24. Destinazione: Lecco

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«Credo che sia il caso di porre delle condizioni.»

Non è la cosa più romantica del mondo, ma vista l'assurdità della lite scaturita ieri sera, credo che sarebbe una mossa saggia partire sin dall'inizio con delle "regole". Mi poggia una mano sulla coscia, intreccia le sue gambe alle mie.

Ci siamo fermati a un distributore, tanto per cambiare.

Se la mia carriera da astrofisica non dovesse prendere il volo, avrò in caso un piano di riserva: pagare Emme affinché crei un'app per cellulari che mi permetta di dare recensioni ai bar delle pompe di benzina, come una specie di TheFork sottomarca.

Le macchine corrono veloci in autostrada, il sole splende alto nel cielo. Mi spalmo la crema solare in faccia perché ho sentito che rallenta l'invecchiamento; Gianluca, seduto sul marciapiede accanto a me, si sventola davanti al viso sudato il volantino della pizzeria di Scilla con la mano libera.

Emme e Sam sono dentro l'Autogrill da venti minuti e mi sorge il serio dubbio che stiano prolungando la loro sosta solo per lasciare tempo a me e Fuma.

«Dimmi, Virgi.»

«Condizione numero uno: se uno di noi ha qualcosa da dire, lo deve dire in modo chiaro.»

Annuisce.

«Condizione numero due: non si fa niente che non voglia fare anche l'altro.»

Annuisce ancora. Questa volta però si avvicina un po' a me e, nonostante il caldo asfissiante, mi avvolge con un braccio. Mi schiaccio contro la maglietta bagnata di sudore, stento a credere che questa sia la realtà o quanto sia mutato il nostro rapporto in questi otto giorni.

Otto giorni.

Otto giorni dal funerale di Paolo.

Sembra ieri e sembra una vita fa.

«Condizione numero tre», mi emula con tono scherzoso, «dammi un bacio.»

Piego indietro il capo mentre lui inizia già a reclinare a sinistra il suo. Gli stampo un bacio casto e leggero sulle labbra rosee. La barba incolta che non ha avuto il tempo di farsi al campeggio mi solletica il mento. Quando faccio per allontanarmi, stringe la presa sulle mie spalle per tenermi ferma e darmene un altro.

«Ah, proprio in pubblico.»

Ci voltiamo di scatto.

Sam è in piedi dietro di noi, in mano un sacchetto di carta beige con dentro del cibo, la mascherina chirurgica sudaticcia a penzoloni da un orecchio. Emme è al suo fianco, e prima che possiamo fare qualcosa al riguardo ci scatta una foto. La macchinetta emette un tac più marcato del solito: è appena finito il rullino.

Sam fa per incamminarsi verso la macchina, ma dopo qualche passo si gira e tira il bottino addosso a Fuma.

«Guido io ora, sfigato. Emme, salta sul posto davanti e guai a te se ti vedo addormentarti. Hai il compito di intrattenermi.» lo avvisa puntandogli l'indice contro.

Ammicca nella mia direzione e dandomi le spalle, continua per la sua strada. Gianluca borbotta un po', sospira, infine si alza con pesantezza. Mi porge la mano che accetto senza esitazioni. Mi pulisco il sedere dalla polvere del marciapiede.

«Speriamo di non accopparci.»

E con le dita incrociate raggiungiamo i nostri amici.


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Arriviamo a casa poco dopo le ventuno.

Si chiude un altro capitolo di questo folle libro, e io inizio già a sentirne la mancanza.

Il primo che andiamo ad accompagnare è Sam. Scende dalla macchina sbadigliando e con la lentezza di un anziano che capisce di non essere più il baldo giovine di una volta. Per qualche passo ha un'andatura alla Jack Sparrow. Fuma lo aiuta a estrarre il borsone dal baule. Si abbracciano, poi Sam viene ad abbracciare anche noi, come se non ci dovessimo più vedere.

La porta della villetta a schiera di Sam si apre. Ci aspettiamo tutti di veder uscire la madre o il fratello minore, al massimo la fidanzatina di quest'ultimo, ma non la mamma di Paolo.

Ci blocchiamo tutti.

Ancora, fiuto qualcosa che non va. Lancio un'occhiata di sottecchi a Gianluca, lui mi guarda e alza le mani.

«Giuro che qui non c'entro.»

«Annamaria?» domanda Sam confuso.

Fuma compie un passo di lato, nella mia direzione. Sono quasi tentata di afferrargli la mano, ma vedendo la signora Annamaria venirci in contro con un gran sorriso sulle labbra, mi fermo. La segue la mamma di Sam, senza tuttavia l'espressione scombussolata del figlio — segno che sia già stata messa al corrente di quello che sta succedendo.

«Bentornati, ragazzi!» ci accoglie.

Silenzio.

«Spero che il vostro viaggio sia andato nel migliore dei modi.»

Solo adesso nota il paraurti posteriore della Panda di Fuma. Corruga le sopracciglia.

«Cos'è successo? State bene?» e si avvicina per assicurarsi di trovarci ancora tutti interi.

«Una storia molto lunga, te la racconteremo tutta in dettaglio... ora però che succede?» replica Gianluca con impazienza.

«Oh, beh, sono venuta a recapitare un messaggio.» ci dice con ovvietà. «Il mio Paolino vi voleva tanto bene. Dopo che tu ti sei offerto di portare i CD di persona, ha voluto registrare un ultimo messaggio per tutti voi e mi ha chiesto di farne quattro copie, uno a testa.»

Estrae dalla borsa una confezione inconfondibile che ormai abbiamo tutti imparato a riconoscere. Paolo non era certo uno stupido.

Gianluca arrotola verso l'interno le labbra in un'espressione indignata, mi guarda, poi guarda la mano tesa della donna.

Ora mi è tutto chiaro: non abbiamo lasciato Paolo a Otranto. Si è solo limitato a tornare a casa in silenzio, a Lecco, mentre noi giravamo il sud Italia come degli scolaretti in gita.

«Che gran bastardo: ci ha giocati tutti.»

»

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E ci siamo: -1 al gran finale. 

So che sembrerà drammatico, ma preparatevi a dare un ultimo saluto, un grande addio, ai nostri quattro protagonisti. 

Manca pochissimo!

Arrivati a questo punto, cosa dovrà mai dire Paolo ai suoi amici? E perché aspettare proprio questo momento? Vi lascio una settimana di tempo per pensarci *risata malefica*

Ogni scommessa è ben accetta!

Finché la macchina vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora