Capitolo 9 - Giustizia (Parte II)

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Nella cucina del castello, un vorticare di attività aveva preso vita dal pomeriggio. I cuochi e il personale erano già al lavoro, praticando un rituale culinario che si svolgeva ogni giorno, mentre le pietanze prendevano forma e le fiamme del camino danzavano gioiose.

Mentre si tagliavano le verdure con maestria e si dosavano con accortezza le spezie aromatiche, i pettegolezzi volteggiavano e passavano da orecchio in orecchio.

"Avete sentito parlare dell'udienza con quel ragazzino e la regina?" Sussurrò uno dei cuochi, lanciando uno sguardo furtivo verso i suoi colleghi.

Un altro annuì, affacciandosi dalla pentola dove stava mescolando la minestra con cura. "Sì, ho sentito dire che è stata organizzata in via speciale, soltanto tra loro due. Cosa potrà mai essere capitato di così importante da richiedere l'attenzione di Sua Maestà?"

La notizia fluiva tra i presenti e la curiosità cresceva come il fuoco sotto la pentola. Ma prima che la discussione potesse diventare intensa, il capo cuoco si fece avanti con un'espressione severa.

"Basta chiacchiere," disse con voce autorevole. "Abbiamo un compito: garantire che la cena sia preparata con la massima perfezione. Tutti a lavorare!"

I cuochi si rimboccarono le maniche e tornarono al loro impegno. Il crepitio del fuoco era un placido sottofondo, ma il mistero dell'udienza continuava a fluttuare nell'aria, così come il profumo delle pietanze.

Intanto, un servo si avvicinò a colui che aveva dato inizio alla conversazione. Aspettò che il loro supervisore si allontanasse e poi iniziò a parlare con un tono sommesso.

"Si tratta del figlio del vassallo...", iniziò il servo, gettando uno sguardo furtivo attorno a sé, "mi era stato assegnato il compito di preparare la sua camera da letto. Questa mattina, sono andato a verificare e lui non c'era..."

Il suo racconto venne momentaneamente interrotto e quando il coordinatore sembrò accorgersi della conversazione, si avvicinò rapidamente. Il servo abbassò la voce e proseguì con urgenza, mentre gli altri cuochi lo osservavano con occhi ricolmi di curiosità.

"Lui era nei pressi della stanza della principessina!"

Quell'affermazione catturò uno sguardo d'attenzione da parte di tutti i presenti, e non passò inosservata. Il capo cuoco reagì prontamente, richiamando il servo e allontanandolo bruscamente dalla cucina.

Intanto, al piano inferiore, imponenti archi di marmo si erigevano maestosi, abbracciando con grazia la Sala delle Udienze. Nonostante il luogo scelto fosse una delle sale più imponenti del castello, il confronto si svolse in un'atmosfera informale, lontana da rigidi protocolli, ma mettendo in pratica una valida simulazione.

La regina, avvolta dalla maestosità del suo trono adornato da intrecci d'oro, fissava Widar con occhi perforanti, come se volesse scrutare l'anima del giovane.

Il silenzio regnava sovrano nell'aria, interrotto solo dal lieve fruscio delle vesti e dal battito accelerato dei cuori.

Dunque, Widar si avvicinò con passo calibrato, avvertendo il peso delle aspettative che gravavano sulle sue spalle. Si fermò solennemente di fronte al trono, alzando lo sguardo per incontrare quello di una sovrana che irradiava un potere inamovibile. Lo spirito della donna emanava un velo di scetticismo, mitigato da una sottile scintilla di curiosità.

"Widar, so che ti esprimi spesso con parole eloquenti, ma queste da sole non sempre sono sufficientemente convincenti," affermò la regina, lanciando una sorta di monito come preambolo al confronto verbale vero e proprio. Widar sentì il carico di quella sfida e una fiamma di determinazione si accese dentro di lui.

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