Chiaro, Miss?

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Fuori dalla mia finestra il vento muoveva dolcemente le fronde delle betulle bianche, la guerra sembrava solo un lontano ricordo. Strinsi il bicchiere che avevo in mano e lasciai scivolare il liquido ambrato nella mia bocca.

"Mi stai ascoltando?" tornai a guardare Viktor seduto sulla poltrona davanti a me. Ci conoscevamo fin dall'infanzia e ci legava una fedele amicizia. Quando era scoppiata la guerra io ero già avviato alla carriera militare, mentre lui si era occupato di medicina e psichiatria. Era sempre stato un ragazzo buono, che metteva la sua umanità prima di sè e, talvolta, persino prima della legge. Per questo non ero rimasto particolarmente sorpreso quando aveva iniziato a parlarmi dell'ennesima persona bisognosa d'aiuto. La vera sorpresa era arrivata quando mi aveva chiesto di accogliere io stesso quella donna.

"Mi dispiace Viktor, non ti posso aiutare... Sono un colonnello, non un medico. Questo non è un lavoro per me" dissi poggiando il mio scotch sul tavolino.

"Per favore Aleksey, non c'è nessun'altro che possa farlo. Nessuno di cui mi fidi davvero" si allungò verso di me incrociando le mani sotto al mento.

Sospirai. Viktor sapeva essere davvero insistente ed io mi sentivo come un animale braccato. "Perché?" chiesi esasperato massaggiandomi la coscia per placare il dolore che mi bloccava la gamba.

"È una bioarma" rispose fissando gli occhi nei miei.

Le bioarmi erano state le ultime scoperte dei governi: una volta raggiunti altissimi livelli tecnologici, a causa della scarsità di petrolio, era scoppiato il terzo conflitto mondiale. Gli scienziati erano alla continua ricerca di armi ecosostenibili e si erano resi conto che l'arma più potente ed ecologica era l'uomo. Il suo raziocinio, il desiderio di restare aggrappato alla vita e il fatto che non si alimentasse di petrolio si erano rivelati aspetti indispensabili. C'era un solo problema: le emozioni. La paura, l'amore e la rabbia spingono le persone a comportarsi in modo controproducente, a sacrificarsi per qualcuno e disattendere gli ordini. Ogni governo aveva iniziato a produrre bioarmi: bambini e bambine abbandonati venivano cresciuti in istituti speciali perché imparassero a combattere, ubbidire e soffrire per la patria dimenticando le loro emozioni.

La prima volta che vidi una bioarma da vicino fu nella mia tenda, alla vigilia di un attacco. Un ragazzo si  era intrufolato nel nostro accampamento e mi aveva accoltellato nel sonno, probabilmente sperando di tagliare l'arteria femorale. Da quel giorno la mia gamba non era più stata la stessa, ma la cosa che più mi aveva nauseato era il gelo nei suoi giovani occhi.

"Non è mai stata utilizzata in combattimento, nessun comandante la voleva in squadra. È probabilmente una delle bioarmi più pericolose mai create. " bevve un sorso di scotch e poi proseguì "Dopo la fine della guerra non è stato possibile reinserirla in società. È stata portata in un ospedale psichiatrico, dove ha vissuto isolata e legata per mesi."

Aveva appena concluso la frase quando sentimmo delle urla provenire dall'esterno. Senza pensarci presi il mio bastone e fecendo forza mi alzai, poi accorsi alla porta seguito da Viktor.

Sull'aia davanti alla mia villa c'era la carrozza di Viktor, il cocchiere, un uomo nerboruto, era pallido come un cencio e sbraitava parole sconnesse, mentre una ragazzina con i capelli color del miele gli teneva le mani strette al collo. Più che dalla guerra, pareva uscita da un negozio di bambole.

Viktor si avvicinò velocemente ripetendo il nome "Lara" ed io lo seguii.
La bambolina ignorava del tutto i richiami di Viktor e nei suoi occhi potevo riconoscere il ghiaccio che avevo visto negli occhi del mio aggressore.

Non avevamo tempo per seguire i protocolli dolci di Viktor. Presi il mio bastone dalla fine e lo allungai, cingendo con la parte curva il collo pallido della ragazza. Tirai forte e lei perse l'equilibrio, cadendo rovinosamente dalla carrozza e atterró ai miei piedi sulla ghiaia bianca.
Mi inginocchiai, bloccandole petto e braccia col bastone. I suoi occhi verdi mi scrutavano, erano spaventati e vuoti, ma attenti.

Mi avvicinai di più per essere sicuro che mi sentisse e parlai lentamente "Adesso ti lascio andare e tu non aggredirai più nessuno. È chiaro?". Lei fece un verso contrariato cercando di liberarsi del mio peso. Spinsi più forte sul suo petto fino a quando respiro non le si spezzò "è chiaro, Miss?". Protese le labbra delicate e con decisione mi sputò sulla giacca in velluto, la mia preferita. Diedi uno strattone al mio bastone provocandole un colpo di tosse. Gemette, come un gatto selvatico quando viene ferito, più per istinto che per comunicare qualcosa.

Viktor si chinò accanto a noi, dopo essere andato ad assicurarsi che il cocchiere stesse bene. "Lara, questo è il Colonnello Aleksey Milkovic. Te ne avevo parlato, ricordi? Se saremo fortunati potrai stare da lui" a quelle parole la ragazzina ebbe un fremito e smise di forzare il bastone. Conoscere il mio grado la rese più docile, alle bioarmi veniva inculcato un gran rispetto per le gerarchie, ma nessun rispetto per la vita altrui. O forse la possibilità di uscire dal manicomio la allettava, come darle torto?

Quando la lasciai andare Lara si mise velocemente sull'attenti e fece il saluto militare. Ricambiai con un cenno del capo pulendomi con un fazzoletto il bavero della giacca.

Portava una divisa mimetica che le stava larga di un paio di taglie. Sulle caviglie e ai polsi erano evidenti i segni delle corde. Era sottopeso, il corpo minuto era solcato da cicatrici bianche e sporco di terra.

Mi voltai verso Viktor "È questa la tua pericolosissima bioarma?".

"Forse non ti rendi conto..." Rispose lui imbarazzato "Io non sapevo che fosse qui... Deve avermi seguito a piedi per tutto il tempo".

Quattro giorni di viaggio alle calcagna di una carrozza, diversi km e due regioni attraversate. Indubbiamente la ragazzina ci sapeva fare.

Spazio Autrice
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito.
Fatemi sapere!

Ayni 🌸

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