Incubi

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***Spazio autrice
Ciao a tutte e tutti :)


So che le stelline non sono arrivate a 90, ma visto che la scorsa volta ho ritardato un po' la pubblicazione ho deciso di anticipare l'uscita di questo capitolo.


Buona lettura!


Fuori dalla finestra è l'alba, sono le 5 del mattino.Dopo diverse ore e alcuni panini dolci di Gale, Lara ha finalmente preso sonno, attorno alle 2 di notte. Io, invece, non ho mai chiuso occhio.

L'ho accarezzata, le ho baciato la fronte, ho stretto la sua mano tra le mie per calmarla da quell'inquietudine nei suoi occhi e ora che dorme tranquilla accanto a me, posso tirare un sospiro di sollievo.

E' stata una giornata impegnativa e vorrei che Viktor fosse qui per potergli raccontare l'accaduto, chiedergli cosa dovrei fare e trovare le parole giuste per non ferire Lara.


Per non ferirla di nuovo, sottolinea una voce nella mia testa.
Prendo un respiro profondo per scacciare quel pensiero e mi sollevo dal materasso cercando di non svegliarla.


Appena fuori dalla stanza, in un angolo del corridoio c'è una vecchia cabina telefonica.
Inserisco una moneta e compongo il numero dell'ospedale psichiatrico in cui Viktor lavora, sicuro di trovarlo già al lavoro anche di prima mattina.


Squilla.


All'altro capo della linea risponde una voce rauca e piena di sonno "Ospedale di Salvagord".


"Buonasera, vorrei parlare con il primario, Viktor Morgenstern" dico asciutto.


"Chi lo cerca?"


"Aleksey. Aleksey Milkovich"


Resto in attesa qualche istante, fino a quando la voce concitata di Viktor mi risveglia.
"Colonnello" mi saluta scherzoso. Sa che detesto quando mi chiama così. Poi mette in fila una sfilza di domande che non riesco completamente a processare "come stai? Perché chiami a quest'ora? Qualcosa non va?".


Sentire la voce di un amico dopo tutta la paura che ho provato è come disinfettare una ferita aperta: sai che è quello che ci vuole, ma sai che sarà doloroso. Viktor non si accontenterà di risposte evasive e scaverà finché non gli dirò le cose come stanno.


"Sì, cioè no... Voglio dire... Sono all'ospedale" prendo un respiro profondo "con Lara" ammetto. "Ho bisogno di te, ho bisogno che mi aiuti a capire cosa devo fare con lei".


Dall'altro capo Viktor resta in silenzio e so che questa è una delle sue tecniche da strizzacervelli per far parlare i pazienti. Assecondo il gioco. In fondo, l'ho chiamato perché questo è il suo lavoro.


"Lara aveva una pillola di sivenio nascosta da qualche parte in bocca e l'ha ingerita. Non so perché l'abbia fatto, ma sono sicuro che sia stata colpa mia. L'ho colpita, volevo solo che imparasse a..." appoggio la schiena al muro e lascio andare la testa indietro fino a farla sbattere. Merda.


"Rallenta. Raccontami dall'inizio" dice facendosi serio.


Gli racconto l'accaduto e quando ho finito per la prima volta da ieri pomeriggio mi concedo di piangere. Passo la mano tra i capelli e mi ricompongo.


"Capisco" dice soltanto e io vorrei attaccare il telefono e far finta che questa conversazione non sia mai avvenuta.


Dopo alcuni istanti di silenzio lui attira la mia attenzione utilizzando il soprannome che usava quando eravamo adolescenti in accademia "Alek, non è colpa tua".


"L'ho messa in pericolo, le ho fatto del male" rispondo.


Lui ripete soltanto "Alek, non è colpa tua", ma stavolta scandisce di più le parole.
"Se io non avessi..." dico e lui mi interrompe.

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