6. Il mio cavaliere nella sua scintillante armatura

54 14 14
                                    

Sembra un miracolo, ma abbiamo appena preso l'uscita per Riccione.

Alla vista degli scivoli dell'Acquafan, premiamo tutti il viso contro al vetro dei finestrini. Spingo il borsone-separé su Marco per poter vedere meglio.

Guidiamo fino al Palazzo dei Congressi per parcheggiare e, finalmente, pranzare sul serio. Sono passate le due del pomeriggio, il mio stomaco emette brutti brontolii da più di un'ora.

«Se è un sogno, tiratemi un pizzicotto.» mormora Sam quando la Panda si ferma.

Gianluca, senza pensarci su due volte, gli schiaccia la pelle del braccio. Sam lo ritira dolorante e lo guarda male.

«L'hai voluto tu...» scherzo io.

Si voltano entrambi: Sam per lanciarmi una finta occhiata stizzita, Gianluca una complice.

«Adesso non è che perché siete diventati famosi, allora dovete per forza spalleggiarvi a vicenda.»

«Ce la godiamo finché possiamo.»

«Ma sentitela, la fama inizia già a darle alla testa.»

Anche Marco sorride. O almeno ci prova: in tutti questi anni di conoscenza non l'ho mai sentito ridere. Al massimo qualche verso aspirato — che però potrebbe anche trattarsi di un mini-spasmo asmatico — e qualche tiratura forzata di labbra. Continuo a domandarmi come faccia a essere amico dei due ragazzi davanti o di Paolo. Magari, mi dico, l'hanno adottato come un gattino rimasto orfano. Magari erano partiti con l'idea di dargli solo qualche sorso di latte per fargli superare la notte e, alla fine, non sono più riusciti a buttarlo fuori di casa.

«Cercaci su internet.» lo esorta Fuma, mentre con una mano si slaccia la cintura di sicurezza.

«Cercaci su internet.» lo scimmiotta Sam.

Le sue dita stanno già però scrivendo sulla barra di ricerca. Ci alziamo tutti per andare a pagare il parcheggio. Sono in testa al gruppo, ma sento comunque la voce del giornalista del telegiornale interrompersi quando Sam scorre in avanti la barra di caricamento del video. Percepisco anche una presenza dietro di me e, prima che possa domandarmi se appartenga a Fuma o a Emme, un ciuffo biondo entra nel mio campo visivo periferico. È Gianluca. Fingo di non accorgermene.


«Lecco.»


Fa strano sentire la propria voce dal telefono di un'altra persona e sapere di essere finiti sul web. Se proprio devo dirla tutta, inoltre, mi mette pure in imbarazzo. Non oso immaginare con che faccia io stia venendo guardata dai frequentatori di streaming.

«Eccovi!» esclama Sam.


«Lontano, quindi. Avete trovato tanta coda?»


Gianluca fa dietrofront per andare ad ammirarsi sullo schermo del cellulare. A questo punto risulterei fin troppo strana se invece me stessi qui impalata — conoscendo Sam, mi volterebbe il display per costringermi a guardare almeno un secondo. Mi avvicino titubante e, quando i miei occhi intercettano la me dell'intervista, vorrei solamente sparire: due profonde occhiaie violacee mi solcano il viso, i capelli che prima si erano bagnati con il sudore, ora sparano in aria come se avessi infilato le dita in una presa elettrica; i miei occhi azzurri sono così gonfi da sembrare due palle da biliardo mal incastrate nell'orbita; la mascherina chirurgica sotto al mento mi fa sembrare la faccia troppo tonda.

La cosa peggiore di tutte, però, è che sono conciata così da ore. Mentre il Gianluca del video risponde con tono fascinoso, cerco di sistemarmi la chioma con le dita come se nulla fosse. Anche se ormai è troppo tardi per rimediare al danno.

Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora