Percy ci lascia un'amichetta

456 30 1
                                    

Il camion si ferma a Detroit e sgattaioliamo via prima che l'autista -che sembra avere un'anguria all'interno della pancia- ci possa vedere.

Credo che rimaremmo qui a dormire per la notte e spero tanto che dentro uno dei nostri zaini da Mary Poppins di Ares ci sia una tenda con un climatizzatore dato che sono del parere che se dovessi dormire sul camion mi troverei un paio di stalattiti al posto delle narici.

Entriamo nel fast food vicino e nonostante somigli più a un ritrovo per camionisti con uomini sudati ai tavoli, cameriere sudate e lucine e decorazioni fatiscenti, c'è caldo e recupero sensibilità al corpo per i vestiti bagnati che non ho ancora avuto il tempo di cambiare.

Carter si avvicina al bancone ordinando hamburger, patatine e coca-cola per entrambi mentre io mi siedo e poggio la mia nuova borsa a tracolla sul tavolo con un sorriso.

- Vediamo che c'è qui dentro - esclamo prima di rovesciare la borsa sul tavolo ignorando il caos di vestiti e contenitori contro la superficie in legno un po' appiccicosa.

Prendo tra le mani un paio di skinny jeans neri che sembrano della mia taglia, degli scarponi bordeaux che si abbinano al golfo aderente e caldo dello stesso colore e un cappotto scuro che aprossimativamente mi dovrebbe arrivare alle cosce.

Guardo Carter con un sorriso mettendo tutto nella borsa un po' alla rinfusa, - devo ammetterlo, tuo padre ha davvero stile.

Lui mi guarda imperscrutabile e con una leggera sfumatura d'odio negli occhi scuri.

Pensavo di aver superato quella fase e anche se sul camion mi ha risposto peggio di una donna col ciclo, credevo che il suo umore fosse migliorato ma a quanto pare, questo ragazzo, stronzo è e stronzo rimane.

Decido di ignorarlo per la mia sanità mentale ed estraggo da dentro la sacca un barattolo pieno di ambrosia e un portafoglio con al suo interno almeno trecento dollari.

- Wow - dico quando la cameriera ci porta il cibo fumante e profumato, - non pensavo che tuo padre fosse un tipo così organizzato - dico prima di avventarmi sull'hamburger caldo e incredibilmente buono.

Carter grugnisce qualcosa in risposta ed è tutto il viaggio che ha deciso di diventare un orso, quindi poggio il mio panino sul vassoio rosso e lo guardo scocciata, - si può sapere che ti prende? È da quando abbiamo incontrato Ares che ti comporti come se avessi il ciclo.

Gli occhi di Carter si stringono in due fessure e serra i pugni talmente tanto che le nocche diventano bianche e forse -forse- sto iniziando ad avere un po' paura di quello che potrebbe fare.

Penso che mi voglia picchiare, che mi voglia tirare il vassoio in testa o che mi voglia gridare contro ma, senza dubbio, sarebbe stato molto meglio di quello che mi fa, - non è un problema tuo, principessa - sibila con voce talmente bassa che riesco a sentirlo a malapena seppur, ogni singola sillaba mi trafigge e mi penetra come ghiaccio, - non sarà mai un problema tuo perché non entrarai mai a far parte della mia vita.

Lo guardo cercando di far fronte all'improvviso dolore allo stomaco perché pensavo che stesse andando tutto un po' meglio e pensavo che avessimo risolto problemi e divergenze varie.

Sapere che non è così mi fa quasi salire le lacrime agli occhi ma sono troppo orgogliosa perché questo accada davanti a lui e sopratutto, dopo una discussione.

Faccio strisciare la sedia a terra con un sibilo, alzandomi e ignorando la morsa che mi serra la gola e che, quasi, mi impedisce di parlare.

- Pensavo che avessimo risolto i problemi da bambini delle elementari ma forse, hai ancora cinque anni di età celebrale - lo guardo perché, e questo lo so bene, non è solo lui quello che riesce a fare la parte dello stronzo. È tutta la vita che mi esercito per essere ghiaccio. - Va' al Tartaro, Carter.

PrincessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora