11. È notte fonda e io non riesco a dormire

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È notte fonda e io non riesco a dormire.

Non tanto perché c'è il frontman dei Tokyo Hotel che mi fissa imbronciato dal suo poster appeso all'armadio, neanche perché penso di aver fatto indigestione di pane casereccio e di caciocavallo, quanto per il nervoso di trovarmi chiusa qui dentro.

Il frinire dei grilli è fastidioso, il caldo soffocante, e giurerei anche di aver visto un geco strisciare sul muro. Non credevo nemmeno che ci fossero, in Italia.

Ho provato a sgattaiolare via un paio di volte per raggiungere i miei amici, ma a quanto pare la signora Nunzia teme che io possa trasformarmi nell'ospite d'onore di una qualche festa a luci rosse, e sorveglia la mia stanza come un cane da guardia.

È ridicolo.

Adesso capisco perché Patrizia fosse così torva, sei anni fa; con una madre così...

Può sembrare un pensiero stupido, ma vorrei tanto poter comunicare con Paolo per raccontargli del nostro viaggio, della gomma bucata, di come abbiamo quasi rischiato di raggiungerlo al Creatore e, soprattutto, di quanto sia svitata sua zia. Mi assale il dubbio che ci abbia spedito da lei come ultimo dispetto nei nostri confronti. Me lo immagino ridere di noi, lassù, dall'alto della sua nuvoletta.

Ora finalmente la signora Nunzia russa nella sua stanza e tiro un sospiro di sollievo, anche se ormai è troppo tardi per provare a scendere le scale e bussare agli altri. Sto sbirciando i social, quando mi arriva un messaggio da parte di Gianluca. Il cuore mi accelera nel petto in modo così repentino, da lasciarmi addosso una sensazione di fastidio.

Sei sveglia?

Mi rizzo a sedere. Con una mano ho già iniziato a digitare di sì. La porta della mia stanza — o meglio: di quella di Patrizia — si apre di uno spiraglio. La luce calda della lampada sul mio comò illumina i suoi bei lineamenti, i suoi occhi assumono una tonalità strana.

Prima ancora che possa dire una sola parola, gli faccio un cenno sbrigativo come invito a entrare.

«Muoviti, prima che si svegli!» mormoro impaziente.

Lui mi guarda come se fossi io ad aver preso la trebisonda.

«Virgi, ma che—»

«Shhhhhhh.» sibilo. «Zitto, fa' come ti dico!»

Sguscia dentro senza fare ulteriori domande, ma non si leva dalla faccia l'espressione guardinga. Come biasimarlo, dal suo punto di vista devo sembrare matta. Eppure si avvicina comunque al letto dove mi trovo seduta a gambe incrociate. Non sembra fare caso al mio pigiama con le tortillas, ma il pensiero di essere vestita in modo ridicolo mi infastidisce anche con la minaccia incombente della signora Nunzia.

«La zia di Paolo è bigotta da far paura.» mormoro.

Occhieggio con preoccupazione la porta, temendo di vederla spuntare sull'uscio da un momento all'altro.

«Quella mi ha fatta dormire qui dentro perché teme che possa farmela con voi.»

«Scusa?»

«Anche voi siete stati costretti a prendervi l'acqua in camera perché non consigliabile uscire di notte?»

«No.»

«Visto?!»

Si lascia cadere sul materasso, proprio davanti a me, e mi guarda con le labbra tirate. Fatica a trattenere le risate. Chissà che spasso deve essere per lui, dal momento che non mi ha nemmeno mai vista fidanzata, immaginarmi come una specie di pornostar.

«No, dai.»

«Non vedo l'ora di andarmene.» dico finalmente, solo evito di menzionare come io non voglia proprio trovarmi in Puglia, e non solo nella dimora della zia di Paolo.

Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora