L'estate quell'anno non arrivava mai. Passammo l'ultima settimana di maggio sotto un freddo e costante tempo piovoso, io a maniche corte accoccolata sotto l'ultima coperta che mi era rimasta – il piumino pesantissimo della zia l'avevo arrotolato e riposto nella sua sacca contenitore, e non avevo proprio voglia di tirarlo di nuovo fuori –, le ragazze ancora con i maglioni di lana e i pigiami lunghi. Non capivo se fosse la mia vecchiaia che iniziava a farsi sentire fin dentro le ossa facendomi percepire, come primo presagio, il freddo più freddo di quello che realmente è, oppure se quella temperatura irreale per il periodo tardo primaverile fosse semplicemente un effetto del riscaldamento globale opposto alla calura dell'ultimo autunno.
«Avessi da ringraziare che siamo qua e ti aiutiamo».
La voce della nonna dall'altra parte del telefono era nervosa.
«L'anno passato guarda com'eri brava, tutti gli esami precisi, perfetti, e non c'hai speso una lira in più di quello che ti avevo dato. Che è successo me lo vuoi dire?»
«Ma che deve essere successo, nò».
Avevo sonno. Mi pulsava la testa.
«Mi serviva un telefono nuovo e l'ho comprato. Tutto qui. E non venirmi a dire che sono scomparsi settecento euro, hai fatto tu male i calcoli. Poi smettila di scrivere a Michele, guarda che lo so».
«Ma io come lo faccio a sapé se sei tornata un'altra volta a Napoli?».
«Nonna io sono piena fino al collo con lo studio e il tirocinio, Michele lavora, a Napoli che ci vado a fare?»La storia era sempre la stessa e non avevo più nessuna voglia di giustificarmi. Avevo appena preso l'ennesimo antidolorifico per dimenticare momentaneamente le fitte inguinali che mi tormentavano ogni mese, solito supplizio femminile. Mi rigirai nel letto aspettando che il fastidio si calmasse e il calduccio della coperta mi portò a chiudere gli occhi, in attesa.
«La mamma dice che t'ha dato i soldi pure lei, che fine hanno fatto?»
«Nonna basta, ti ho già detto che non lo so proprio che conti storti hai in testa, io ti avevo avvisato che la borsa di studio non arrivava a coprire giugno e infatti è cambiato poco e niente».
«Io la verità la scopro, chiamo il proprietario e mi faccio dì quanti affitti non hai pagato».
«Non lo puoi fare, il numero del proprietario non te lo dò, non voglio scenate».
«E io lo trovo, lo faccio trovare dalla zia».
«Certo, come no. Ho il telefono scarico, stacco».Sentivo Mara ripetere lunghe lezioni di filosofia sul tavolo della cucina. Lentamente le sue parole si mischiavano all'arietta che entrava dalla finestra aperta, al rumore dei lavori in corso sulla strada principale, al sapore di malattia che si ha in bocca quando ci si sente poco bene, alle parole della gente al mercato del sabato che creavano un indistinto brusio.
Conciliare tutte quelle sensazioni mi facevasentire la testa pesante, così le rimossi una per una con un'invisibile gommada cancellare. E, cosa più unica che rara, mi addormentai.
---
Ecco il secondo capitolo! Ho deciso di pubblicarlo subito perché sono davvero troppo emozionata di scrivere questa storia *piantino*
Si tratta di un breve accenno alla vita che la protagonista ha nel presente, quando inizia ad evocare i ricordi della sua infanzia. E sì, il sonno finale è un pretesto letterario per tornare, nel terzo capitolo, indietro nel tempo alla casa in cui la ragazza è cresciuta, che sembra la dimensione di un sogno.
Spero vi piaccia *^*
aiko-
STAI LEGGENDO
Non ci sono fiori nel deserto - Parte I: Il castello di sabbia
General Fiction"Con il senno di poi ho pensato più volte che sarebbe bello potersi sedere, per qualche istante, accanto a quella bambina. Vorrei giocare con lei, dirle di restare così com'è sempre comunque e che tutto ciò che cercherà di stravolgerla non dovrà ma...