La porta si chiuse alle sue spalle. Adele ci si appoggiò contro.
Il cuore le batteva più forte di quello che avrebbe dovuto. Sentì un dolore che partiva dalle scapole e saliva alle tempie. Era un dolore vago, ma c'era e lo conosceva benissimo. Quel dolore che la attanagliava ogni volta che si sentiva fuori posto, ogni volta che era costretta a fingere di essere qualcuna che non era.
«Guarda quello gnocco di Davi! Ade, dai, guarda!» aveva insistito Costanza.
Lei aveva guardato per farla contenta, ma non le interessava.
Ma l'amica aspettava un commento, qualcosa.
«Proprio gnocco Costy, mamma mia! Ma dove li ha presi tutti quegli addominali?» aveva buttato lì.
Ecco, il compitino fatto. Ecco salire il dolore. Ecco dover chiedere di andare in bagno, con la piccola lametta da cutter.
Anche quella volta aveva finto bene ma anche quella volta ne stava pagando le conseguenze. Il suo corpo si rifiutava di fingere ma la sua testa non poteva farne a meno. Il suo corpo le mandava segnali di malessere, e lei non poteva fare altro che coagularli.
Afferrò la lametta e incise la pelle chiara del polso. Il primo passaggio bruciò, anche il secondo. Poi bastò pochissimo per far lentamente sgorgare il liquido rosso e per darle quella fitta di dolore che stava cercando. Era il dolore che portava via il malessere. Era il dolore che le regalava finalmente un attimo di quiete prima di ricominciare quella sua esistenza in cui non riusciva a fare bene nulla, nemmeno accettarsi.
Adele era attorniata da persone a cui non sapeva dire la verità su sé stessa. Aveva quindici anni e nella testa sentiva di non sapere chi era, aveva paura di conoscersi e aveva paura della risposta definitiva che avrebbero dato il suo corpo e la sua mente. Aveva paura persino a toccarsi perché sarebbe potuta finire ad avere quei desideri di cui tanto si vergognava.
A casa sua, tutti gli argomenti che facevano parte dell'orientamento sentimentale erano banditi, secondo i suoi genitori era "troppo piccola" per parlare di certe cose con cognizione di causa. Mentre si sprecavano serie televisive, libri e fumetti per spingere gli adolescenti a non avere paura dei propri sentimenti e dei propri orientamenti.
Per i genitori, quel fiorire di momenti mediatici in cui salivano alla ribalta temi come l'identità di genere e la molteplicità di orientamenti sentimentali, erano semplicemente TV spazzatura, realizzata ad arte per fare polemiche sterili e distrarre il pubblico dai "veri problemi dell'Italia".
Anche Adele pensava che i media e la realtà fossero due cose ben distinte: parlare dalle scene delle serie o dalle pagine dei libri era facile. Farlo sul serio non lo era per nulla. E chi ci riusciva non lo faceva per moda, non era di moda sentire ridacchiare quando passavi o sentire certe battute su chi aveva avuto il coraggio di vivere i propri amori scopertamente.
Restò lì nel cubicolo del bagno, guardò formarsi sempre più lentamente la goccia che poi scivolava sul palmo.
Alla fine si tirò su, si lavò delicatamente i polsi, applicò lo scotch trasparente satinato e ci fece scorrere sopra i braccialetti. Abbassò la manica della maglietta lunga e la tenne stretta con le dita.
Guardandosi allo specchio, si disse che non aveva un bell'aspetto in quel momento: mostrava forse meno dei suoi sedici anni, aveva un aspetto modesto e discreto. I suoi lineamenti dolci e gli occhi castani, riflessivi, erano alterati dalla tristezza che la pervadeva dentro quel bagno. I suoi capelli castani le cadevano stanchi sulle spalle. Non si vedevano tracce del suo sorriso sincero, seppur non luminoso, nascosto da qualche parte, sostituito da una espressione di vago intontimento.
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Passi da me?
Teen FictionSofia vive la sua bisessualità con la battuta pronta e la testa alta. Adele vive il suo orientamento con ansia e paura. Un racconto che muove guerra ai luoghi comuni e agli stereotipi, dove ciò che sembra scontato non lo è. "Avrebbe voluto dirglielo...