica cosa che mi univa a Lui e guardai Roxanne.

La guardai negli occhi, cercando di trasmetterle tutto l'amore che provavo verso l'uomo morto alle mie spalle, unico fattore che schiariva in maniera leggera, il dolore per lo stato della stessa persona che amavo...amo.

***Qualche ora dopo...***

"L'apparente interesse, nutrito verso il voler mettere un punto a questa strana 'fiaba', stava nascondendosi con il timore. 'Persino le mie ansie avevano ansia', sussurrai a me stessa ricordando un vecchio e buffo detto di paese."

"Ma nonna, siamo arrivati a quando Regina Victoria ti invito' per un thé al palazzo reale!" mi interrompé Susie, la più piccola fra i mie nipoti.

"Lo so cara, fa' finire la nonna." la ripresi con dolcezza.

"Continua nonna! Lasciala stare!" aggiunse Will, il più grande, di spalle, per nascondere le lacrime che non riusciva a fermare... Forse stava buttando via anche le mie.

"Dicevo ragazzi... Giorni prima... Phil! Non guardarmi in quel modo! Adesso andiamo a magiare, tranquillo! Dicevo... Giorni prima, andai alla ricerca di qualcosa che potesse coprire il mio normale corpo.

Qualcosa che non fosse né troppo vistoso, ma che allo stesso tempo lasciasse il segno."

"E alla fine l'hai trovato?" chiese Susie, usando ancora non correttamente, ma teneramente, i verbi ed inginocchiandosi sulla sabbia.

"Lo trovai in una boutique nel centro di Londra Susie... Ross Street, se la memoria persiste ancora nel proclamare il vero."

La mia voce, non era più quella di una volta.

A Lui piaceva pero' e a me questo bastava.

"Era rosso, come la rabbia che mi spinse ad accettare l'invito, arrivato come promesso, il Martedi' prima."

1905

"Kaylie, credi che vada bene cosi'?" sussurrai più a me stessa per convincermi che tutto sarebbe andato a meraviglia.

"Certo, tesoro. Guardati." rispose lei, cingendomi le spalle, entrambe di fronte lo specchio.

"Ci sarà anche lui?" chiesi con le lacrime che minacciavano di tornare a farmi visita.

"Non lo so... Ma anche se fosse, non cambierebbe nulla Anne. Stai andando li' per scoprire finalmente le verità che bramavi di ricevere."

"Grazie Kaylie. A volte... Penso di non riuscire a dimostrarti quanto io possa amarti. Sei la sorella che non so di avere."

Si stacco' finalmente dalle mie braccia un po' in carne, ultimamente.

"Lo sai che ci saro' sempre." disse di rimando, guardandomi attraverso lo specchio.

"Adesso ci conviene andare. Mi accompagnerai fino al cancello, vero?"

"Immagino non sia una proposta." rise.

***Qualche ora dopo...***

"Ci siamo Anne. Fa' vedere al mondo intero la tigre che vive in te."

Mi guardo' e mi basto'.

"Te lo prometto Kay." dissi di spalle, scendendo dalla carrozza che pochi minuti prima era entrata nel cancello del palazzo reale di Londra "Cardiff".

"Benvenuta Miss." mi accolse quello che pensai fosse il maggiordomo di corte.

"Victoria Queen vi aspetta nelle sue camere, Mr Shadow vi accompagnerà." mi informo' pochi secondi dopo.

"Prego, seguitemi." disse l'altro, vestito come il primo, con un completo bianco invernale, appositamente fatto per loro, credo.

Il lusso era una parola d'ordine.

Il soffitto era decorato da quelli che erano dipinti d'epoca.

Una donna vi era raffigurata.

Una donna nuda, ma non del tutto; non era volgare. Un velo grigio le copriva i seni e la parte superiore delle cosce.

Con uno sguardo smarrito osservava l'uomo di spalle, che accarezzava un'altra donna, identica alla prima.

Qualcosa di spettacolare, pensai. Mi chiesi subito di chi fossero le mani che crearono questo insieme di arte e realtà.

Ed ecco che dopo aver percorso le trentuno scale, accompagnate da un corrimano interamente in oro, vidi un altro tappeto. Anch'esso rosso, come quello all'entrata.

Alla fine del corridoio, le cui pareti erano coperte da tantissimi specchi, una porta.

Immaginai fosse La porta.

Due uomini vestiti in un completo nero, la aprirono.

Entrai, e con me, la mia paura. Queen Victoria, non era ancora presente.

Era li, Lui.

Ma non solo.

Una donna dai lunghi capelli color arancio, gli teneva stretta la mano. Gli sorrideva per rassicurarlo, penso. I suoi occhi verdi perfidi, nascondevano astuzia.

Una volpe. Dal pelo rosso e gli occhi cattivi.

E adesso chi era colei?

Sentii un 'track'.

Che fosse il mio povero cuore?

Lui le accarezzo' la guancia, per poi baciargliela teneramente.

Un altro 'track'.

"No!" urlo' la mia mente.

Le cento sfumature della mia anima stavano unicamente unendosi in un solo colore: nero.

"Sta tranquilla Clarisse, andrà tutto bene piccola."

Non riesco nemmeno a descrivere come mi sentii.

Clarisse.

Ero ormai dentro, non potevo semplicemente uscire fuori. Cosi' andai ad affrontare il fuoco che tentava di ridurmi in cenere, come forse aveva già fatto.

"Disturbo?" chiesi con non so quale coraggio.

Ed ecco Harold girarsi.

Il suoi occhi chiari, splendenti con il sole, penetrarono il mio cervello.

Ed i miei, ardenti di delusione, capirono... che forse era davvero finita, fra me e lui, qualsiasi cosa non fosse ancora nemmeno iniziata.

Sfilai con il mio vestito rosso verso la donna vestita in viola.

"Sono Anne."

"Clarisse Poinet, sono francese. Ho sentito parlare di Voi."

'Voi'

Mi sentii improvvisamente come la donna del soffitto.

"Mi rincresce, ma io no. Siete...?"

"La promessa sposa di Harold." pronuncio' senza riserva.

Ecco l'ennesimo track.

Sulla neve fredda a piedi nudiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora