Mi offro per un'impresa

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Dopo quel sogno non riesco a dormire e quando la conchiglia che fa da sveglia a noi semidei inizia a suonare, mi butto giù dal letto.

Percy mi rivolge un sorriso un po' teso e io ne abbozzo uno con qualche difficoltà. Non parlo, non sorrido, non sento neanche il bisogno e le immagini di ciò che è successo ieri mi passano nelle mente continuamente, come se fossero su una pellicola in bianco e nero anni cinquanta.

Ho lo stomaco chiuso e non riesco a buttare giù neanche un boccone nonostante sia a conoscenza della bontà che contraddistingue il cibo del Campo.

È Natale e anche se tutti sorridono, li vedi gli sgaurdi di compassione che mi lanciano i ragazzi delle altre casa. Lo vedo che quel:"Buon Natale" che mi hanno rivolto tutti è macchiato da un velo di compassione che ormai ho imparato a riconoscere.

Odio la compassione e anche se mi sento in colpa per Als, sorrido a labbra chiuse solo per cortesia e stringo i pugni sotto il tavolo della mia cabina perché, oltre alla tristezza, adesso c'è anche la rabbia che ha deciso di far aumentare un po' di più i battiti del mio cuore.

Vorrei mandare tutti a quel paese, digli che dovrebbero smetterla di guardarmi e di continuare a festeggiare questo cazzo di Natale senza ritenermi una bambina spaesata che, per la prima volta, sa che cos'è il dolore.

Quando tutti finiscono di mangiar, già eccitati per lo scanbio di regali di quella sera, io quasi tremo per la possibilità di andare nell'Arena.

Ho bisogno di sfogarmi, di combattere e quasi non riesco a stare ferma perché le mie gambe si muovono verso la zona dall'allenamento quasi da sole.

Muovo un paio di passi seguendo un figlio di Ares che sembra quasi più depresso di me, quando una mano calda si avvolge attorno al mio polso, fermandomi. Mi volto di scatto alzando il pugno ma poi, mio fratello mi sorride e blocco il pugno a mezz'aria. Quando i miei occhi azzuri incontrano quelli di Percy rilasso i muscoli lasciando che il braccio mi cada lungo i fianchi.- C'è un consiglio di guerra. Voglio che tu rimanga.

- è solo per i capi gruppo - rispondo atona anche se la sua presa calda sul mio polso mi fa piacere.

Lui mi sorride ancora a labbra chiuse, quel sorriso malandrino che rivolge sempre ad Annabeth quando battibeccano, - Lo so, ma Allison è tua amica e poi io sono il capogruppo della mia casa. Decido io chi portare.

E sorriderei a quell'affermazione ma non ci riesco, così mi limito ad affondare lo sguardo in quegli occhi verdi che mi piacciono tanto e lui mi avvolge le spalle con un braccio attirandomi delicatamente a sé.

Ed è in momenti come questi che odio mio padre un po' meno.

- Lei che diavolo ci fa qui? - domanda Carter e lo fisso nelle sue pozze castane senza lasciar trapelare neanche un'emozione anche se, dentro di me, sto immaginando tutti i modi per ucciderlo nel sonno.

Quasi posso percepire i muscoli di Percy irrigidirsi nella sedia accanto alla mia, e sta per rispondere prima che intervenga Annabeth. - Non mi risulta che tu sia capogruppo della tua casa, eppure sei qui. Vai a sederti, non ho intenzione di ripeterlo - e lo dice in modo talmente autoritario che Carter si limita ad un'occhiataccia prima di prendere posto accanto a Clarisse.

Chirone batte un paio di volte sul tavolo del padiglione e il leggero brusio che vigeva prima si interrompe velocemente lasciando posto ad un silenzio che aspetta di essere interrotto dalla voce di Clarisse.

- Allison era una delle migliori della mia casa, se è ancora viva allora bisogna cercarla - dice fissandoci uno per uno negli occhi come a voler trovare l'idiota che ha il coraggio di imporsi a tanta fermezza e rabbia.

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