15. P di pirla

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Al contrario di quanto appena successo, ora mi sembra di percepire tutto al rallentatore: il silenzio in seguito allo scontro che sovrasta il baccano dello stereo, Gianluca che osserva la sinistra piega presa dal bagagliaio della Panda, lui che stende le braccia in avanti e cade in ginocchio. Non gli è ancora venuto un infarto, ma mai dire mai. Lo stuzzicadenti scivola dalle labbra di Sam per la prima volta in mesi.

Il ragazzo alla guida, che a occhio e croce sembra appena maggiorenne, ci guarda a bocca aperta. La ragazzina seduta accanto, anche. Il primo apre la portiera e solleva le mani al cielo, come se potessimo puntargli contro una pistola — cosa che in effetti, considerata la morbosità che Gianluca nutre per la sua Panda, potrebbe benissimo accadere.

«Scusa, compa'.» abbassa le braccia solo per tirarsi su i pantaloni larghi. «Agg sbagliat le misure.»

Gianluca si avvicina al paraurti, lascia scorrere gli occhi sulle pieghe della carrozzeria e sospira. Quando la accarezza, giurerei di intravedere delle lacrime.

Come abbia fatto questo tizio a sbagliare un parcheggio tanto semplice resta tuttavia un enigma, almeno fino a quando non noto un foglio appiccicato al lunotto. La grande "P" nera in trasparenza parla chiaro: abbiamo un neopatentato. O come avrebbe ironizzato a posteriori il buon Paolo, la P sta per "pirla".

«Compa', scusa; non volevo. Volevo solo portare a fare un giro la mia Antonietta.»

Il ragazzo poggia una mano sulla spalla a Gianluca, che a sua volta poggia la propria sulla sua macchina. Sembra l'inizio di un triste trenino.

Nessuno di noi osa intervenire, nemmeno Sam.

Poi, all'improvviso, Gianluca sembra ridestarsi dal proprio sonno e punta gli occhi sull'imberbe ragazzino. Passa una frazione di secondo, ma tutti la viviamo come un'eternità. Lo vedo mangiucchiarsi l'interno delle guance per trattenersi dall'esplodere in una serie di improperi. Sospira così forte da dare l'impressione di sovrastare "Despacito", sparata a tutto volume dalle casse dello sconosciuto.

«Facciamo la constatazione amichevole.»

L'altro lo guarda costernato.

«Non so come si faccia.»

Nemmeno io. Mai fatto incidenti in tutti questi anni di patente. E a giudicare dall'espressione di Gianluca, nemmeno lui ha idea di dove trovare il modulo da compilare. Non per ripetermi, ma Paolo non sarebbe incappato in questo genere di problemi. È ironico quante cose ci abbia insegnato e come invece, durante questa folle gita, siano successi solo contrattempi di cui non avevamo mai discusso.

Gianluca apre la portiera anteriore del passeggero per frugare nel cruscotto; l'olezzo di formaggio ha ormai riempito completamente l'abitacolo e a causa del caldo, la caciotta ha iniziato a trasudare grasso. Avrà lasciato l'orma contro il poggiatesta, ma non ho il cuore di farglielo notare.

Il ragazzino ha già messo mano al cellulare per chiamare il padre. Gianluca, invece, sta provando a fare la persona adulta come quando, l'altro giorno, abbiamo forato. Mi aspetto uno scatto nervoso da un momento all'altro, perciò, non appena si gira per cercarmi con lo sguardo, mi preparo subito alla stoccata.

«Dimmi che tu sei capace.»

Faccio di no con la testa.

«Perfetto. Chiamo mio papà.»

«E a noi non chiedi nulla?» Sam inarca le sopracciglia con aria offesa.

«Tanto so già la risposta.» ribatte Gianlu. «Voi due ne siete capaci?»

Altri no mimati a cenni.

«C.V.D.» sospira. «Come Volevasi Dimostrare.»


Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora