17. Signorina indecisione

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Indosso il mio bikini giallo. Quello viola, il secondo che ho messo in valigia, è rimasto al campeggio.

Non credevo nemmeno che avrei avuto modo di mettermeli. A saperlo, ne avrei portato un terzo per variare.

La sabbia mi si attacca alle cosce unte di crema solare al cocco; Gianluca si sta spalmando la sua sul viso con entrambe le mani, usando la stessa forza che userebbe per scrostare una pentola sporca; Emme invece giace semisdraiato accanto a Gianluca, comodamente adagiato sui gomiti, calati sul viso quei suoi occhiali da sole tondi che, non mi stancherò mai di dirlo, lo fanno somigliare a uno di quei topolini ciechi di Shrek. Per un attimo penso che possa star seguendo con lo sguardo i culi delle ragazze che ci passano davanti, come un normale ragazzo eterosessuale, ma con il passare dei minuti mi rendo conto di come il suo ruotare di capo in concomitanza dei suddetti passaggi sia in realtà una semplice coincidenza. Chissà a che pensi.

Leggo degli articoli di astronomia sul mio cellulare mentre Gianluca fa una videochiamata con Sam, rimasto al campeggio; ci informa che la febbre è già scesa sotto i trentasette grazie al Paracetamolo assunto appena uscito dalla guardia medica. Dice anche che si sente a pezzi, il povero diavolo.

«Ma piantala, che trentasette non è manco febbre!» lo deride Gianlu.

Sam replica con un primo piano del suo dito medio. La bandata ora utilizzata come fazzolettino per proteggersi la gola.

Intravedo, in un angolo della nostra inquadratura, Emme che smette improvvisamente di fissare il vuoto per trafficare con il suo zainetto anni '90, quasi non si sia accorto del nostro amico che ci osserva in diretta — d'altro canto quest'ultimo nemmeno si disturba a richiamarlo. Riprendo a leggere il mio interessantissimo paragrafo sulle Perseidi — le Lacrime di San Lorenzo — ma vengo distratta dagli inconfondibili tac della macchinetta usa e getta di Marco, ripetuti a distanza ravvicinata e con una celerità che poco si addice alla sua flemma abituale.

«Tallà, Emme: non ci caga di striscio, però poi ci fa due milioni di foto.» ironizza Sam. «Non vedo la nostra lady, è già a fa' il bagno?»

Gianluca striscia il sedere sul suo asciugamano per spostarsi sul mio. Adesso, nell'angolo dello schermo, vedo inquadrate le nostre facce scottate. Getta un'occhiata sul mio, di cellulare.

«È qui, è qui. Sta leggendo delle stelle di San Lorenzo.»

«Che sorpresa. Quand'è San Lorenzo, a proposito?»

«Oggi.» intervengo.

«Che ignorante di merda.»

«Fuma, tu mi hai leggermente stancato.»

«Sei stato tu a chiamarmi, cocco

«E allora io la chiudo. Virgi, affogalo, per piacere.» e poi, senza nemmeno sincerarsi di ricevere risposta, spegne per davvero la videochiamata.

Gianluca ridacchia mentre infila il cellulare nella mia borsa — lui è arrivato senza. Non si sposta dal mio asciugamano, ma anzi si gira a guardarmi con un gran sorriso sulle labbra. Non posso fare a meno di notare quanto siamo vicini; l'aroma dolciastro di crema solare mi solletica le narici, il naso gli si sta arrossando per via del Sole e sembra far risaltare le iridi azzurre, i peli della sua coscia mi titillano la pelle. Le sue pupille scorrono sul mio viso. Guardandogli le labbra rosee, noto un accenno di barba chiara.

«Stasera guardiamo le stelle?»

È come se mi sentissi risplendere di luce propria. Certo che voglio vedere le stelle con lui. Ho sempre sognato di poterlo fare e sentirglielo chiedere mi trasporta nel pieno delle mie fantasticherie: io e lui che camminiamo mano nella mano, mentre io sproloquio su quanto sia affascinante l'astronomia e lui farà finta di comprendere quel che gli dico. Non preciso che il mito delle Lacrime del dieci agosto sia in realtà poco corretto, e che il vero picco si aggiri attorno al dodici.

Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora