16. COVID-19

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Sto invecchiando più velocemente di quanto mi piaccia ammettere.

È quello che mi dico mentre mi stiracchio nella mia piccola tenda da campeggio color lavanda, e i muscoli della schiena mi implorano misericordia.

Stupendo.

Il vento di questa mattina è ancora freddo per il maltempo della notte, ma almeno è uscito il sole. Faccio per uscire dal mio nascondiglio e immergo il piede in una pozza di melma.

Grandioso.

Arriccio il naso non appena poso gli occhi sulla fanghiglia marrone e umidiccia che mi sporca tutta la pianta. Un po' mi si è infilata anche tra le dita; in un maldestro tentativo di pulirle senza toccarle, continuo a muoverle come per suonare un pianoforte invisibile.

Straordinario.

L'aria profuma di pioggia, le famiglie hanno già iniziato la loro lenta ma rumorosa discesa verso le spiagge. I miei fidati compari sono ancora tutti chiusi nelle loro cortine a dormire pacificamente. Strano, però, che Sam non si sia fatto trovare qua fuori con un bel caffè in una mano e una brioche al cioccolato nell'altra. Adesso che i nuvoloni e il principio di tornado forza quattro sono scomparsi, riesco anche a godermi quello che questo campeggio ha da offrire: una fiumana di turisti unti di crema solare, la radio che trasmette a ripetizione i tormentoni dell'estate, il profumo di dolci che si leva dal bar-ristorante, l'ombra donata dai pini mediterranei... tutto sommato, se solo non ci fosse toccato accontentarci della piazzola fangosa, scartata da tutti i prenotati e lasciata in esclusiva per gli sfigati dell'ultimo minuto, sarebbe proprio un bel risvolto positivo a questa vacanza.

Come attirato dal rumore provocato dalla cerniera, anche Gianluca tira fuori la testa. Ha gli occhi gonfi per il sonno, il volto pallido sembra prendere colore quando mi vede. Mi fa un cenno con una lieve flessione del capo verso il basso e gattona fuori. Nota il mio piede infangato solo in un secondo momento e si lascia sfuggire uno sbuffo ironico.

«Suppongo che capiti sempre ai migliori.»

Infine gattona sul terriccio umido, si drizza in piedi e si pulisce le ginocchia. L'aria è fredda, ma alla vista di Gianluca si avvicina, mi sento comunque avvampare. Che vergogna, sembro una ragazzina con gli ormoni impazziti.

«Dormito bene?» mi domanda.

Scrollo le spalle.

«Freddino.»

Il brivido che mi scuote le braccia casca a fagiolo, neanche me lo sia provocato di proposito. Come se potesse servire a scaldarmi, fa un ulteriore passo verso di me, poggia le mani sulle mie braccia e inizia a sfregarle con vigore; il tutto mentre mi guarda fisso negli occhi. Il cuore mi batte forte nel petto.

«Scommetto che non sia molto, ma è pur sempre meglio di niente, no?» mormora.

«È molto per me.» mi lascio sfuggire.

Le sopracciglia gli si sollevano per un istante, per poi riabbassarsi in un'espressione rilassata.

«Ne sono contento.»

Sento le guance scottarmi e la testa vuota. Le sue mani si posano con delicatezza sulle mie spalle. È reale?

«Sai, Virgi, ogni tanto penso che—»

«Venite, venite! Maronn, non credo ai miei occhi!»

Gianluca si allontana di un passo da me quando nel suo campo visivo entra una signora, una mamma seguita da due preadolescenti immusonite e armata di cellulare di ultima generazione. Mi mangio le mani. Vuoi vedere che abbiamo trovato l'ennesima allocca che vuole ritrarre il meme vivente del momento, cioè la sottoscritta? Quando sarò libera da questa terribile piaga?

Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora